giovedì, Maggio 16, 2024
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Dopo un mese, continua il dramma delle famiglie dei pescatori di Mazara

Dopo un mese, continua il dramma delle famiglie dei pescatori di Mazara

E’ trascorso un mese da quando i due pescherecci, Medinea ed Antartide, della flotta di Mazara del Vallo, una volta tra le più importanti marinerie di pesca Italiana, sono stati “sequestrati” con tutto l’equipaggio a circa 40 miglia da Bengasi da militari libici.

Ben 18 i marinai arrestati di cui 8 italiani e, secondo le dichiarazioni rilasciate ad AgenziaNova dal generale Mohamed al Wershafani, in attesa di processo. Come ci riferisce uno degli armatori dei due pescherecci, incontrato a Roma a Piazza Montecitorio dove, insieme ad alcuni familiari dei membri dell’equipaggio tenuti prigionieri in Libia, è stata tenuta per alcuni giorni una manifestazione statica continuata anche la notte, è la prima volta che a lui sequestrano imbarcazioni e uomini dell’equipaggio.

Ufficialmente o meno, è noto a tutti che i militari Libici, da sempre, non rispettando i trattati internazionali che limitano le acque territoriali a 12 miglia dalla costa, considerano di loro pertinenza le acque distanti 40
miglia e, secondo i casi, anche più, con calcoli che lasciamo a gli addetti ai lavori.

Annosa questione, questa, che l’Italia non è mai riuscita a risolvere e sulla quale la comunità internazionale ha sempre nicchiato, pur sapendo, secondo voci di corridoio, che è una prassi che i libici, inscenino questi sequestri per chiedere un “riscatto”, sotto forma di multa, per aver invaso il loro territorio.

Le cronache, nel tempo, hanno più volte trattato fatti di questo genere, tuttavia risolte dopo pochi giorni e dopo pagamento di una somma.

Questa volta invece, i nostri lavoratori sono imprigionati e trattenuti da lungo tempo, in attesa di un processo, e senza nemmeno riuscire a comunicare con i familiari, lasciandoli così nello sconforto e nella
disperazione.

Ci riferisce l’armatore che l’unico contatto si è avuto ormai 16 giorni or sono, con uno dei membri dell’equipaggio, che ha si asserito di star bene, ma ha anche detto di fare di tutto affinchè possano tornare a casa ed il più presto possibile.

Non può che lasciare stupiti il silenzio del Governo e della Farnesina, che hanno ricevuto la sera prima del nostro incontro uno degli armatori, così ci ha riferito lo stesso, il quale ci dice che il Presidente Conte lo ha rassicurato che si stanno muovendo, ma senza indicare tempi e luoghi.

E’ evidente come in questo momento si possa profilare l’ipotesi di una richiesta di “ricatto” da parte del governo Libico, o di quella parte legata ad Haftar, nei confronti dell’Italia.

La mancanza di informazioni sia sullo stato di salute dei prigionieri, non solo Italiani, che compongono i due equipaggi, suscita una forte e comprensibile preoccupazione, visibile e giustificata, da parte dei familiari che abbiamo incontrato e che con dignità ci chiedono di aiutare a ricondurre a casa i loro cari.

Padri, mariti, figli che rischiano già la vita normalmente con il lavoro che fanno. Abbandonati dallo Stato, ma anche dai media, che hanno dato poco rilievo al caso, e quando lo hanno fatto hanno evidenziato gli aspetti politico/internazionali.

Significativa la reazione contro i giornalisti in generale, che si evince nell’intervista effettuata all’armatore e ad alcuni familiari dei prigionieri, insieme al collega Matteo Demicheli, che è disponibile in
video anche su You tube o sulla pagina Facebook del “TG della Porta Accanto”.
I familiari dei due equipaggi non cercano le luci della ribalta, ma lottano per un immediato ritorno dei loro cari tra loro. Noi non li abbandoniamo.

Di seguito l’intervista video.


Ettore Lembo

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