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Anticipazioni per la “Turandot” di Puccini del 19 luglio alle 10 su Rai 5: dalla Scala di Milano

Anticipazioni per la “Turandot” di Puccini del 19 luglio alle 10 su Rai 5: diretto da Chailly con regia di Lehnhoff dalla Scala di Milano

Nell’ambito della storica collaborazione tra Rai e Scala – che in questo periodo, attraverso Rai Cultura, ha già portato su RaiPlay grandi spettacoli – l’opera arriva anche in Tv, su Rai5.
In onda oggi lunedì 19 luglio alle 10 su RAI 5, la “Turandot” di Giacomo Puccini nell’allestimento andato in scena nell’aprile 2015 per l’inaugurazione dell’Expo di Milano, con la direzione musicale di Riccardo Chailly e la regia di Nikolaus Lehnhoff, scomparso pochi mesi dopo le recite dell’opera.

Il capolavoro incompiuto pucciniano – rappresentato per la prima volta senza finale nel 1926 alla Scala – qui torna nel completamento di Luciano Berio, che proprio sotto la bacchetta di Chailly vide la luce. Lo spettacolo, di assoluta eleganza figurativa, è proposto con le scene di Raimund Bauer, i costumi di Andrea Schmidt-Futterer, le luci di Duane Schuler e la coreografia di Denni Sayers. Protagonisti sul palco Nina Stemme nella parte della malvagia principessa pechinese, Aleksandrs Antonenko in quella di Calaf e Maria Agresta nei panni della giovane schiava Liù. Completano il cast Alexander Tsymbalyuk (Timur), Carlo Bosi (Altoum), Angelo Veccia (Ping), Blagoj Nacoski (Pong), Roberto Covatta (Pang), Gianluca Breda (Mandarino), Azer Rza-Zada (Principe di Persia), Barbara Rita Lavarian (Prima ancella) e Kjersti Odegaard (Seconda ancella). Regia tv di Patrizia Carmine.

Turandot (AFI/turanˈdɔt/[1][2]) è un’opera in 3 atti e 5 quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, lasciata incompiuta da Giacomo Puccini e successivamente completata da Franco Alfano.

La prima rappresentazione ebbe luogo nell’ambito della stagione lirica del Teatro alla Scala di Milano il 25 aprile 1926, con Rosa RaisaFrancesco DominiciMiguel FletaMaria ZamboniGiacomo RiminiGiuseppe Nessi e Aristide Baracchi sotto la direzione di Arturo Toscanini, il quale arrestò la rappresentazione a metà del terzo atto, due battute dopo il verso «Dormi, oblia, Liù, poesia!» (alla morte di Liù), ovvero dopo l’ultima pagina completata dall’autore, rivolgendosi al pubblico, secondo alcune testimonianze, con queste parole: «Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto.»[3] Le sere seguenti, l’opera fu messa in scena con il finale rivisto di Alfano, ma fu diretta da Ettore PanizzaArturo Toscanini non diresse mai più l’opera.[4]

L’incompiutezza dell’opera è oggetto di discussione tra gli studiosi. C’è chi sostiene che Turandot rimase incompiuta non a causa dell’inesorabile progredire del male che affliggeva l’autore, bensì per l’incapacità, o piuttosto l’intima impossibilità da parte del Maestro di interpretare quel trionfo d’amore conclusivo, che pure l’aveva inizialmente acceso d’entusiasmo e spinto verso questo soggetto. Il nodo cruciale del dramma, che Puccini cercò invano di risolvere, è costituito dalla trasformazione della principessa Turandot, algida e sanguinaria, in una donna innamorata.[5]

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