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Il significato rituale e simbolico dell’assassinio di Giulio Cesare

Il luogo esatto dove sarebbe avvenuto il “Cesaricidio” (Wikipedia)

ROMA – il 15 marzo di 2064 anni fa, nel 44 a.e.c., veniva assassinato con 23 pugnalate Caio Giulio Cesare, nella Curia di Pompeo (attualmente sita in località Torre di Largo Argentina), da una congiura senatoriale guidata da Bruto e Cassio. Il corpo del condottiero romano, grondante di sangue, cadde proprio davanti la statua del suo storico avversario politico Gneo Pompeo. 
L’uccisione di Cesare aveva un molteplice significato rituale e simbolico oltre che politico.

Infatti, proprio il giorno prima veniva eseguito un rito che nella Roma arcaica si svolgeva il 1 di marzo (primo giorno dell’anno lunare romano) e che successivamente si svolgerà alle Idi di marzo fra il 14 e il 15 del mese, i Mamuralia, festività dedicata al fabbro Mamurio Veturio che sotto Numa Pompilio aveva realizzato gli 11 scudi (dei 12) che servivano per non far riconoscere lo scudo originale, piovuto dal cielo e donato da Marte (antenato di Romolo alias Quirino) per allontanare una pestilenza dalla città, a testimonianza della invincibilità militare di Roma che gli avrebbe permesso di conquistare il mondo. 

I dodici scudi, detti “Ancili”, erano custoditi dal sacerdote Flamine Diale e portati in processione dai Salii il 1, il 9 e il 23 marzo che con una danza rituale intonavano un antichissimo inno a Marte in Latino arcaico, in cui viene citato anche Mamurio Veturio, di cui non si conosce l’esatta traduzione, poiché già ai tempi di Giulio Cesare e Cicerone non si comprendeva totalmente. A fine mese poi gli scudi venivano riposti e da quel momento i Romani potevano iniziare le guerre che anche per motivi climatici dovevano finire ad ottobre.  

Il rito di rinnovamento e purificazione dei Mamuralia prevedeva di battere con delle pelli un vecchio vestito che rappresentava l’anno vecchio che veniva cacciato col passaggio al nuovo anno e anche la transizione dall’inverno alla primavera quando il rito venne spostato dal 1 al 15 marzo.
Inoltre, proprio alle Idi di Marzo, i Romani andavano a fare visite ed escursioni con banchetti nel bosco sacro sito appena fuori città al primo miglio della Flaminia, dove si trovava la fonte scoperta nel 1999 nei pressi di Piazza Euclide dell’arcaica divinità Anna Perenna, il cui culto era connesso ovviamente col perenne rinnovarsi dell’anno,  dove venivano lasciati votivi in onore della Dea, tavolette con maledizioni od oggetti con riti augurali come ad esempio gusci d’uovo o pigne. Siccome la festa era molto sentita fra il popolo che amava molto Cesare, quel giorno a Roma c’era meno gente del solito.

Dunque, l’uccisione di Giulio Cesare proprio il 15 marzo aveva un alto valore simbolico, di gettare via il “vecchio” per propiziare l’inizio di una nuova fase positiva della Repubblica, “liberata” da un tiranno su cui la Nobilitas Senatoria voleva gettare una sorta di “damnatio memoriae” .
A ulteriore testimonianza della ritualità del gesto dell’uccisione di Giulio Cesare, c’ė da notare che, in Asia Minore, nell’estate del 42 a.e.c., i “Cesaricidi” Bruto e Cassio pagano le loro truppe prima dello scontro finale con i Triumviri Antonio ed Ottaviano, coniando un denario col volto di Bruto da un lato e sul rovescio la scritta “EID MAR” (Idi di Marzo), ai lati due pugnali “pugiones” usati nell’esercito (da distinguersi dal “sica” pugnale tipico degli assassini e dei gladiatori), con in mezzo il “pileus” copricapo usato dai liberti, cioè dagli schiavi liberati. La moneta, di cui parla anche Cassio Dione nella sua “Storia Romana”, tendeva a dare un valore legittimo al “cesaricidio”, come un atto dovuto alla Patria, simbolo della libertà ridata alla Res Publica che  i legionari dell’esercito di Bruto e Cassio erano chiamati a difendere contro i  “vendicatori” di Cesare a Filippi nell’ottobre del 42 a.e.c..  D’altronde, i Romani, in ogni loro azione, davano molta importanza ad aspetti simbolici e sacrali.

(Collezione Bolaffi)
Il denario, “EID MAR”, è stato inserito al primo posto nel 2008 dall’opera  “100 Greatest Ancient Coins” tra le cento monete più importanti dell’antichità.


Cristiano Vignali – LaNotizia.net

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