Roma Municipio XIII, Castel di Guido. 02 settembre 2025-“Sovescio” in forma di poesia, evento di liberazione e di alternativa– il 20 settembre 2025-“Spero proprio che “Sovescio” sia un evento nuovo, un seme di rinascita culturale per il nostro Castel di Guido. “Sovescio”, un “seme insieme” ,che non sia un suono o un amarcord nostalgico .
Sovescio perchè in forma di Poesia?
Ho preso spunto e riflettuto sul lavoro del Prof.Carlo Maria Travaglini, Analisi di un’agitazione contadina nella campagna romana all’epoca della Restaurazione, Pubblicazione dell’Istituto di Storia Economica, Facoltà di Economia e Commercio dell’Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, Roma 1984.

IL PRIMO SCIOPERO DEL 16 MAGGIO 1832, nella Campagna Romana
Provo a dare voce, in forma di poesia, con dei brani ,che ho estrapolato da un mio lavoro “MURALES”, ai Contadini, Braccianti, Bifolchi, Donne e Bambini e così come diceva Rimbaud :” il poeta è un testimone e per questo ha il dovere di raccontare”. Illuminante è la lezione del poeta Ferdinando Pessoa: «Il poeta è colui che crea la finzione in quanto il suo dolore non può essere detto in altro modo».
-Ricordare-
Rimane , per noi, l’incanto della vita,
Rimane l’odio e la violenza,
Rimane l’ingiustizia e la fame,
Rimane la dignità del silenzio ,
Rimane il ricordo dell’ultimo aprile e un cerchio di fuoco.
-Ricordare-
“Devi continuamente, tutte le mattine, a rompere il freddo del terreno rimasto per raggiungere, forse, il seme caldo e ancora vivo”.
Anche se al mattino apri le palpebre devi RICORDARE che non riuscirai a sfuggire al freddo della morte…………..”
Il chiodo del primitivo e l’Aia deserta
“Sulla vecchia cote dei ricordi affiliamo lame di impossibili rivolte. Abbiamo grattato terre incolte con il chiodo del primitivo, seminando speranze di poveri. Spartendo i raccolti con il padrone è rimasta la rabbia dei figli e l’aia deserta.
Anche in noi, questo furore taciuto riporta a scelte lontane, quando vita, giovinezza e volti di ragazzi inebriati di troppa ingenuità tutto bruciammo. Solo per amore. Bastasse questo pugno di anni (paura e speranza della sera) per ritoccare quella bilancia e non imbastire cupi silenzi su mani stanche, ma golose di sole.
In questa Campagna Romana i mattini uguali e incerti come aste sul quaderno di stagioni incolori, quando il silenzio diventa eresia, e l’antico ripetersi scava sentieri tra le pietre scritte, e il rito del ritrovarsi tra il vuoto di assenze che pesano – già affiora il dire: questa è l’ultima volta – resta, ancora, da capire la somma dei perché, mentre la nebbia nasconde l’oblio.
Non ha senso la Storia , anche quella che si scrive nel bronzo e le stagioni rigano di una patina verde (ora, che dissolti i cristalli di lacrime, alza soltanto steli di pietra e grovigli di lamiere), anche quello che è stato, e furono parole e musica e canti nati nei bivacchi e folla e bandiere, e tutti a premere l’erba sul cuore dei morti: anche l’amore di allora e le schegge di verità ( forse, anche i giuramenti), adesso, non hanno più senso.
Il tempo, con il volto di rigattiere, ha raccolto le cose vecchie districando dai rami brandelli incolori, lembi di aquiloni e frammenti di foglie stinte di speranza. La Campagna Romana nel cuore, i ricordi, le speranze, le lotte vecchie e nuove e ancora giorni senza tregua ,bivacchi per nuove battaglie e strategie per nuovi obiettivi”

I colori della rabbia,
Noi che abbiamo la parola interdetta
aspettiamo le stelle del cielo
per vedere ,da questo ponte della Storia,
passare l’ultima acqua silenziosa del nostro passato.
In questo spazio infinito dei ricordi
possiamo solo gettare i nostri sassi della rabbia.
Noi non abbiamo voce
perché oscurati e dimenticati
e il nostro respiro è nascosto al sole.
Ora l’ombra del silenzio scivola
e trascina a valle la voce e lo sguardo triste.
A noi figli di questa terra non resta che imparare
la trama dei racconti
inciderli nel libro dell’anima
e custodirli nei cassetti della memoria.
Scriveremo e racconteremo
lo “schiaffo della resa”
che le sirene del potere ,
beffandosi del nostro dolore
e il non essere capaci di rifiutare le “monetine“ dell’umiliazione,
che ogni giorno, ogni ora ci porgono
sul piatto della negazione.

