A distanza di quattro mesi dal rinvenimento del corpo martoriato di Renata Rapposelli, pittrice scomparsa il 9 ottobre scorso e poi trovata cadavere a Tolentino, sull’alveo del fiume Chienti, non sono ancora state rese note le cause della morte della donna, che attende degna sepoltura. Varie le ipotesi, formulate in diversi momenti investigativi: non c’è alcuna prova che sia stata avvelenata; l’autopsia ha escluso il decesso per colpo d’arma da fuoco o da taglio. Rimangono in piedi due sole possibilità, come anticipato da www.la-notizia.net, a meno di ulteriori risultanze derivate dall’esito delle analisi di cui ad oggi non si conosce il quadro: che Renata sia morta per strangolamento o soffocamento, in assenza di altre prove concrete.
Avrà inizio martedì prossimo l’analisi del Dna prelevato dal corpo di Renata Rapposelli, in comparazione con i campioni, di cui i laboratori sono già in possesso, per arrivare ad una possibile certezza. Nel frattempo i legali della difesa, dopo aver rinunciato al Riesame ad Ancona, hanno presentato una nuova istanza a L’Aquila, che dovrebbe essere discussa entro un paio di settimane.
La difesa contesta inoltre il fotogramma che ritrarrebbe l’auto dei Santoleri a Tolentino il 12 ottobre: il veicolo ripreso non corrisponderebbe nei dettagli alla vettura in possesso di Simone e Giuseppe.
Simone e Giuseppe Santoleri sono stati arrestati il 6 marzo scorso nella loro abitazione di Giulianova. L’accusa che pesa su di loro è di omicidio aggravato in concorso e di occultamento di cadavere.
Il 9 ottobre 2017 la donna è partita per Giulianova da Ancona, dov’è la sua abitazione, perché preoccupata delle condizioni di salute del figlio Simone. L’incontro è rapidamente degenerato in un furibondo litigio scaturito, con grandissima probabilità, da motivazioni di tipo economico.
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