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Anticipazioni per il Grande Teatro di Eduardo De Filippo in TV del 27 giugno alle 16.50 su RAI 5: “Il berretto a sonagli”

il berretto a sonagli

Anticipazioni per il Grande Teatro di Eduardo De Filippo in TV del 27 giugno alle 16.50 su RAI 5: “Il berretto a sonagli”

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Prosegue con “Il berretto a sonagli” nella versione televisiva del 1981 – adattata in napoletano da Eduardo De Filippo dall’omonima commedia pirandelliana in due atti e in onda sabato 27 giugno alle 16.55 su Rai5 – l’omaggio di Rai Cultura al grande commediografo e attore napoletano nei 120 anni della nascita. La regia è di Eduardo stesso che interpreta la commedia con Angelica Ippolito, Giuliana Calandra.
Sicilia, 1917. L’altoborghese Beatrice Florica, seguendo il consiglio dell’ambigua Saracena, decide di denunciare il marito per adulterio per vendicare il tradimento da lui perpetrato ai suoi danni con la moglie del devoto scrivano Ciampa. Quest’ultimo tenta inutilmente di dissuadere la donna dall’atto irreversibile, ricordandole il valore positivo che talvolta l’ipocrisia riveste in società. Il marito infedele viene dunque arrestato dal delegato Spanò che tenta di dissimulare davanti all’opinione pubblica le vere ragioni dell’arresto. Per sedare le chiacchiere interviene Ciampa che convince Beatrice a fingersi pazza per salvare le apparenze e difendere la reputazione del marito. La donna suo malgrado accetta, prendendo amaramente coscienza di quanto può costare cara la verità.

Il berretto a sonagli è una commedia in due atti dello scrittore e autore teatrale italiano Luigi Pirandello.[1] Il titolo si riferisce al berretto portato dal buffone, il copricapo della vergogna ostentato davanti a tutti.

La storia si svolge in una cittadina siciliana dell’interno, nel tempo presente.

La commedia, che riprende le tematiche delle due novelle La verità (1912) e Certi obblighi (1912), venne scritta nell’agosto 1916 in lingua siciliana per l’attore Angelo Musco con il titolo ‘A birritta cu’ i ciancianeddi[2]. In questa versione fu messa in scena dalla compagnia di Musco a Roma, al Teatro Nazionale, il 27 giugno 1917. Il nullaosta per la rappresentazione venne dato dalla prefettura di Palermo l’8 settembre 1917[3].

I lavori per la rappresentazione della pièce furono caratterizzati dalle continue tensioni tra Musco ed il professore (con questo nome Musco usava chiamare Pirandello). I conflitti erano dovuti alle diverse aspettative: la commedia doveva, secondo Pirandello, concentrarsi sui paradossi del personaggio e dell’esistenza, mentre Musco voleva, da attore abituato a rappresentazioni brillanti, sottolinearne l’aspetto comico.

Avvenne così che avendo il ruolo di capocomico Musco riuscì a portare in scena una versione accorciata di parecchio. A detta della maggior parte degli studiosi[4], i tagli operati da Musco alla versione siciliana sarebbero la causa di un fatto abbastanza curioso: la versione italiana, preparata alcuni anni più tardi da Pirandello, corrisponde all’incirca alla versione ridotta, messa in scena dalla compagnia di Musco. Il professore infatti avrebbe perso nel frattempo il manoscritto con la versione originale in siciliano.

La versione abbreviata non s’incentra più su quello che è il personaggio principale della commedia in siciliano, cioè Beatrice, ma tende invece a mettere in risalto Ciampa, cioè il suo antagonista.

Comunque, nell’estate del 1918 Pirandello terminò la versione in italiano che fu rappresentata il 15 dicembre 1923 al teatro Morgana di Roma dalla compagnia di Gastone Monaldi. Gli effetti comici della versione in siciliano erano andati in buona parte perduti. A causa del notevole ritardo della prima rappresentazione, il pezzo riscosse tiepidi consensi.

