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A Macerata una “Cittadella della Carità” per essere luogo ‘aperto’

Macerata -11 luglio 2025 (ACI Stampa). Articolo di Simone Baroncia-Nella Quaresima la diocesi di Macerata ha iniziato la realizzazione di un luogo per ospitare le persone portatrici di fragilità, denominato ‘Cittadella della Carità’, dedicato a mons. Tarcisio Carboni, vescovo di questa diocesi negli anni ’90, che sarà aperto alla comunità civile, che è stato definito dall’attuale vescovo, mons. Nazzareno Marconi, ‘vicino’ alla gente: “Mons. Tarcisio Carboni è stato un uomo in ricerca, vicino alla gente, attento a portare la Parola di Dio a tutti (‘Predica Verbum’ era il suo motto episcopale) e disposto a farsi tutto a tutti perché ognuno potesse ricevere la presenza del Signore, si è adoperato perché moltissime realtà ecclesiali potessero nascere e crescere nella nostra diocesi”.

Al collaboratore della Caritas diocesana e referente della progettazione ‘ottopermile’, Emanuele Ranzuglia, chiediamo il motivo di una ‘costruzione della Cittadella della Carità: “Per poter tentare di rispondere alla multidimensionalità delle povertà che ascoltiamo abbiamo sentito la necessità, come Chiesa diocesana, di realizzare un luogo fisico in cui disporre e coordinare risorse umane e materiali da poter mettere a disposizione delle persone portatrici di bisogni e fragilità”.

Allora ci può spiegare come è strutturata?

Il cuore pulsante della struttura sarà la cappellina in cui chi vuole potrà recarsi per pregare e trovare il Conforto che cerca. Nella cittadella della Carità ci sarà spazio per l’accoglienza delle persone che richiedono protezione internazionale, di coloro che a vario titolo non possono fruire delle azioni previste dai progetti ministeriali e di coloro che non riescono, in modo autonomo, ad avere a disposizione un’abitazione. L’accoglienza si rivolgerà a singoli e a piccoli nuclei famigliari; nella struttura si troveranno tutti i servizi necessari per poter realizzare un servizio di accoglienza che soddisfi in modo dignitoso i bisogni primari ovvero una cucina interna, un refettorio, un guardaroba, le docce e il servizio lavanderia. A supporto degli accolti e di persone esterne, precedentemente ascoltate, si avrà anche l’ambulatorio sanitario solidale.

Troverà sede il centro di ascolto diocesano, lo sportello dedito alla dimensione abitativa, quello del lavoro e quello del sovraindebitamento. Ci saranno locali ad hoc che saranno condivisi anche con altri uffici pastorali con i quali cammineremo insieme per la promozione della carità e della mondialità; per lo svolgimento di eventi si potrà contare sulla presenza di un teatrino e di un auditorium. All’esterno dell’edificio, realizzeremo degli orti e cureremo il grande uliveto già presente. Completa la dotazione della cittadella un campetto da calcio che sarà fruibile sia dagli ospiti che da realtà esterne con le quali collaboreremo per incentivare la conoscenza della struttura da parte dei più giovani”.

Chi potrà essere accolto?

“Consapevoli che ‘non si può accogliere tutto e tutti’ ci prefiggiamo, comunque, di tendere la mano e il cuore alle persone portatrici di fragilità che hanno bisogno di un luogo in cui essere viste, ascoltate e orientate”.

Per quale motivo un luogo aperto alla comunità?

“La cittadella nasce dopo un lungo percorso di ascolto e di vicinanza alle realtà, afferenti alla Chiesa diocesana, che in modo silenzioso testimoniano l’attenzione e la vicinanza a chi, superando con coraggio la propria vergogna, chiede aiuto. Seguendo lo stile proprio della Caritas (ascoltare, osservare e discernere) negli anni abbiamo progettato e realizzato delle risposte consone alle richieste che nel tempo sono mutate; la cittadella quindi nasce da questo ascolto e vivrà grazie al supporto di tutte quelle persone che vorranno contribuire non solo alla realizzazione di servizi ma a dare un volto, un’anima, alla struttura. I locali, come sopra anticipato, saranno messi a disposizione di altre realtà che, coordinandosi con la Caritas diocesana, vorranno proporre eventi, momenti di formazione civile e religiosa… Grazie a questo scambio ‘dentro/fuori’ vorremmo che si trasferisse la bellezza e la ricchezza dell’incontro”.

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