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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Dostoevskij del 9 novembre alle 16 su Rai 5: “Delitto e castigo – 5° e ultima puntata”

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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Dostoevskij del 9 novembre alle 16 su Rai 5: “Delitto e castigo – 5° e ultima puntata

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Per il Grande Teatro di Dostoevskij in TV va in onda oggi martedì 9 novembre alle 16 su Rai 5 la quinta e ultima puntata di “Delitto e Castigo”, il capolavoro di Dostoevskij nella seconda versione proposta dalla RAI nel 1983 per la regia di Mario Missiroli con la interpretazione di Mattia Sbragia, Piera Degli Esposti, Laura Lenzi, Fiorenza Marchegiani e Gabriele Ferzetti.

Già nel 1963 andò in onda una prima versione sceneggiata con l’adattamento per il piccolo schermo di Giovanni Vallon. La regia televisiva fu di Anton Giulio Majano che è stato uno dei padri di questo genere, ossia lo sceneggiato televisivo.

Venne trasmesso sul Secondo Programma (l’odierna Rai 2) in sei puntate nella prima serata del giovedì sera dal 30 maggio al 4 luglio.

Il cast era costituito da attori di provata capacità e di formazione teatrale (Luigi VannucchiMario FelicianiLida FerroUbaldo LayIvo Garrani, ecc.) e includeva una ancor giovanissima Loretta Goggi.

La vicenda è ambientata, a differenza del romanzo, che si svolge nella calura estiva, in una gelida San Pietroburgo.

Protagonisti sono il giovane e tormentato Raskolnikov (Luigi Vannucchi) – omicida reo confesso – e la bella Sonja (Ilaria Occhini), sfortunata e dolce fanciulla conosciuta nei bassifondi pietroburghesi.[1]

Vent’anni dopo, nel 1983, il romanzo ha avuto una nuova trasposizione in miniserie televisiva (stesso titolo: Delitto e castigo) a opera di Mario Missiroli, su sceneggiatura di Tullio Kezich e con l’interpretazione di Mattia Sbragia e Susanna Martinková.

Quinta Puntata

Mentre il perfido Svidrigajlov insiste nel portare avanti la sua macchinazione, Raskol’nikov non riesce più a sostenere il peso del suo delitto, così decide di costituirsi ed espiare il suo crimine. Ma anche Svidrigajlov è in crisi: disperato per il fallimento del suo piano, si uccide.

Delitto e castigo (in russo: Преступление и наказание?Prestuplénie i nakazànie/prʲɪstup’lʲɛnɪɪ i nəkʌ’zanɪɪ/) è un romanzo pubblicato nel 1866 dallo scrittore russo Fëdor Dostoevskij e ambientato a San Pietroburgo.

Insieme a Guerra e pace di Lev Tolstoj, fa parte dei romanzi russi più famosi e influenti di tutti i tempi. Esso esprime i punti di vista religiosi ed esistenzialisti di Dostoevskij, con una focalizzazione predominante sul tema del conseguimento della salvezza attraverso la sofferenza.

Titolo

Il titolo Преступление и наказание in italiano significa Il delitto e la pena, e dipende dal trattato Dei delitti e delle pene (1764) di Cesare Beccaria, testo conosciuto in Russia grazie alla versione nella lingua locale del 1803.[1] Nella prima versione italiana (1889) l’ignoto traduttore diede il titolo Il delitto e il castigo, questo perché lo aveva tradotto dal francese. Nella sua versione del 1884Victor Derély aveva scelto come titolo Le crime et le châtiment, dove il termine châtiment in italiano può essere tradotto solo con la parola castigo,[2], che non ha valenza giuridica. Tuttavia al termine russo nakazanie del titolo originale lo stesso Dostoevskij aveva attribuito l’accezione di “pena”. Ciò traspare da una sua lettera al direttore della rivista Russkij Vestnik:

«Nel mio romanzo vi è inoltre un’allusione all’idea che la pena giuridica comminata per il delitto spaventa il criminale molto meno di quanto pensino i legislatori, in parte perché anche lui stesso, moralmente, la richiede.»
(Dostoevskij, Lettere)

Il titolo originale allude pertanto all’inizio del cammino di Raskòl’nikov, la “pena” in termini di castigo morale, cui seguono il riconoscimento della colpa commessa, il pentimento ed il rinnovamento spirituale. Tuttavia si è mantenuto il titolo (da ritenersi quindi erroneo) Delitto e castigo per una sorta di tradizione traduttiva.[3]

Struttura

Il romanzo è diviso in sei parti più un epilogo. Ogni parte contiene fra i cinque e gli otto capitoli, mentre l’epilogo ne ha due. L’intero romanzo è scritto in terza persona al passato da una prospettiva non onnisciente, perlopiù dal punto di vista del protagonista, Raskòl’nikov, sebbene si sposti brevemente su altri personaggi, come Dunja, Svidrigajlov e Sonja, durante la narrazione.