Personaggi

  • Beatrice Fiorica: propensa agli sbalzi di umore, la signora Fiorica è fuori di sé a causa del tradimento del marito, il quale approfitta della sua altissima posizione sociale tradendola con la moglie del suo segretario, il signor Ciampa.
  • La Saracena: secondo la gente del luogo, è «una donna insieme alla quale in questa città è meglio non farsi vedere.» È lei che consiglia a Beatrice di vendicarsi denunciando il tradimento.
  • Fana: ha contribuito, in anni passati, ad allevare Beatrice quand’era piccola (presso la famiglia Labella) ed è probabilmente la persona che la conosce meglio. Invita Beatrice alla calma ed alla diplomazia.
  • Fifì Labella: avendo contratto debiti al gioco, cerca l’appoggio della sorella Beatrice, benché sia in genere disposto a comportarsi come meglio dettano le opportunità. Pur essendo di famiglia benestante, non ha diretto accesso ai beni della famiglia Labella.
  • Ciampa: nel ruolo di becco, di uomo tradito, ha il dovere di evitare gli scandali e tenere pulito il nome della sua famiglia. In caso contrario, sarà costretto ad uccidere la moglie per salvare la faccia e l’onore. È quindi nettamente contrario ad ogni denuncia che renda pubblico il tradimento della moglie.
  • Nina: moglie di Ciampa, pare abbia mostrato con spudoratezza i gioielli ricevuti in dono dal cavaliere, fino al giorno in cui viene vista in paese dalla Saracena, che riferirà il tutto a Beatrice.
  • Assunta: vedova Labella, dunque madre di Beatrice.
  • Delegato Spanò: tipico vicecommissario di provincia: è soggetto agli ordini del Cavaliere ed ha in un certo senso anche il ruolo di avvocato di famiglia. Incapace di decidere e di volere, rappresenta in qualche modo la visione, alquanto negativa, che Pirandello aveva dello stato.

Trama

Primo atto

Tradita e vilipesa, Beatrice cede ai suoi umori mutevoli, e – convinta dalla Saracena – decide di convocare a sé il delegato Spanò per sporgere denuncia per adulterio nei confronti del marito, il Cavaliere. Nulla può la vecchia donna di servizio Fana, che con tutte le sue forze aveva cercato di convincere Beatrice a desistere.

Il delegato Spanò, chiamato a casa di Beatrice, cerca di sottrarsi all’ingrato compito di accettare la denuncia, per non dover poi indagare il Cavaliere nel tentativo di coglierlo in flagrante con Nina, la moglie del suo scrivano Ciampa. Messo alle strette, deve alla fine cedere alle insistenze di Beatrice.

Il primo atto si chiude con una visita di Ciampa a casa di Beatrice, per cercare di convincerla a considerare i gravi problemi che comporterebbe una denuncia. Rimane implicito che in questo caso – per salvare il nome macchiato della famiglia Ciampa – egli sarebbe costretto a fare una pazzia e a uccidere la traditrice Nina. Ciampa quindi invita Beatrice a usare la ragione e a dare una giratina allo strumento:

«BEATRICE: Lo strumento? Che strumento?
CIAMPA: La corda civile, signora. Deve sapere che abbiamo tutti come tre corde d’orologio in testa.
(Con la mano destra chiusa come se tenesse tra l’indice e il pollice una chiavetta, fa l’atto di dare una mandata prima sulla tempia destra, poi in mezzo alla fronte, poi sulla tempia sinistra.)
La seria, la civile, la pazza. Soprattutto, dovendo vivere in società, ci serve la civile; per cui sta qua, in mezzo alla fronte. ‑ Ci mangeremmo tutti, signora mia, l’un l’altro, come tanti cani arrabbiati. ‑ Non si può. ‑ Io mi mangerei ‑ per modo d’esempio ‑ il signor Fifì. ‑ Non si può. E che faccio allora? Do una giratina così alla corda civile e gli vado innanzi con cera sorridente, la mano protesa: ‑ «Oh, quanto m’è grato vedervi, caro il mio signor Fifì!». Capisce, signora? Ma può venire il momento che le acque s’intorbidano. E allora… allora io cerco, prima, di girare qua la corda seria, per chiarire, rimettere le cose a posto, dare le mie ragioni, dire quattro e quattr’otto, senza tante storie, quello che devo. Che se poi non mi riesce in nessun modo, sferro, signora, la corda pazza, perdo la vista degli occhi e non so più quello che faccio!»

