di Maurizio Verdenelli
Di recente l’inchiesta ha fatto importanti passi in avanti coinvolgendo 25 persone in direzione delle responsabilità, dirette ed indirette (tutte da provare, è chiaro) di una tragedia che ha sconvolto il pianeta. Ed alcuni di questi passi ‘parlano’ marchigiano, di una terra atterrita, commossa e muta testimone di una vicenda che sembra uscita da una trama cinematografica del genere catastrofico dove roghi indomabili e tormente di neve annichilenti hanno drammaticamente la meglio su tutto. Eppure Rigopiano, nei suoi riverberi tragici, fa rima con Bolognola (Macerata) dove nel ‘30 e ’34 altrettanti slavine fecero ogni volta 19 morti, con decine di feriti e dispersi (a documentare i fatti un fotoreporter d’eccezione: Carlo Balelli).
I Sibillini sono il regno dei misteri, come notissimo, poco gaudiosi: sessanta anni fa un aereo militare finì, uscidendo il pilota, contro una parete di Pizzo Tre Vescovi. Che in francese si legge e si scrive Massif de trois eveches, in Provenza, contro il quale nel 2015 Andrea Lubitz pilota della Germanvings portò a schiantarsi l’Airbus A312 morendo egli stesso e le 150 persone a bordo. Sibillini? Meglio o forse peggio ancora: Triangolo delle Bermude. E nel cuore di queste montagne ricche di miti antichi c’è la faglia (Il Sentiero delle fate sul Vettore) a dividere in due il Belpaese ove ogni 20 anni, circa, un evento sismico mette a dura prova le popolazioni di più regioni, impoverendo demograficamente le aree interne ed affollando quelle costiere. Mai così come nel 2016/2017 e mai come in quest’ultimo terremoto le Istituzioni (I maiuscola o minuscola? Il dubbio criticamente resta) hanno battuto la fiacca. Siamo ancora in emergenza mentre nel post sisma umbro-marchigiano, due anni dopo si ricominciava a ricostruire, anche se resta un 10% di incompiuto, stando ai calcoli dell’ex sindaco ‘eroe’ di Serravalle di Chienti, Venanzo Ronchetti. Un amministratore che non si tirava indietro: onesto, appassionato, competente. Non ha fatto carriere politica, è chiaro: non pensava a se stesso ma al suo popolo con il quale ha fatto davvero una ‘marcia nel deserto’ in quegli anni quando le montagne sembrassero quasi dover crollare ad ogni scossa. Ma poi si è visto di peggio. Un marchigiano autentico, con il cuore nella sua Terra.
Come Alessio Giovannini, 40 anni compiuto nel luglio scorso, che una crudele e rapidissima
Ed aveva contribuito a ricostruire il paese, il ‘suo’ paese a cominciare dal palasport cui, seppure causa meteo (un’intuizione del destino?) una folla commossa fino alle lacrime, gli ha detto ‘arrivederci, Ale, amico, figlio nostro’. Dall’improvvisato altare al posto della rete del campo di calcetto, la gigantografia a colori di Alessio sorrideva. Guardandoti al solito dritto davanti a sé. Quando negli occhi sinceri potevi scorgere a lampi un po’ di tristezza.
RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright La-Notizia.net