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La scomunica e le espulsioni: il ruolo del provvedimento nella società attuale

La scomunica e le espulsioni: il ruolo del provvedimento nella società attuale

Livorno – Aveva definito durante l’omelia “Francesco, non il Papa ma usurpatore”. Dopo questa affermazione durante la celebrazione del 31 dicembre 2023, Ramon Guidetti, sacerdote livornese, parroco a San Ranieri a Guasticce dal 2017 è stato scomunicato dal vescovo di Livorno monsignor Simone Giusti.  L’atto di scomunica è arrivata il giorno dopo in cui si ricordava il primo anniversario dalla morte di Papa Benedetto XVI. Nel comunicato della Diocesi di Livorno si legge che il Vescovo “in data odierna, ha emesso un Decreto (Prot. N. 1/24/VD), con il quale, a norma del can. 1364 § 1 del Codex Iuris Canonici, dichiara che Don Ramon Guidetti è incorso ipso facto nella scomunica latae sententiae.
Il suddetto sacerdote è, dalla data odierna, sospeso a divinis e rimosso dall’ufficio di Parroco della Parrocchia di San Ranieri in Guasticce, a norma dei cann. 1333 § 1 e 1336 § 1 del Codex Iuris Canonici. Si ammoniscono i sacerdoti e i fedeli a non partecipare a eventuali sue celebrazioni o ad altre pratiche di culto, perché essi incorrerebbero ipso facto nella gravissima pena della scomunica”

Ma cosa si intende per scomunica latae sententiae? La scomunica di questo tipo è quella in cui si incorre in essa automaticamente per il solo fatto di aver commesso un determinato delitto; invece la scomunica “ferendae sententiae” prima di essere inflitta, prevede un procedimento canonico penale con l’intervento dell’autorità che può essere il Giudice ecclesiastico o l’Ordinario. La scomunica latae sententiae viene comminata di solito per apostasia, eresia e scisma. Secondo le parole del Vescovo, anche chi approva, condivide o partecipa alla diffusione delle idee del Parroco può incorrere ugualmente nella scomunica ipso facto ovvero per il fatto stesso e in virtù proprio dell’appoggio in qualche modo fornito allo scomunicato. Questo senza che vi sia un incontro o un’eventuale difesa delle proprie istanze da parte dell’accusato.

Tra l’altro una forma di espulsione quella cattolica, che ha subito dei cambiamenti nel corso del tempo Basta pensare che Gregorio VII nel 1075 nel suo Dictatus Papae scriveva “che non si possa abitare sotto lo stesso tetto con chi il Papa ha scomunicato”.

Fra le scomuniche più celebri in tempi moderni ricordiamo quella a monsignor Marcel Lefevre Sospeso a divinis nel 1976 da papa Paolo VI, e in seguito scomunicato da papa Giovanni Paolo II il 30 giugno 1988. Il Vescovo si era opposto tenacemente ai cambiamenti e alle riforme sopravvenute con il Concilio Vaticano II. Nel provvedimento di scomunica erano incorsi anche 4 vescovi ordinati dallo stesso Levefre. Nel 2009 la scomunica fu revocata. Secondo quando scrisse il quotidiano Avvenire “La revoca della scomunica dei vescovi lefebvriani da parte di papa Benedetto XVI è motivata dalla richiesta, formulata con una lettera del 15 dicembre 2008, di essere riammessi nella Chiesa da parte di mons. Bernard Fellay a nome anche degli altri tre vescovi della comunità”.

Per rimanere temporalmente all’interno del XX secolo, la più clamorosa, discutibile e contestata fu quella del il 1° luglio 1949, quando il Sant’Uffizio vietò ai cattolici, proprio sotto pena di sanzioni sino alla scomunica, l’adesione ai partiti comunisti e persino la «collaborazione» con partiti o movimenti d’ispirazione comunista. Di conseguenza, applicando alla lettera la scomunica, gli aderenti al PCI, al PSI o anche alla CGIL dovevano essere considerati fuori della Chiesa Cattolica. Da subito gli osservatori, anche quelli di sponda cattolica, capirono quanto fosse di difficile realizzazione il provvedimento. Solo qualche mese prima i votanti del Fronte Popolare – sconfitto dalla Democrazia Cristiana – erano stati oltre 8 milioni di cittadini italiani. Si trattava di una massa enorme di uomini e donne. La mossa come riconobbero molti, più che per l’ateismo professato soltanto da alcuni settori comunisti, era un deterrente per impedire l’avvicinamento e l’adesione delle donne e di altri soggetti verso i partiti di sinistra. Il provvedimento – tra l’altro- strideva fortemente con la mancata scomunica di Adolf Hitler e di altri gerarchi nazisti battezzati come cattolici o dei dittatori fascisti come Mussolini, Franco, Salazar e Anton Pavelic. Quest’ultimo, capo cattolico degli Ustascia croati, responsabile anche lui come i nazisti di enormi massacri nei confronti di ebrei e serbi.

