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Da “La vita di Carlo Magno” di Eginardo, a cura di Valerio Marucci

CARLO MAGNO. Da “La vita di Carlo Magno” di Eginardo, a cura di Valerio Marucci, Faville 39, Salerno Editrice Roma, 2006

Dopo aver preso il titolo imperiale, rendendosi conto che al suo popolo mancava molta legislazione scritta,- infatti i Franchi hanno due leggi principali assai diverse in molti punti – pensò di aggiungere quelle che mancavano e di unificare le diversità, di correggere quelle ingiuste e malfatte: ma di questo non poté fare altro se non aggiungere alle legislazioni generali pochi capitoli, anch’essi incompleti. Fece tuttavia redigere e scrivere le leggi di tutti popoli che erano sotto la sua dominazione e che non erano scritte. Allo stesso modo fece scrivere e tramandare alla memoria dei posteri anche gli antichissimi poemi barbarici nei quali si cantavano le gesta e le guerre degli antichi re. Cominciò anche una grammatica della sua lingua materna.

Impose ai mesi i nomi secondo la propria lingua, poiché prima di quel tempo presso i Franchi i nomi dei mesi erano in parte latini, in parte barbarici.  Così dette ai dodici venti i loro nomi, quando prima non si potevano trovare più di quattro nomi dei venti. Dei mesi dunque Gennaio lo chiamò Wintarmanoth, Febbraio Hornung, Marzo Letzinmanoth, Aprile Ostarmanoth, Maggio Winnermanoth, Giugno Brachmanoth, Luglio Heuuimanoth, Agosto Aranmanoth, Settembre Witumanoth, Ottobre Windumemanoth, Novembre Herbistmanoth, Dicembre Heilagmanoth. Ai venti dette il nome in questo mkodo0, che il veto dell’est (Subsolano) lo chiamò ostroniwint, l’Euro ostsundwestrn, l’Euroastro sundostron, l’Austroafrico sundwestron, l’Africo westsundron, l Zefiro westron, il Coro westnordron, il Circio nordwestron, il settentrione nordron, l’Aquilone nordstron, il Volturno ostnordron.

Negli ultimi tempi della sua vita, quando era ormai oppresso dalla malattia e dalla vecchiaia, fatto venire a sé il figlio Ludovico, re di Aquitania, che era il solo superstite dei figli di Hildegarda, e raccolti solennemente i nobili da ogni parte del regno dei Franchi, con il conforto del parere di tutti stabilì il figlio come compagno di tutto il regno ed erede del titolo imperiale e, postagli in testa la corona, ordinò che fosse chiamato Imperatore e Augusto. Questa decisone fu condivisa da tutti coloro che erano presenti con gran favore: infatti sembrava che Carlo fosse stato ispirato dal cielo in favore della utilità del regno. Questo gesto aumentò la sua maestosità e infuse non poco rispetto ai popoli stranieri.

Rimandato in Aquitania il figlio, lui, secondo le sue solite abitudini, sebbene provato dalla vecchiaia, partì per la caccia non lontano dalla reggia di Aquisgrana e, passato in questa attività il resto dell’autunno, attorno al primo novembre tornò ad Aquisgrana.

Mentre svernava qui, si mise a letto assalito da una forte febbre, in Gennaio. E subito, come era solito quando aveva febbre, stabilì di fare un digiuno, pensando che questa continenza potesse scacciare il male o almeno mitigarlo. Ma, aggiungendosi alla febbre un dolore al fianco, che i greci chiamano pleuresi, e poiché lui manteneva il digiuno e non sosteneva il corpo salvo che bevendo assai raramente, al settimo giorno dopo che si era posto in letto, ricevuta la santa comunione, morì, nel settantaduesimo anno della sua vita e nel quarantasettesimo del suo regno, cinque giorni prima delle calende di febbraio, alle nove del mattino.

Continua: Il suo corpo, lavato e composto con solennità…..

NOTA: Tra i provvedimenti e gli editti emessi da Carlo Magno troviamo il Capitulare de villis, un articolato manuale di 70 commi su come deve essere amministrata una azienda agricola, sui poteri conferiti ai vari mandatari (iudices e majores), sulle buone condizioni e protezioni dei ginecei, e sulle sanzioni da applicarsi in caso di violazione delle regole. Questo Capitulare, che, per chi avrà la curiosità di leggerlo, verrà pubblicato in questa rubrica alla fine della storia di Eginardo, fu emanato da Carlo, secondo il Gregorovius, nella primavera dell’anno 801 a Pavia, capitale del Regno d’Italia, al rientro in patria dal soggiorno a Roma durante il quale, nella notte di Natale dell’800, Leone III lo aveva incoronato Imperatore.

Luciano Magnalbò

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