venerdì, Marzo 29, 2024
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Celibato sacerdotale: la posizione di Ratzinger e la storia della legge

“Non posso tacere». Citando Sant’Agostino, in una delle 175 pagine del libro Dal profondo del nostro cuore anticipato in alcuni passaggi da Le Figaro, il Papa Emerito Benedetto XVI ha espresso il suo pensiero su alcuni delicati temi teologici. Il libro, scritto in francese a quattro mani con il cardinale Robert Sarah “in omaggio a tutti i sacerdoti del mondo”, si oppone decisamente alla possibilità di aperture sul celibato dei sacerdoti.

“La possibilità di ordinare uomini sposati rappresenterebbe una catastrofe pastorale, una confusione ecclesiologica e un oscuramento della comprensione del sacerdozio”.

Quella di Ratzinger sembra una presa di posizione forte, in aperto contrasto con quanto uscito in autunno dal Sinodo sull’Amazzonia sulla possibilità di aprire ai preti sposati; questo in attesa che Papa Francesco prenda una decisione definitiva ed eventualmente vengano ordinati “anziani sposati di provata fede” (“viri probati”) in alcune regioni dell’Amazzonia dove ci sono pochissimi preti. In molti hanno fatto notare che quando rinunciò al soglio pontificio nel 2013, Benedetto XVI aveva fatto una promessa: che sarebbe rimasto in silenzio, in condizione di “incondizionata riverenza e obbendienza” al suo successore, chiunque egli fosse.

Ma forse quello che in pochi considerano è che l’origine del celibato ecclesiastico, da molti contestato negli ultimi tempi, non è stato una caratteristica costante nella Chiesa Cattolica ma il risultato di processi dottrinali scaturiti da dibattiti, controversie, decisioni dei Pontefici e concili vari. Secondo lo scrittore cattolico Peter De Rosa “I Padri della Chiesa davano per scontato che non solo San Pietro ma anche San Paolo fosse sposato… il vescovo diceva Paolo dovrebbe avere una sola moglie… La parole di Paolo erano autorevoli: non esisteva nessuna incompatibilità tra il matrimonio e il ministero; è per questo che molti uomini sposati diventarono sacerdoti. (Vicari di Cristo pag. 419).

Quando cominciò a far breccia nella chiesa l’idea di un celibato obbligatorio? Nel 300 D.C. a Elvira in Spagna c’è la prima evidenza di una legge sul celibato. La legge che impediva ai sacerdoti di sposarsi dopo l’ordinazione divenne generale, e fu ufficializzata al Concilio di Nicea nel 325. Anche in questo caso però, il celibato non divenne ancora obbligatorio realmente. I sacerdoti sposati rimanevano tali e non dovevano separarsi dalla moglie. Con le elaborazione teologiche e dottrinali nel corso dei secoli e solo al Concilio di Trento (1545-1963), la questione fu stabilita. Il parere della maggioranza dei vescovi “fu che Dio non avrebbe trattenuto il dono della castità da quelli che giustamente pregavano per ottenerlo, e la regola del celibato fu così infine e per sempre imposta ai ministri della Chiesa Cattolica Romana” (Cyclopædia di M’Clintock e Strong).

Ma quali sono state le motivazioni che hanno portato alla regola attuale? Una delle ragioni sempre secondo De Rosa è che “alla fine del quarto secolo la Chiesa era divenuta rispettabile e possedeva molti beni mobili e immobili; non voleva quindi che un sacerdote sposato potesse lasciarne una parte in eredità alla moglie a ai figli”. (Ibid. pag.421).

In tempi recenti, Paolo VI nell’enciclica Sacerdotalis Caelibatus (Il celibato ecclesiastico), pubblicata nel 1967 ha ammesso che “il Nuovo Testamento, nel quale è conservata la dottrina di Cristo e degli Apostoli, . . . non esige il celibato dei ministri sacri”, anche se in quell’occasione ribadì chiaramente l’inamovibilità della dottrina.

Nel solco si questa linea ferma, si attesta anche l’uscita pubblica di Ratzinger anticipata in questi giorni. Resta da vedere ora quale saranno le scelte del Sinodo in merito e come la chiesa potrà far fronte alla crescente mancanza di vocazioni diffusa in quasi tutti i continenti.

Roberto Guidotti

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