Nel 1971 fu pubblicata con il manoscritto annotato di Dostoevskij nella serie russa Monumenti letterari una scena rimasta fino ad allora inedita scritta in prima persona dal punto di vista di Raskòl’nikov. Una traduzione di quella scena è disponibile nella maggior parte delle edizioni moderne del romanzo.

Trama

Lo svolgimento dei fatti è quasi tutto a Pietroburgo, nel corso di un’estate afosa. L’epilogo invece si svolge nella prigione-fortezza di una località non espressamente nominata, sulle rive del fiume Irtyš (fiume del bassopiano della Siberia occidentale). Dovrebbe trattarsi di Omsk, dove era presente una struttura per lavori forzati, conosciuta bene da Dostoevskij per avervi scontato egli stesso una condanna dal 1850 al 1854.

Il romanzo ha il suo evento chiave in un duplice omicidio dettato dall’ostilità sociale: quello premeditato di un’avida vecchia usuraia e quello imprevisto della sua mite sorella più giovane, per sua sfortuna comparsa sulla scena del delitto appena compiuto. L’autore delle uccisioni è il protagonista del romanzo, uno studente pietroburghese indigente, chiamato Rodion Romanovič Raskol’nikov. Il romanzo narra la preparazione dell’omicidio, ma soprattutto gli effetti psicologici, mentali e fisici che ne seguono.

Dopo essersi ammalato di febbre cerebrale ed essere stato costretto a letto per giorni, Raskòl’nikov viene sopraffatto da una cupa angoscia, frutto di rimorsi, pentimenti, tormenti intellettuali e soprattutto la tremenda condizione di solitudine in cui l’aveva gettato il segreto del delitto; presto subentra anche la paura di essere scoperto, che logora sempre di più i già provati nervi del giovane: per lui è troppo gravoso sostenere il peso dell’atto scellerato. Il delitto era stato compiuto: il castigo non era stata la Siberia, ma la desolazione emotiva e le peripezie che passò Raskol’nikov per arrivare infine, grazie a una povera giovane, Sonja, al pentimento della coscienza morale e alla confessione.

Fondamentale è infatti l’inaspettato incontro con Sonja, un’anima pura e pervasa di una fede sincera e profonda, costretta però a prostituirsi per mantenere la matrigna tisica e i fratellastri. La giovane offre la speranza e la carità della fede in Dio alla solitudine del nichilismo di Raskòl’nikov. Questo incontro sarà determinante per indurre il protagonista a costituirsi e ad accettare la pena. Ma il vero riscatto avverrà per l’amore di Sonja, che lo seguirà anche in Siberia.

Raskòl’nikov reputa di essere un “superuomo” e che avrebbe potuto commettere in modo giustificato un’azione spregevole – l’uccisione della vecchia usuraia – se ciò gli avesse portato la capacità di operare dell’altro bene, più grande, con quell’azione. In tutto il libro vi sono esempi di ciò: menziona Napoleone molte volte, pensando che, per tutto il sangue che versava, faceva del bene. Raskòl’nikov pensa di poter trascendere questo limite morale uccidendo l’usuraia, guadagnando i suoi soldi, ed usandoli per fare del bene. Sostiene che se Newton o Keplero avessero dovuto uccidere un uomo, o addirittura un centinaio di uomini, per illuminare l’umanità con le loro leggi e le loro idee, ne sarebbe valsa la pena.

Il vero castigo di Raskòl’nikov non è il campo di lavoro a cui è condannato, ma il tormento che sopporta attraverso tutto il romanzo. Questo tormento si manifesta nella suddetta paranoia, come anche nella sua progressiva convinzione di non essere un “superuomo”, poiché non ha saputo essere all’altezza di ciò che ha fatto. Oltre al destino di Raskòl’nikov, il romanzo, con la sua lunga e varia lista di personaggi, tratta di temi comprendenti la carità, la vita familiare, l’ateismo e l’attività rivoluzionaria, con la pesante critica che Dostoevskij muove contro la società russa coeva. Sebbene rifiutasse il socialismo, il romanzo sembra criticare anche il capitalismo che si stava facendo strada nella Russia di quel tempo.

