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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Dostoevskij del 12 novembre alle 15.45 su Rai 5: “L’idiota – 3° puntata”

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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Dostoevskij del 12 novembre alle 15.45 su Rai 5: “L’idiota – 3° puntata

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Oggi venerdì 12 novembre alle 15.45 per il #teatro di Rai 5, va in onda il capolavoro di Dostoevskij “L’Idiota“, nella rilettura diretta da Marco Bernardi.

Rai Cultura dedica un omaggio alle opere di uno dei maggiori interpreti della letteratura russa, Fëdor Dostoevskij, nell’anno in cui cade il bicentenario della nascita (11 novembre 1821). L’omaggio si apre lunedì 25 gennaio alle 16.00 con “L’idiota”, adattamento televisivo del 1959 che ebbe il merito di far conoscere al grande pubblico uno dei maggiori capolavori dello scrittore. Lo sceneggiato venne adattato in sei puntate da Giorgio Albertazzi, che ne interpretò anche il protagonista. Al fianco di Albertazzi, che interpreta il principe Myškin, compare Gian Maria Volonté nel ruolo del suo alter ego Rogožin. A interpretare Nastasja Filippovna, l’oggetto del desiderio intorno a cui ruota la storia, Anna Proclemer; e nei panni della bella Aglaja Epančín, Anna Maria Guarnieri. La regia è di Giacomo Vaccari.

Terza puntata

  • Prima TV: 28 settembre 1959
  • Durata: 60 minuti

Trama

La puntata si apre con l’immagine del dipinto Il corpo di Cristo morto nella tomba di Hans Holbein e le parole dello stesso Dostoevski rivolte, in una lettera del 1867, allo scrittore Apollon Nikolaevič Majkov:

«L’idea, che da molto tempo mi tormenta, è di rappresentare un uomo assolutamente buono. Credo che non ci sia niente di più difficile, soprattutto nella nostra epoca. Il buono è l’ideale e l’ideale, purtroppo, non è di questo mondo. Esiste soltanto un essere assolutamente buono: Cristo. Infatti, la sua venuta nel mondo è frutto di un immenso miracolo, quasi che tutta la terra e la natura stessa con tutte le sue leggi fossero state create unicamente perché quell’essere vi facesse la sua apparizione. La mia idea è, quindi, destinata a fallire in partenza. Tuttavia, non so rinunciare. Se soltanto riuscissi a dare vita e concretezza ad un uomo puro, che restasse tale malgrado le offese del mondo, allora in lui si potrebbe forse riconoscere un ideale simbolo di Cristo.»

Il principe Lev Nikolàevič Myškin ritorna in Russia dopo un lungo soggiorno in Svizzera in una clinica dove si era cercato di guarirlo dall’epilessia. Appresa la notizia della morte di una zia, e ricevuta una lettera nella quale si accenna a un’eredità cospicua, decide di fare ritorno in patria, pur non conoscendo da principio la sua meta finale.Rogòžin e Lèbedev sul treno per Pietroburgo.

Durante il viaggio in treno incontra Parfën Rogòžin, uno dei figli di un ricco mercante morto da poco tempo: anche Parfën sta tornando a casa per reclamare l’eredità che gli spetta, una parte dei due milioni di rubli lasciati alla morte del genitore. Accanto a Rogòžin siede il funzionario Lèbedev, un uomo che sembra conoscere molti personaggi di Pietroburgo.

Interrogato dai due, il principe, che appare umile anche a causa di un modesto fagotto che è l’unico bagaglio che porta con se, rivela di essere un Myškin, un’antica famiglia di cui rimangono soltanto due eredi: lui e la moglie del generale Epančin. Nella conversazione tra i tre, spunta fuori il nome della giovane e bellissima Nastàs’ja Filìppovna, della quale Rogòžin è follemente innamorato.

Giunto a casa di Elizavèta Prokòf’evna, il principe si intrattiene per qualche minuto col generale Epančin, il quale prima gli offre un posto di lavoro da 25 rubli al mese e poi, in tutto segreto, gli mostra il ritratto della possibile futura sposa del suo consigliere Gavrìla Ardaliònovič: la donna nel ritratto è Nastas’ja Filìppovna. Epančin invita il principe a rimanere per la colazione per poter conoscere sua moglie Elizavèta, e le sue figlie Adelaìda e Aglàja[2].

