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Testimoni di Geova in Russia, ultimi dati: 200 sotto processo penale, 100 in prigione

Mosca – In 200 sono accusati penalmente e 100 in prigione. Cifre tonde quelle raggiunte il 24 maggio in Russia con Aleksandr Parkov della città di Rostov sul Don, l’ultimo testimone di Geova a essere incriminato dalle autorità russe con la ormai solita accusa di “Partecipazione ad attività estremista”, in base all’articolo 282 del codice penale della Federazione Russa che comporta il rischio da 2 a 6 anni per il comma 1 e da 6 a 10 anni per il comma 2 che punisce “l’organizzazione” di attività estremista. Una persecuzione quella verso i testimoni di Geova che non conosce soste da parte delle Autorità di varie regioni e dei Tribunali russi, nonostante da tempo la difesa legale e non dei testimoni di Geova, continui a esibire prove che non vi è alcuna relazione tra l’attività religiosa del gruppo consistente di preghiere, riunioni e diffusione del loro credo e l’attività estremista.

Dei 200 accusati 157 sono uomini e 43 donne. La metà esatta 100, sono o sono stati in carcere; 132 sono nello stato di “accusati”, 64 rinviati a giudizio, 3 sotto processo ed uno, Dennis Christensen, di origini danese ha già completato il ciclo giudiziario ed è stato condannato a 6 anni di carcere, confermati dalla corte Suprema il 24 maggio. Ben 34 di loro hanno oltre 60 anni, 8 oltre 70. Il più giovane ha 19 anni, il più anziano 85. Molti hanno una famiglia con figli da allevare. 32 di loro sono attualmente in prigione, 68 sono stati scarcerati, 25 sono agli arresti domiciliari, 14 sono sotto divieto di determinate attività, in 74 non possono lasciare la propria città, 4 hanno obbligo di firma.

La statistica non comprende tutti coloro che hanno subito perquisizioni, pedinamenti o controlli, senza che siano stati in seguito incriminati. Molti di quest’ultimi sono “monitorati” e vivono un incubo in quanto sanno che da un momento all’altro possono subire irruzioni anche violente in casa da parte della Polizia che oltre a un impatto emotivo e psicologico devastante, getterebbero discredito nel vicinato e nel posto di lavoro con il rischio anche di perderlo. In diversi casi alcuni testimoni sono stati spiati con dispositivi installati in casa, in perfetto stile Kgb.

Tutte le vittime sono lavoratori ordinari, pensionati, imprenditori. Alcuni sono piloti, costruttori, minatori, progettisti, fotografi, ingegneri e altro. Insomma persone normali che si relazionano ogni giorno con colleghi di lavoro, vicini, parenti e assolutamente innocui per la sicurezza del Paese.

E proprio qui che emerge la difficoltà di molti esperti, fra cui giuristi, sociologi, professori universitarie altri a “inquadrare” le motivazioni del bando e della persecuzione. Nella Germania Nazista, e in Unione Sovietica si poteva “capire”, per usare un eufemismo, la ragione dell’ oppressione anche violenta nei loro confronti come per altri nemici dei regimi. Qui si tratta di processare e condannare chi crede in qualcosa da un punto di vista teologico e dottrinale diverso rispetto a chi ha un’altra idea o non si allinea al culto maggioritario della nazione. Un’aberrazione dal punto di vista del diritto giuridico e della libertà religiosa.

Così come vanno le cose attualmente la cifra degli accusati sembra destinata ad aumentare. Si spera che non rimangono solo numeri e non prevalga la filosofia spicciola e spietata di Stalin quando affermava che “un morto è un omicidio e un milione di morti una statistica”. Dietro quei numeri ci sono volti di persone e storie che come per ogni essere vivente meritano solo rispetto e la libertà di professare la propria religione.

Foto tratta dal sito www.jw-russia.org

Roberto Guidotti

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