Frutto originario del Brasile, in Italia sta piano, piano prendendo piede per il suo caratteristico sapore e fascino esotico. Si chiama “frutto della passione”, in inglese “passion fruit”. Il nome è legato alle caratteristiche del fiore, che ricordano la Passione e Crocifissione di Cristo e non, come si potrebbe pensare, a presunti poteri afrodisiaci. Per la somiglianza con il melograno in Spagna la maracujà è nota anche come “granadilla”. È un frutto ricco di vitamine e utile a combattere la cellulite, in quanto aiuta a contrastare la ritenzione idrica.
Il frutto della passione è di forma ovale o rotondeggiante e di taglia medio-piccola. Può raggiungere un diametro di 6-8 cm (e 7 di lunghezza) nella maracujà gialla, e di 3,5- 7 cm (e 4 – 9 di lunghezza) nella maracujà viola. La buccia, non commestibile, è spessa e robusta e il suo colore spazia dal giallo al viola scuro in base alla specie di appartenenza. La polpa è particolarmente profumata, gelatinosa e di sapore dolce-acidulo molto caratteristico. Oltre al Brasile, al secondo posto come esportatore in Europa abbiamo la Colombia che, dopo le banane e un altro paio di frutti esotici, ha appunto il frutto della passione di Cristo.
Come dicevamo, il frutto è originario dell’America centro-meridionale, con alcune specie provenienti dal Nord America, Australia e Asia in quantità minore. Il nome del genere, adottato da Linneo nel 1753 e che significa “fiore della passione” (dal latino passio = passione e flos = fiore), gli fu attribuito dai missionari Gesuiti nel 1611, per la somiglianza di alcune parti della pianta con i simboli religiosi della passione di Gesù: i viticci alla frusta con cui venne flagellato, i tre stili ai chiodi, gli stami al martello, la raggiera corollina alla corona di spine.
RD Leo
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