martedì, Maggio 14, 2024
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Terrorismo – Il caso della Corte di Cassazione francese: intervista al Generale Gennaro Scala

Terrorismo – Il caso della Corte di Cassazione francese: intervista al Generale Gennaro Scala. “…decisione della Corte di Cassazione francese è adeguata agli standard giuridici dettati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo…” – La recente decisione della Corte di Cassazione francese ha provocato in Italia delusione, perplessità, molta indignazione. Questa storia ci ha però ricordato, una volta di più, che anche solo ad un passo dai nostri confini ci sono realtà politiche ed istituzionali che seguono proprie coordinate, e che per quanto possano essere in collisione con le nostre linee di pensiero, hanno un loro senso logico. A questo punto, invece di inseguire ed alimentare le pur giuste reazioni che questa decisione ha provocato in Italia, cerchiamo di comprenderne i meccanismi alla base e con qualche considerazione più in là.

Ne parliamo con un esperto, il Generale Gennaro Scala.

Generale, la Corte di Cassazione francese ha negato l’estradizione di dieci cittadini italiani condannati per reati di terrorismo. Quali sono secondo Lei i reali motivi di questo rifiuto?

“Benché provi un certo disappunto, da garantista, devo ammettere che la decisione della Corte di Cassazione francese è adeguata agli standard giuridici dettati dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e finanche aderente all’art. 24 Cost. che riconosce all’imputato il diritto di difesa e conseguentemente il diritto di presenziare o meno alle udienze di celebrazione del processo instaurato a suo carico. E proprio in conseguenza della giurisprudenza della CEDU, l’art. 487 CPP italiano è stato abrogato dall’art. 39, co. 2, della L. 16 dicembre 1999, n. 479. Sul punto esistono numerose sentenze della Cassazione penale italiana a partire dal 1992. Peraltro, il termine “contumacia” è stato nel frattempo sostituito da quello “in absentia”, volontaria o involontaria. I presupposti di tutela sono i seguenti: a) la presenza al processo è un diritto rinunciabile; b) la rinuncia è determinata dalla libera scelta dell’imputato; c) la conoscenza dell’instaurazione del procedimento penale a carico dell’imputato deve essere dimostrata, poiché non può discendere – sic et simpliciter – dalla regolarità della notifica; d) la conoscenza del procedimento, però, può essere desunta da alcune inequivocabili circostanze (l’imputato deve aver espressamente rinunciato, deve aver eletto domicilio, deve aver nominato un legale di fiducia, deve aver ricevuto personalmente la notifica relativa alla celebrazione dell’udienza, deve essere stato arrestato o fermato o sottoposto ad altra misura cautelare).

A questo punto, si innesta anche la novella introdotta nel nostro sistema processuale con la legge delega n. 67 del 28 aprile 2014, che innova principi e dettami relativi al giusto processo. Valga, a tal proposito, il recente, e tuttora attuale, “caso Regeni”, che ha visto il Giudice emettere l’ordinanza di sospensione del processo, tenuto conto che: le ricerche degli imputati hanno sin qui avuto esito negativo; gli stessi non hanno provveduto ad eleggere domicilio né a nominare legali di fiducia; non vi è prova certa che gli stessi siano a conoscenza del procedimento a carico. In tal caso, il Giudice, ai sensi dell’art. 420 quinquies, co. 1, CPP, ha disposto che vengano eseguite nuove ricerche degli imputati ai fini dell’avviso di notifica. Non mi sembra qui il caso di continuare con disquisizioni di carattere prettamente giuridico, ma sottolineo che i fatti addebitati ai “nostri connazionali” condannati in contumacia siano notevolmente antecedenti alle novelle cennate, che, pertanto, essendo favorevoli al reo, vanno applicate. Rimane la circostanza, non da poco conto, che ai “latitanti” – e la latitanza non è un reato, perché è diritto dell’imputato/condannato sottrarsi alla cattura, mentre è reato il favoreggiamento – è stato in qualche modo consentito di lasciare il territorio nazionale e riparare all’estero, approfittando, all’epoca, della cd “dottrina Mitterand”, sotto il cui ombrello fu finanche istituita, da terroristi italiani e da certa intellighenzia francese – tutta di sinistra e di estrema sinistra – la scuola di lingue nota sotto il nome di Hyperion”.

Se a parità di reati e di condanne, l’Italia negasse l’estradizione di dieci cittadini francesi, nell’ambito dell’estremismo islamico, dell’indipendentismo corso o di altri dipartimenti sotto Parigi, come reagirebbero le autorità francesi nei nostri confronti?