Personaggi
Rodiòn Romànovič Raskòl’nikov

Rodion Romanovič Raskol’nikov, chiamato anche Rodja e Rod’ka, è il protagonista dalla cui prospettiva, fondamentalmente, la storia è raccontata. Ha ventitré anni, è un ex studente di legge che ha abbandonato gli studi per problemi economici e vive in povertà in un appartamento minuscolo all’ultimo piano nei bassifondi di San Pietroburgo.

È caratterizzato da un forte livore verso ciò che lo circonda, il che lo induce ora ad atti di disperazione, ora a momenti di gaiezza e soddisfazione. Il fulcro del romanzo, in questi termini, si concentra specificamente sull’aspetto psicologico del personaggio. Commette l’omicidio nella convinzione di essere abbastanza forte per affrontarlo, di essere un Napoleone, ma la sua paranoia e la sua colpa lo inabissano presto. Solo nell’epilogo si realizza il suo castigo formale, dopo che ha deciso di confessare e porre termine alla sua alienazione.

Sof’ja Semënovna Marmeladova

Sof’ja Semënovna Marmeladova, chiamata anche Sonja e Sònečka, è la figlia di un ubriacone, Semën Zachàrovič Marmeladov, che Raskòl’nikov incontra in una bettola all’inizio del romanzo. Alla morte di Semën, Raskòl’nikov manifesta d’impulso generosità verso la sua poverissima famiglia. Sonja quindi lo cerca e lo va a ringraziare e, in quell’occasione, i due personaggi si conoscono per la prima volta. Lei è stata condotta alla prostituzione dalle abitudini di suo padre, ma si mantiene ancora estremamente religiosa e simbolicamente legata al Vangelo.

Raskòl’nikov si ritrova attratto da lei a tal punto che ella diventa la prima persona a cui confessa il suo delitto. Lei lo sostiene anche se una delle due vittime, la merciaia Lizaveta, era sua amica; lo incoraggia a diventare credente e a confessare. Raskòl’nikov lo fa quando ormai il colpevole era stato individuato in altri, e, dopo la sua confessione, Sonja lo segue in Siberia, dove vive nella stessa città della prigione. Qui ella si crea un’occupazione come sarta e si rende anche utile ai detenuti che l’amano sinceramente. È anche qui che Raskòl’nikov comincia la sua rinascita spirituale, quando finalmente comprende e accetta di amarla.

