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Anticipazioni per il Grande Teatro di Eduardo De Filippo in TV del 15 agosto alle 16.15 su RAI 5: “La grande magia”

Anticipazioni per il Grande Teatro di Eduardo De Filippo in TV del 15 agosto alle 16.15 su RAI 5: “La grande magia”

Per l’omaggio a Eduardo De Filippo, nel 120° anniversario della nascita, Rai Cultura propone nell’appuntamento in onda sabato 15 agosto alle 16.15 su Rai5 (canale 23), la commedia “La grande magia” nella versione televisiva del 1964, diretta e interpretata da Eduardo. Con Giancarlo Sbragia e Luisa Rossi.
Amara commedia in tre atti composta nel ’48 nel ciclo de “La cantata dei giorni dispari, narra della fedifraga Marta, che in vacanza alle terme con il geloso marito Calogero Di Spelta, assolda lo sgangherato prestigiatore Marvuglia, allo scopo di farla “scomparire” con un trucco e permetterle di fuggire con l’amante. Il gioco di prestigio riesce a metà: la donna, contrariamente agli accordi presi col mago, non torna più ed egli è costretto a convincere Calogero che ella si cela in una scatola magica. Il prestigiatore invita l’uomo ad aprire la scatola, metafora dell’accettazione del tradimento e del perdono, ma egli preferisce vivere in uno stato allucinatorio, senza mai separarsi da essa. Anni dopo, Marta ritorna ma il marito la respinge: se quella donna fosse sua moglie, allora lo avrebbe lasciato e tradito. Incapace di accettarlo Calogero continua a vivere con l’inseparabile scatola.

La grande magia è una commedia in tre atti, scritta e interpretata da Eduardo De Filippo nel 1948 e inserita dallo stesso autore nel gruppo di opere che ha chiamato Cantata dei giorni dispari.[1]

Trama

In un grande albergo di una località termale frequentato da agiati borghesi, la direzione per divertire e distrarre i suoi ospiti ha ingaggiato, con poca spesa, un prestigiatore, il mago Marvuglia che tira a campare allestendo spettacoli itineranti nelle località di villeggiatura: una sorta di illusionistafilosofo che con trucchi dozzinali vuole presentarsi come un grande mago. I villeggianti dell’albergo Metropolitan in realtà hanno già di che divertirsi spettegolando su Calogero Di Spelta che si rende ridicolo per la sua sfrenata gelosia nei confronti della moglie: la bella Marta. I suoi sospetti in realtà non sono infondati poiché è proprio Marta che, volendo incontrare segretamente il suo amante, per sfuggire alla continua sorveglianza del marito, corrompe il mago organizzando il trucco della sua sparizione durante lo spettacolo. Il mago potrà finalmente realizzare una “grande magia” facendo prima scomparire e poi riapparire la donna agli occhi stupefatti del pubblico. Marvuglia organizza bene il suo trucco ma quando la moglie fedifraga dovrebbe ricomparire il trucco non riesce. La donna è definitivamente scomparsa.

Il mago, che sa la verità e che non vuole essere coinvolto in un caso che ha messo in moto anche le autorità di polizia, riesce a convincere il marito geloso e disperato che in realtà la moglie non è sparita ma è rimasta intrappolata in una scatola: l’apertura della stessa significherebbe accettare la realtà del tradimento e il fatto che lei se ne sia andata. Calogero, cioè, potrà riabbracciare sua moglie, di cui ha sempre sospettato, a condizione di accettarne il tradimento senza mai più dubitare della sua fedeltà, altrimenti ella sparirà definitivamente. Ma l’uomo si abbandona alla sua follia vivendo senza mai separarsi dalla scatola e senza aprirla, preferendo quindi credere all’illusione che ella sia lì dentro, sempre con sé e fedele al suo amore.

Passano quattro anni; Marta, abbandonata dall’amante, decide di tornare dal marito e scongiura Marvuglia di fingere di concludere l’esperimento interrotto e di farla riapparire. Ma il marito, ormai prigioniero della sua illusione, respingerà quella donna per lui estranea: se Marta fosse la donna ricomparsa vorrebbe dire che essa lo aveva abbandonato e tradito, per cui è meglio continuare a credere che sia ancora nella scatola, fedele e innamorata di lui.

Analisi della commedia

Già in “Sik-Sik, l’artefice magico” Eduardo aveva trattato il tema dell’illusionismo che evidentemente lo attraeva e a cui certo aveva avuto modo di assistere specialmente nel primo periodo della sua attività teatrale quando aveva partecipato con la rappresentazione di atti unici da lui composti a quella vita frenetica e spensierata del teatro d’avanspettacolo; quel periodo che non a caso poi Eduardo ha chiamato la Cantata dei giorni pari, i giorni della giovinezza, della spensieratezza e dell’ottimismo. Il teatro infatti è una grande magia: fa vivere sulla scena una finzione che, come i trucchi degli illusionisti, sembra la realtà. Gli spettatori sono presi da questa magia e fingono di credere e credono fin quando dura la commedia che gli avvenimenti che narra siano reali.

Ben diverso il clima di questa commedia, dove ormai Eduardo ha lasciato le illusioni della giovinezza, anche queste un trucco della vita, e ha scoperto l’inganno delle vicende umane. Siamo ormai nella fase della Cantata dei giorni dispari, dove la vita presenta il conto di tutte le sue amarezze e disillusioni.

La commedia non ebbe successo[2] e il pubblico non la capì. Abituato alle commedie eduardiane a carattere prevalentemente comico qui il pubblico si trovò di fronte a qualcosa di completamente nuovo. Una commedia strutturata cerebralmente sulle tematiche pirandelliane[3] dove l’illusione si sostituisce prepotentemente alla realtà. Il marito ingannato che si costruisce una sua finzione in cui vuole credere è infatti un tipico personaggio del teatro pirandelliano: ma nel 1948 quando fu messa in scena la commedia gli spettatori, già protagonisti delle miserie della guerra, volevano divertirsi o al più commuoversi con storie popolari semplici e patetiche come Napoli milionaria! o Filumena Marturano e non erano disposti a credere al dramma borghese, all’assurda storia di un uomo che crede di avere la propria moglie in una scatola. (cfr. G. Antonucci op. cit.)

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