“Questa domanda implica valutazioni di carattere politico più che giuridico e non mi risultano al proposito precedenti. Un caso attuale è quello del cittadino russo, datosi alla latitanza, in pendenza di una richiesta di estradizione inoltrata dagli Stati Uniti d’America. E anche in tale circostanza, poco prima che la Cassazione decidesse, l’interessato è sparito. Sul punto, però, intendo precisare che se esistesse un provvedimento cautelare europeo, l’Italia non potrebbe sottrarsi alla richiesta estradizionale. Ovviamente, i tribunali e la Corte Suprema italiani potrebbero, nell’ipotesi prospettata, agire esattamente come hanno agito gli organi giurisdizionali d’Oltralpe per i nostri “terroristi”!

Terrorismo e terrorista sono concetti univoci e definitivi, globali oppure relativi e strumento della politica?

Non esiste, neanche a livello ONU e nel Diritto Internazionale, una definizione univoca di “terrorismo” e “terrorista”, in quanto le attività e i protagonisti sono spinti da motivazioni che talora noi stessi apprezziamo e addirittura appoggiamo. Perciò detta nomenclatura ha origine politica ed è strumento di essa. Gli esempi sono tanti e colui che per noi può essere considerato un terrorista, per i di lui sodali o popolo è un eroe. Quanti movimenti insurrezionali, quante “primavere”, quante rivoluzioni “fiorite”, quante “Maidan” con conseguenti sovvertimenti di poteri, anche democraticamente eletti e costituiti, ci hanno indotto a considerare attentati e finanche stragi alla stregua del legittimo anelito alla libertà, qualsiasi libertà!”

La Francia da una parte è il paese che difende strenuamente i diritti umani, la libertà di pensiero, e le azioni anche estreme che ne conseguono, sempre però al di fuori dei propri confini, dall’altra è anche il paese dei test nucleari a largo di Mururoa, del Franco convertibile, della Legione straniera e dei vari interventi armati pubblici o privati in Africa e altrove in nome del suo interesse nazionale. Ci sono contraddizioni in queste due facce della Francia?

“Circa la prospettazione di questa domanda, che attiene al ruolo della Francia nei teatri internazionali, è bene ricordare ciò che è stato quel paese confinante nel corso dei secoli e della Storia. Dal colonialismo al neocolonialismo, dalla capacità di imporre il proprio modello espansionistico in funzione dell’interesse nazionale e talora per affermare la “ragion di Stato” attraverso ogni possibile canale, dalla diplomazia alla “École de Guerre Économique” (1992-1994, Harbulot e Martre), dall’intelligence alla guerra economica e commerciale”.

 Il profilo:

Generale di Corpo d’Armata in congedo  nel Ruolo d’Onore, Gennaro Scala ha servito nelle fila dell’Arma dei Carabinieri per circa quattro decenni.

Attualmente è vicepresidente dell’org Radix, collegata all’Università di Alicante, dove è stato docente e conferenziere in materia di sicurezza internazionale e intelligence economica, attività che ha svolto anche presso “Casa Mediterraneo”, istituzione diplomatica pubblica del Ministero degli Esteri spagnolo.

E’ stato a capo, tra gli altri, dei comandi del Nucleo Investigativo di Verona e Palermo, distinguendosi particolarmente nella lotta al terrorismo e alla criminalità organizzata, comune e mafiosa.

Capo Ufficio Addestramento della Scuola Allievi Carabinieri in Roma, è stato poi Direttore di Sezione presso la Direzione Centrale per i  Servizi Antidroga  ed “Esperto” in America del Sud, acquisendo numerose benemerenze, nazionali e straniere, soprattutto in relazione a sequestri di ingentissimi quantitativi di cloridrato di cocaina, alla scoperta di multinazionali del crimine e alla liberazione di ostaggi.

Ha partecipato a investigazioni di livello transnazionale unitamente alla DEA, al FBI, alle Agenzie di intelligence e polizie di numerosi Paesi, europei ed extra continentali.Congedato nel 2001 per riforma a seguito di eventi traumatici in servizio, è stato responsabile per la sicurezza di importanti gruppi industriali, tra cui l’Eni. In tali incarichi, è stato per più mandati eletto presidente della  Comunidad de los Oficiales de Enlace Policial en Venezuela – C.O.D.E.V.  e della  Sezione Security dell’Asociación Venezolana de Hidrocarbúros – A.V.Hi. Ha fatto parte altresì del Direttivo dell’Associazione Italiana Professionisti della Sicurezza Aziendale – A.I.P.S.A. , della  International Crime Analysis Association – I.C.A.A.  e di Comitati Scientifici di Istituti di Alta Formazione. È internazionalmente accreditato come Senior Security Advisor ed esperto di questioni latino-americane.  Collabora con riviste specializzate.

Pietro Fiocchi

Foto di Robert Owen-Wahl da Pixabay

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