mercoledì, Maggio 15, 2024
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Le minacce di guerra e quel “secolo breve” mai terminato

Un secolo lungo di catastrofi e guerre

Nel 1994 lo storico Eric Hobsbawm pubblicò il libro – ormai divenuto un classico – Il Secolo Breve 1914-1991: l’era dei grandi cataclismi. Con questo saggio Eric Hobsbawm delineò un panorama esauriente della storia del ventesimo secolo. Il secolo, per molti aspetti, più violento della storia dell’umanità: ben due guerre mondiali. Ma il ventesimo secolo è stato caratterizzato anche dall’emancipazione femminile, dal progresso scientifico, dalle rivoluzioni nella società e nella cultura. Un “secolo breve” per l’accelerazione sempre più esasperata impressa agli eventi della storia e alle trasformazioni nella vita degli uomini. È chiaro che per l’autore, le date 1914 – 1991 non corrispondevano perfettamente al XX secolo. E c’erano dei motivi precisi: per Hobsbawm il secolo breve non iniziava nel 1900, visto che non ravvisava nessuna soluzione di continuità fra l’Ottocento ed i primi anni del Novecento. Tra il 1900 e il 1901 non ci sono particolari cambiamenti e nessuna rottura storica mentre nel 1914, lo scoppio della prima guerra mondiale porta ad un evidente interruzione e segna la nascita di un’epoca storica distinta e con caratteri propri. E’ in quell’anno che in certo senso termina la Belle Epoque. Hobsbawm parafrasava a sua insaputa probabilmente, quello che aveva scritto Betrand Russell quando nel 1963 affermava che dal 1914 “ognuno che si rende conto delle tendenze del mondo si è profondamente angustiato per quella che è sembrata una fatale predeterminata marcia verso disastri sempre maggiori”.

Hobsbawm definiva il periodo dal 1914 al 1945 come l’epoca delle catastrofi comprendente le due guerre mondiali con le decine di milioni di morti e la nascita dei regimi totalitari. Il periodo 1946 – 1973 come età dell’oro visto che sembravano attenuarsi o addirittura scomparire alcuni dei gravi problemi precedenti. Per finire il periodo definito la Frana che va dalla guerra del Kippur al crollo del Muro di Berlino e alla dissoluzione nel 1991 dell’Unione Sovietica. In quest’ultima parte storica si accennava ai primi rigurgiti nazionalistici come quelli della ex Jugoslavia e i conflitti in Medio-Oriente mentre ci si preparava alla prima guerra del Golfo. Per Hobsbawm il secolo breve sarebbe “finito in un disordine mondiale di natura poco chiara e senza che ci sia un meccanismo ovvio per porvi fine o per tenerlo sotto controllo”.

Quest’ultima osservazione anticipava pienamente gli eventi futuri. Guerre, violenza etnica, genocidi e massacri vari in tutto il mondo. Baghdad, Kabul, Sarajevo, Belgrado, Beirut, Damasco, Tripoli, Mogadiscio sono il simbolo di morte e sofferenza che dal 1991 sino ad oggi caratterizza la storia umana. Idem per New York, Parigi, Bruxelles, Istanbul, Londra e in altri numerosi luoghi dove si contano migliaia di vittime causate dal terrorismo di matrice islamica. Il secolo breve che per Hobsbawm era “indubbiamente il secolo più sanguinario che la storia ricordi” non si è evidentemente concluso nel 1991. Anzi è molto più lungo di quello che si pensava e si estende sino ad oggi, proprio mentre cresce la preoccupazione di una possibile guerra tra Russa e Ucraina, conferma dell’instabilità politica attuale e della mai sopita tendenza umana alla guerra.

Fondamentalmente il Novecento, inaugurato tragicamente dallo sparo di Gavrilo Princip contro l’arciduca erede al trono d’Austria-Ungheria Francesco Ferdinando, il 28 giugno 1914 a Sarajevo, non è mai realmente terminato. Di questo periodo l’unica certezza è solo quella “dell’incipit”. L’ottimismo del dopo-crollo-del-muro è definitivamente scomparso e il finale è ancora tutto da scrivere

Roberto Guidotti

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