Secondo atto

Il secondo atto si apre in un contesto completamente diverso, subito dopo che la perquisizione nell’ufficio del Cavaliere ha portato all’arresto di quest’ultimo e di Nina. Ciò che Beatrice non sa è che il delegato Spanò, per non compromettersi con il Cavaliere, ha evitato di partecipare all’azione mandando invece sul posto un suo collega calabrese, il quale ha – con tutta probabilità – colto in flagrante la coppia adultera.

Per non mettersi contro il Cavaliere e per evitare che Ciampa uccida la moglie, il delegato Spanò cerca di imbrogliare le carte negando che l’arresto sia stato motivato dall’adulterio; lo spiega invece con un presunto attacco d’ira: provocato dalla perquisizione, il Cavaliere sarebbe montato su tutte le furie oltraggiando le forze dell’ordine.

Però lo scandalo è ormai nato ed è assai difficile che la gente del posto, ormai al corrente dell’arresto, possa credere veramente alla versione di Spanò.

Ciampa riesce a capovolgere la situazione in suo favore proponendo di avvalorare la tesi del delegato con uno stratagemma: bisognerà far credere a tutti che Beatrice sia pazza e che il tradimento del Cavaliere sia stato una sua montatura.

L’idea di Ciampa piace a tutti tranne naturalmente a Beatrice. Messa sotto pressione da sua madre e dal fratello Fifì, Beatrice viene però indotta a convincersi che sia meglio – per il bene di tutti – recitare il ruolo della pazza e farsi quindi ricoverare per qualche tempo in una casa di cura. Come Beatrice impara a sue spese, mostrare in faccia a tutti la nuda verità si rivela quindi assai problematico:

«BEATRICE. Pazzo da chiudere sarete voi!
CIAMPA. Nossignora, Lei. Per il suo bene! E lo sappiamo tutti qua, che Lei è pazza. E ora deve saperlo tutto il paese. Non ci vuole niente, sa, signora mia, non s’allarmi! Niente ci vuole a far la pazza, creda a me! Gliel’insegno io come si fa. Basta che Lei si metta a gridare in faccia a tutti la verità. Nessuno ci crede, e tutti la prendono per pazza![5]»

Tematiche della commedia

Diversi personaggi di questa commedia si trovano in una situazione di dilemma, di tipiche situazioni paradossali in cui l’individuo resta quasi senza via di uscita.

  • Fana, la vecchia balia, sa che Beatrice vuole denunciare l’adulterio del marito e quindi sarebbe suo dovere evitare disastri e riferire tutto al fratello di Beatrice, Fifì, affinché quest’ultimo la convinca a non commettere pazzie; d’altro canto, non può farlo perché, come serva obbediente, non può opporsi alla padrona Beatrice che le ha imposto il silenzio.
  • Il delegato Spanò dovrebbe accettare la denuncia, ma sa che, adempiendo al suo dovere di funzionario, si metterebbe contro il cavaliere che è in pratica il suo padrone.
  • Ciampa ama la moglie e soffre, ma deve tollerare l’adulterio da parte del cavaliere, cui egli è asservito; inoltre, pur amando profondamente la sua donna, nello stesso tempo pensa di ucciderla.

Meno ricco di conflitti è il caso di Beatrice, ma il suo atteggiamento privo di dubbi o ripensamenti viene presto punito.

Un tema sicuramente di primo piano è quello che emerge dalla novella Certi obblighi ripresa dalla commedia: l’individuo è costretto a difendere il suo prestigio sociale, il pupo, quel pupazzo con cui nascondiamo la meschina realtà di ognuno di noi, anche a costo di pagare un prezzo altissimo, sino al punto che Ciampa, per mantenere integro il suo onore, potrebbe essere costretto ad uccidere la moglie (fatto che accade effettivamente nella principale novella ispiratrice della commedia, La verità).