Tornando alla scomunica ai comunisti, dopo essersi accorta del dissenso e del danno che quella decisione avrebbe comportato per l’unità dei cattolici italiani, la Chiesa finì per annebbiare il decreto con alcune dotte distinzioni canoniche e lo lasciò dormire negli archivi del Sant’Uffizio.

In generale, la scomunica, l’espulsione o la dissociazione è un provvedimento che forse da un punto di vista laico o per chi non ha una mentalità religiosa può far pensare a un provvedimento oppressivo. Eppure ha una logica e una motivazione anche razionale. Il filosofo John Locke, paladino della tolleranza e del rispetto tra gli esseri umani, a proposito della scomunica scriveva: “Ciò posto, cerchiamo in seguito quali sono i doveri di ciascuno in relazione alla tolleranza. In primo luogo affermo che nessuna Chiesa è tenuta in nome della tolleranza a mantenere nel proprio seno chi, nonostante che sia stato ammonito, si ostina a peccare contro le leggi stabilite in quella società, perché, se a qualcuno fosse concesso di violare impunemente quelle leggi, la società stessa ne andrebbe di mezzo, dal momento che esse sono le condizioni della comunione e l’unico vincolo di quella società. Tuttavia bisogna badare che al decreto di scomunica non si accompagnino o offese verbali o violenze di fatto con le quali vengano lesi o il corpo di chi viene cacciato o, in qualche modo, i suoi beni.” (Trattato sulla tolleranza).

In fondo anche le organizzazioni politiche o sindacali hanno regolamenti interni che prevedono la sospensione o l’espulsione dai loro quadri. Solo per fare due esempi recentissimi, il 5 novembre 2023 come riportava il Resto del Carlino di Bologna, “la Lega ha deciso di cacciare il consigliere e portavoce del Caroccio bolognese Giulio Venturi. La decisione del direttivo provinciale del partito è arrivata venerdì sera e, da quanto filtra, tutti i dieci membri hanno votato compatti per l’espulsione. La bufera è cominciata qualche giorno fa, quando Venturi – in consiglio comunale – ha invitato a usare “pesanti manganellate e bastonate tra capo e collo” per gestire gli eccessi della malamovida e gli ambientalisti di Ultima Generazione che avevano bloccato la tangenziale”.

Ma anche nella stessa Livorno sempre in quei giorni, si è verificato qualcosa di simile con un dirigente del PD, espulso dalla Commissione Provinciale del partito. Secondo il quotidiano Il Telegrafo “la commissione territoriale di garanzia del Pd, pur ritenendo che ognuno ha diritto alle critiche e al dissenso che se espressi in maniera adeguata possono arricchire il partito, ritenuto violato quanto previsto dall’articolo 4 dello Statuto nazionale del partito e dall’articolo 4 del Codice etico, e ritenuto che le frasi e le pesanti considerazioni e affermazioni in merito al partito, al gruppo dirigente e ai candidati sostenuti dal Pd, rappresentino un grave danno all’immagine del partito. Visto l’articolo 13 del regolamento nazionale delle commissioni di garanzia, dispone la cancellazione di Pasquale Lamberti dall’albo degli elettori e dell’anagrafe degli iscritti”. E’ interessante notare i termini utilizzati dagli organi che hanno preso i provvedimenti: “espulsione” e “cancellazione”. Per alcuni media sinonimi di “cacciati”.

Si può credere e aderire a una pratica religiosa – ma anche politica, sociale, sportiva ecc… –  per svariati motivi. Si va dalla convinzione, alla credulità, dalla vocazione all’ereditarietà e tradizione. C’è chi lo fa per trovare un senso di appartenenza e chi perché lo ritiene semplicemente giusto; per seguire l’esempio di altri o per compiacere qualcuno. Le variabili sono infinite e spesso non sindacabili. Ma è lineare e corretto seguire i precetti religiosi, le regole, le direttive interne e via dicendo. La libertà di cambiare idea è sacrosanta e fortunatamente riconosciuta in gran parte del mondo. Ugualmente è un diritto da parte di un istituzione, ordine, confessione, organo di qualsiasi genere porre fine al rapporto con il membro che si ribella anche verbalmente, rifiuta di seguire le norme interne e contravviene agli statuti che dovrebbe conoscere e che precedentemente ha accettato.

Anche questa è una forma di libertà che va rispettata e tutelata a beneficio non solo dell’ente in questione ma anche in virtù del complesso dei diritti e dei doveri che si devono esercitare, specialmente quando si aderisce volontariamente a una realtà organizzata. Il rispetto di leggi, limiti e confini è una vera e propria garanzia di libertà per tutti. In fondo come sentenziava il succitato John Locke: “Dove non c’è legge non esiste nemmeno la libertà”.

Roberto Guidotti

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