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Davide Di Meo, pugile professionista, istruttore di boxe

CHIETI – Abbiamo intervistato Davide Di Meo, già pugile della nazionale italiana per 3 anni che nel 2009 ha iniziato la carriera da tecnico/maestro di pugilato con atleti dai 6 ai 20 anni.

Nel corso della sua carriera come tecnico/maestro ha guidato ragazzi da amatori del pugilato fino a vincere medaglie importanti e titoli nazionali sia maschili che femminili.

Nel 2016 Di Meo ha organizzato il campionato italiano femminile a Chieti portando nella sua amata città circa 300 atlete da tutta Italia, fino ad arrivare a scrivere una pagina storica che rimarrà negli annali della boxe guidando alla vittoria del titolo italiano Emanuele Cavallucci, campione di Italia professionisti.

Il pugilato (chiamato anche con il nome francese boxe) è uno dei più antichi e noti sport da combattimento. A livello competitivo si svolge all’interno di uno superficie quadrata chiamata ring, tra due atleti che si affrontano colpendosi con i pugni chiusi (protetti da appositi guantoni), allo scopo di indebolire e atterrare l’avversario per una determinata durata di tempo.

Il pugilato amatoriale è una competizione di rilevanza olimpica (venendo praticato anche nei Giochi del Commonwealth), oltre che avere dei propri campionati mondiali. In questo caso gli incontri vengono organizzati su una distanza che va da una a tre riprese (round).

L’incontro finisce prima delle riprese previste quando l’arbitro stabilisce che uno dei due contendenti non sia più in grado di combattere, quando viene squalificato dall’arbitro o quando si arrende (il cosiddetto “getto della spugna”). Se il combattimento si prolunga fino ad esaurire le riprese previste, la vittoria viene determinata dal punteggio attribuito dai giudici, dove il vincitore sarà chi ha totalizzato più punti. Nel caso in cui il punteggio sia uguale tra i due sfidanti, vi è una differenza di regolamento a seconda del tipo di incontro disputato: nel caso di un incontro amatoriale (come nel caso delle Olimpiadi), i giudici attribuiscono comunque la vittoria ad uno dei due contendenti sulla base di un giudizio tecnico; nel caso di un incontro tra professionisti il risultato è quello di un pareggio.

Gli esseri umani fin dall’alba della storia hanno praticato l’arte del combattimento con le mani: le prime evidenze storiche di incontri di pugilato sportivi sono state rintracciate nel Vicino Oriente e risalenti al III ed al II millennio a.C.[1]. La documentazione più antica di un vero e proprio regolamento di pugilato è risalente all’Antica Grecia, quando il pugilato venne praticato durante i giochi olimpici del 688 a.C.[1]. Il pugilato si è successivamente evoluto tra il XVI e il XVIII secolo, soprattutto in Gran Bretagna, con l’emergere di incontri di pugilato che mettevano in palio una posta in denaro, fino ad arrivare alla metà del XIX secolo, quando, nel 1867, vennero introdotte le regole del Marchese di Queensberry.

Cristiano Vignali

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