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Testimoni di Geova: 10mila anni di reclusione per non uccidere. Sondaggio sull’obiezione di coscienza. In centinaia anche dalle Marche e dall’Abruzzo

ANCONA – Oltre 14.000 obiettori di coscienza condannati e quasi 10.000 anni di reclusione. Tra questi, oltre 1200 provenienti da tutte le località delle Marche e dell’Abruzzo. È questo il clamoroso risultato di un recentissimo sondaggio realizzato fra i Testimoni di Geova italiani, su quanti di loro hanno pagato il rifiuto alle armi e quanto sia costata loro questa decisione.

Si tratta indubbiamente di un prezzo altissimo per il loro ‘no’ alle armi espresso chiaramente nei decenni passati. Oggi la giurisprudenza internazionale riconosce l’obiezione di coscienza al servizio militare come uno dei diritti umani fondamentali ma non è stato sempre così.

I Testimoni di Geova hanno sempre ritenuto il servizio militare incompatibile con la loro religione. Secondo uno studio, basato sulle testimonianze di chi ha praticato l’obiezione di coscienza prima che questa fosse consentita dalla legge, è emerso che, tra i Testimoni di Geova italiani attualmente in vita, almeno 14.180 hanno dovuto scontare una condanna per aver rifiutato di prestare servizio militare. Tra questi, come dicevamo, tanti giovani provenienti dalle Marche (632) e dall’Abruzzo (579) per un totale di 1.211 anni di reclusione. Ciò avvenne in larga parte tra la fine degli anni ’60 e la fine degli anni ’90. In totale, i partecipanti al sondaggio hanno trascorso in carcere 9.732 anni.

I Testimoni di Geova costituirono “la stragrande maggioranza dei giovani incarcerati per essersi rifiutati di svolgere il servizio militare”, commenta lo storico Sergio Albesano. “Con la loro massiccia adesione al rifiuto di entrare nelle fila dell’esercito, di fatto crearono un caso politico e aiutarono a portare il problema all’attenzione dell’opinione pubblica”.

Il giurista Sergio Lariccia rileva: “Oggi l’obiezione di coscienza è inclusa tra i diritti inalienabili dell’uomo e, sebbene le sue origini culturali siano anche religiose, ciò che è stato conquistato ha recato benefici a tutti. Abbiamo un debito di riconoscenza verso coloro che hanno contribuito con la loro vita anche alle garanzie delle nostre libertà”.

Sergio Albesano, storico dell’antimilitarismo, autore del libro “Storia dell’obiezione di coscienza in Italia”, commenta: “I dati impressionanti di questo sondaggio, che oltretutto sono sicuramente inferiori alla realtà poiché molti obiettori sono nel frattempo deceduti e quindi non hanno potuto rispondere, portano onore ai testimoni di Geova che, per coerenza al loro credo religioso, hanno sopportato con fermezza una situazione avversa quale la reclusione, non perché avessero compiuto atti antisociali, come rubare o uccidere, ma addirittura per il loro rifiuto di imparare a uccidere”.

Per Pierluigi Consorti, avvocato e professore ordinario presso il dipartimento di giurisprudenza dell’Università di Pisa, “la testimonianza della fede del Testimoni di Geova è stata sempre trascurata: si conosce poco la loro discriminazione a causa del nazismo, e si conoscono poco anche le loro attuali discriminazioni”.

Bruno Segre, avvocato e giornalista, fondatore de “L’Incontro” e difensore di Pietro Pinna, commenta: “I miei patrocinati furono quasi tutti, tranne qualche obiettore radicale, libero pensatore, anarchico, cattolico negli ultimi tempi, Testimoni di Geova che io ammiravo per il loro assoluto rispetto delle idealità pacifiste, per il loro altissimo livello morale”.

Anche il contributo di quegli obiettori spinse dunque le autorità ad approvare, dopo anni di discussioni e rinvii, una legge che sanciva nel 1998 il pieno riconoscimento giuridico dell’obiezione di coscienza. Il servizio di leva obbligatorio venne poi sospeso nel 2005.

Nella foto, un articolo di Repubblica del 28/09/1986

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