I campi arati-
Così come il sangue delle parole
si posa sopra le note
che nascono dalle pietre
che difendono i campi arati
e la fatica lenta e severa dei buoi
Hanno profanato,
Hanno invaso
Hanno calpestato
Hanno deriso
la nostra sacra terra e la nostra valle
Hanno ucciso gli ulivi
e le spighe del grano maturo,
Hanno tagliato i riflessi dell’acqua
con il ferro e il rumore dell’argano
Hanno disperso nel vuoto
il profumo della nostra pace.
Ora il pane viene impastato con il cemento
e l’acqua è sepolta nelle rocce
Nessuno di noi sentirà il grido
e la speranza della vittoria dispersa
nella nebbia che disegna questa notte nemica delle stelle.
Nelle notti si possono ascoltare le voci dei contadini della Campagna Romana:“………I sospiri, le vibrazioni e il ritmo della vita umile dei contadini che attendono una nuova alba. Sogni soffocati dalla stanchezza, attimi di gioia strappati all’impossibile. Gli assoli di note fuggite a cavallo di onde distese sul pentagramma, dove le note sono gocce di sudore di una vita che si consuma nel breve segmento di un riposo povero , dopo una cena avara…….”
Brani da Murales (Incisi)
“La mia poesia può ancora essere un richiamo? La Campagna Romana dove coltivare , come in un giardino, i rumori , gli umori e il sapore delle parole mai pronunciate. Ho nascosto i volti nelle parole e le ho riposti nelle pagine dei libri. Sì, le parole che corrono nel labirinto nel mio “castello di Kafka” . Ma, forse, è racchiuso in questa sera l’ultimo grido di questa tregua e, poi : <oltrepassare la soglia senza un permesso valido per sognare>.
Ormai sono stanco di seguire un solco ripieno di scritture per rivivere i vecchi racconti dell’appartenenza. Ora bisogna gridare “ Basta con il silenzio dei poveri” perché questa è l’ora che la poesia dica basta e il poeta smetta di grattare la rogna, mentre le luci e le ombre nutrono una terra che non è più a sostegno dei nostri piedi …….”
La Campagna Romana e il Deserto dei Tartari.
Per amare la Campagna Romana si paga una tassa. La tassa è la passione, questa fiamma bisogna saperla trasformare in un incendio. Certamente a me è accaduto che nel rileggere il passato , ho sorriso per la mia ingenuità perché ho creduto, avevo creduto, che questo piccolo mondo fosse fiorente di “rose amorose”, mentre ora vedo solo persone (molto furbe) con occhi diversi : fiuto la trappola. Non posso rincorrere l’acqua che scorre nel letto del fiume Arrone, posso solo osservarla dal ponte. Il ponte è neutrale e al di sopra dei mulinelli insidiosi. Ora che ho liberato i miei pensieri, che li ho scuciti, senza un filo logico apparente essi mi attraversano la mente e nessuno più riesce ad aizzarli contro di me o verso qualcuno. “Io sono un seguace del Sire Enialio e conosco bene l’amabile dono delle Muse”, quindi, non sono un “soldato” di mestiere, ma conosco e riconosco ora, solo ora, molti mercenari spiantati dai debiti, o proprietari di campicelli troppo piccoli, piccini, e troppo aridi per sostenerli, questi, essi-loro, si riversano nel piccolo mondo del Borgo a caccia di trofei da esibire. Questo Deserto dei Tartari dove tutti si sentono furbi e importanti, ma tutti hanno le loro pene, le loro gioie e tutti hanno un cuore per volare. In un Deserto dove anche l’ombra è preziosa , quindi, molti , quasi tutti, si credono “albero” anche , forse, per un solo momento :”il centro del mondo”. Quì nel Borgo c’è la signora sempre vestita bene, acconciata complicatamente dal parrucchiere , ben tornita, altera e mentalmente unidirezionale . Quì nel Borgo c’è il signore che ti fa pensare:”…………Ma forse lui, sì, certamente ,anzi , con lui avrei potuto almeno parlare di quell’altra cosa”. Nel Borgo vi sono persone che conosci da tanti anni, le classifichi come i muri delle case e così hai : muri portanti, muri divisori, muri di cemento, muri di gomma e muri di cartone………E tante, forse molte, FACCE e TESTE di BRONZO.
Nella soffitta del Borgo la memoria è custodita in una scatola di metallo (come quella dei biscotti Mellin). Molti abitanti del Borgo hanno paura, hanno l’apprensione, che qualcuno vi frughi dentro.
Frugare , navigare, nella memoria , in un disordine disperso per poi ricomporre tutte le azioni , le frasi sospese e scritte su “CARTE SEGRETE”. Carte e cartelle sono parentesi tra l’ammantato e il sognato, il dare e l’avere di una vita trascorsa e ormai in dirittura di arrivo. Riporre la scatola , metterla al solito posto; chiuderla bene; riporre la chiave della soffitta.
Domani, domani, ora bisogna dormire . Ho accostato la tenda per non sentire i fragili rintocchi della memoria , mentre i cavalli, liberi, galoppano nella campagna e mettono , con la loro libertà, la parola fine a questa strana riflessione . E i Tartari? Nella Campagna Romana i Tartari non sono mai arrivati mentre, ahimè, politici arroganti e nemici della Cultura SI!
Nota e brani da MURALES di Franco Leggeri Direttore Editoriale dei “Quaderni della Campagna Romana”
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