Durante la colazione, il principe racconta della sua esperienza in Svizzera, del suo amore puro per i bambini (in particolare per una ragazzina di nome Maria) e, infine, narra un aneddoto molto struggente che aveva coinvolto un uomo condannato alla pena di morte e graziato, proprio davanti ai suoi occhi. Anche con le donne il principe ha modo di parlare di Nastas’ja Filìppovna. Quando, infatti, dichiara ad Aglàja che la sua bellezza incute quasi paura ed è enigmatica, la paragona ingenuamente a Nastas’ja, della quale ha visto un ritratto pochi minuti prima nell’ufficio del generale. Dal momento che il principe non ha casa a Pietroburgo, il generale chiede a Gavrìla di offrirgli una delle sue camere. Gavrìla lo accompagna allora a casa sua.

L’idiota (in russo: Идио́т, Idiót) è un romanzo di Fëdor Dostoevskij. Considerato uno dei massimi capolavori della letteratura russa, vuole rappresentare “un uomo positivamente buono”, un Cristo del XIX secolo.

L’opera ha avuto diversi adattamenti teatrali, cinematografici e televisivi. Nel corso del romanzo è più volte citato e discusso dai personaggi il quadro Il corpo di Cristo morto nella tomba di Hans Holbein il Giovane. Dostoevskij aveva visto il dipinto nel 1867 a Basilea e ne era rimasto fortemente impressionato.

La stesura fu contemporanea all’esilio dello scrittore, dovuto ai debiti: ebbe inizio a Ginevra nel settembre del 1867, proseguì a Vevey (sul lago di Ginevra), a Milano, e terminò nel gennaio del 1869 a Firenze. Una targa al numero 22 di Piazza de’ Pitti ricorda la permanenza dell’autore nel palazzo per quasi un anno. L’opera nel frattempo uscì a puntate a partire dal 1868 sulla rivista Russkij vestnik (il Messaggero russo), mentre in forma unica fu presentata l’anno successivo.

In una lettera[1] del 1867 indirizzata allo scrittore Apollon Nikolaevič Majkov Dostoevskij descrisse il nucleo poetico del romanzo a cui stava lavorando:

«Da tempo mi tormentava un’idea, ma avevo paura di farne un romanzo, perché è un’idea troppo difficile e non ci sono preparato, anche se è estremamente seducente e la amo. Quest’idea è raffigurare un uomo assolutamente buono. Niente, secondo me, può essere più difficile di questo, al giorno d’oggi soprattutto.»

È importante sottolineare come l’aggettivo buono usato nella lettera fosse nell’originale russo prekrasnyj, che indica lo splendore della bellezza e della bontà insieme. Nel libro viene detto che il principe personifica la bellezza e la grandezza caratteriale

Parte III

Aglaja chiede appuntamento al principe, e così pure Nastas’ja, il cui nuovo obiettivo è far sposare Aglaja e Myškin. Rogožin, credendo all’amore di Myškin per Aglaja, è tranquillo. L’idiota

Il nichilista Ippolìt legge a Myškin, Rogožin, Kolja, Keller e vari altri la sua lettera di addio al mondo. Successivamente cerca di spararsi, ma la pistola non funziona a causa della mancanza della capsula e Ippolit sviene. Non è chiaro se si tratti solo di una messinscena o se il ragazzo volesse davvero uccidersi. L’idiota

Myškin incontra Aglaja, la quale vuole fuggire all’estero perché si vergogna della sua famiglia. Il principe le parla del suo amore per Nastas’ja, che in realtà è solo tenera pietà ma egli rivela anche il turbamento che Nastas’ja gli provocó durante il periodo trascorso a Mosca. Aglaja gli rivela come Nastas’ja voglia farla sposare con lui (credendo che solo in questo modo il principe possa essere felice) e Myškin si adopera per far smettere lo scambio di lettere fra le due. L’idiota