Altri personaggi
  • Porfirij Petrovič: giudice istruttore trentacinquenne incaricato di risolvere gli assassinî di Raskòl’nikov, insieme a Sonja guida Raskol’nikov verso la confessione. Nonostante la mancanza di prove, è sicuro, dopo diverse conversazioni con lui, che Raskòl’nikov sia l’omicida, ma gli dà la possibilità di confessare spontaneamente. Ha una notevole capacità oratoria; usa con abilità diabolica la diversione, la dissimulazione, la sua stessa contraddizione e il sottinteso, e sa porsi all’altezza dell’intelligenza del protagonista. Delitto e castigo.
  • Avdot’ja Romànovna Raskol’nikova: sorella di Raskòl’nikov, chiamata anche Dunja e, con diminutivo, Dùnečka. Oltre a essere un personaggio di elevato valore morale, è descritta come molto bella. Progetta di sposare il ricco, sebbene moralmente depravato, Lužin per salvare la famiglia dalla miseria finanziaria. È seguita a San Pietroburgo dal turbato Svidrigajlov, che cerca di riguadagnarla con ricatti. Lei respinge entrambi gli uomini a favore del leale amico di Raskol’nikov, Razumichin. In seguito sposerà Razumichin, e Svidrigajlov, respinto, si suiciderà.
  • Arkadij Ivanovič Svidrigajlov: ricco e villano ex-datore di lavoro e, in quella veste, autore di molestie nei confronti di Avdot’ja Romanovna. Successivamente pretendente della stessa Dunja e perciò rivale di Lužin. È sospettato di multiple azioni omicide e di pedofilia. Nonostante la sua apparente malevolenza, Svidrigajlov è simile a Raskòl’nikov per i suoi casuali atti di carità. Si sobbarca le spese affinché i figli dei Marmeladov entrino in un orfanotrofio (dopo che entrambi i loro genitori sono morti) e lascia i soldi rimanenti alla sua piuttosto giovane fidanzata.
  • Marfa Petrovna Svidrigàjlova: moglie di Svidrigajlov, più anziana di questi di cinque anni e più benestante per nascita. Lontanamente parente di Lužin.
  • Dmitrij Prokof’ič Vrazumichin: chiamato da tutti Razumichin, è il leale, benevolo ed unico amico di Raskòl’nikov. Anch’egli è un ex studente. È un ragazzone buono, ingenuo e un po’ timido. Raskol’nikov più volte affida la cura della sua famiglia a Razumichin, che non viene meno alla sua parola. Aiuta molto anche in tribunale Raskòl’nikov alleviando la sua pena che è di soli otto anni. Alla fine lui e Dunja si sposeranno.
  • Katerina Ivànovna Marmeladova: moglie di Semën Marmeladov, malata di tisi e irascibile. Dopo la morte di Marmeladov impazzisce e muore anch’ella poco dopo. Delitto e castigo.
  • Semën Zachàrovič Marmeladov: ubriacone senza speranza ma affabile, che si compiace del proprio dolore, e padre di Sonja. Nella taverna informa Raskòl’nikov della sua situazione familiare e, quando viene investito da una carrozza, Raskòl’nikov dà alla sua famiglia ciò che rimane dei suoi soldi per aiutare nelle spese funerarie.
  • Pul’chèrija Aleksàndrovna Raskol’nikova: madre relativamente ingenua e speranzosa di Raskòl’nikov. Lo informa del progetto di sua sorella di sposare Lužin. Ama, e come lei anche la figlia, in modo smisurato il figlio Rodja a tal punto che esso sin dall’inizio del romanzo ne risulta oppresso, incapace di giustificare tale forte sentimento.
  • Pëtr Petrovič Lužin: uomo quarantacinquenne meschino e pieno di sé. Esercita la professione di avvocato, è benestante ed elegante. Ha della moglie l’idea di un’ammiratrice privata e vorrebbe sposare Dunja per sentirsi un benefattore, suo e di sua madre, e con la conseguenza che lei gli sia completamente asservita.
  • Andrèj Semënovič Lebezjatnikov: il compagno di stanza radicalmente socialista di Lužin. Questi lo nomina, la prima volta, come suo giovane amico che però poi testimonia il suo tentativo di incriminare Sonja e successivamente lo smaschera.
  • Alëna Ivànovna: vecchia, avida e sgradevole usuraia. È l’obiettivo intenzionale di Raskòl’nikov per l’omicidio.
  • Lizaveta Ivànovna: la semplice, innocente, sorella di Alëna, che arriva in casa della sorella durante l’assassinio ad opera di Raskòl’nikov, e viene quindi, subito dopo, uccisa anch’ella. Era merciaia e amica di Sonja.
  • Zòsimov: benestante amico ventisettenne di Razumichin e dottore alle prime armi, che si prende cura di Raskòl’nikov.
  • Nastas’ja Petrovna: serva della padrona di Raskol’nikov e fedele e silenziosa presenza amica per Raskol’nikov.
  • Nikodìm Fomič: commissario di quartiere, persona gentile. Conosce Raskòl’nikov al commissariato, in occasione di una convocazione di quest’ultimo per una cambiale scaduta e lo rivede per caso a casa di Marmeladov, quando questi era da poco spirato.
  • Il’ja Petrovič Poroch: tenente di polizia.
  • Aleksàndr Grigòr’evič Zamëtov: alto impiegato alla stazione di polizia, corrotto ma amico di Razumichin. Raskòl’nikov desta attivamente in Zamëtov sospetti sul suo stesso conto. Ciò lo fa, paradossalmente, spiegandogli come lui, Raskòl’nikov, avrebbe agito per dissimulare i suoi stati d’animo e per allontanare da sé i sospetti se avesse compiuto alcuni crimini. Questa scena illustra l’argomentazione della convinzione di Raskòl’nikov della sua superiorità come superuomo.
  • Nikolaj Dement’ev: un imbianchino che ammette di essere colpevole del delitto. È chiamato anche Mikolàj.
  • Polina Semёnovna Marmeladova: figlia di 10 anni di Semën Zachàrovič Marmeladov e sorella minore di Sonja, alle volte chiamata Pòlečka o Polja. Delitto e castigo.