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“Ho trovato vera pace”. La storia di Angelo, dalle missioni all’estero a predicatore di pace

“Ho trovato vera pace”. La storia di Angelo, dalle missioni all’estero a predicatore di pace

La pace è stato il leitmotiv della vita di Angelo, 61 anni della provincia di Bologna. Quattro “missioni di pace” come 1° Maresciallo aiutante nell’Esercito Italiano: nei Balcani, in Iraq e in Afghanistan. Il 24 luglio 2022 Angelo, che due anni fa si è congedato dalla carriera militare, si è battezzato come Testimone di Geova nel corso del congresso del 2022 dal tema più che mai pertinente “Cercate la Pace”.

“Avevo 18 anni quando iniziai a frequentare la Facoltà di Medicina e Chirurgia. A 22 anni lasciai gli studi per arruolarmi nelle Forze Armate come infermiere. A Bologna mi specializzai come Infermiere di Area Critica e Formazione Sanitaria. In quel frangente incontrai quella che poi sarebbe divenuta mia moglie. La mia prima missione all’Estero, come supporto logistico sanitario, fu nell’area del Kosovo nel 2002. Poi nel 2004 in Iraq, nel 2008 e nel 2011 in Afghanistan. Il mio compito era prendermi cura dal punto di vista medico e sanitario degli uomini della compagnia militare in missione. Poi chiaramente mi dedicavo alle persone sofferenti del posto con le cure mediche, i vaccini e assistenza sanitaria in generale. Purtroppo ho visto povertà, miseria e atrocità un po’ dappertutto”.

Espressioni come Peace Keeping, Peace Building e Peace Enforcement sono divenute note negli ultimi decenni anche all’uomo della strada, che ne ha sentito parlare spesso in Tv o sui giornali. Si tratta di contingenti militari internazionali composti da professionisti, incaricati di mantenere o consolidare un equilibrio politico/militare che si è instaurato dopo un conflitto, anche con l’uso delle armi.

“Mi è capitato di cooperare spesso con colleghi inglesi e spagnoli in buona armonia. Ho visto tanta gente ben intenzionata all’interno dei contingenti impegnarsi molto per dare una mano alla stabilità politica e sociale di quelle zone martoriate dai conflitti. Nell’immediato alcuni obiettivi sono anche stati raggiunti con successo. Se osservo adesso la situazione in quei Paesi a distanza di anni, devo ammettere che purtroppo disordini e ostilità sono tornati anche in alcune zone dove abbiamo operato come forze di pace”.

Il rapporto di Angelo con la religione è stato in parte controverso. “Facevo fatica a capire come fosse possibile benedire le armi, cosa che avevo visto fare con i miei occhi da alcuni cappellani militari. Mi faceva un certo effetto anche veder circolare copie della Bibbia rivestite di mimetica militare. La cosa mi sembrava in contrasto con ciò che sapevo di Gesù e del Vangelo”.

Durante la permeanza in Italia, tra una missione e un’altra, Angelo riflette sul messaggio biblico che i Testimoni di Geova diffondono al pubblico. “Erano sempre vivi il mio bisogno spirituale e la ricerca di una spiegazione sul perché delle sofferenze dell’umanità. Ricordo che durante la missione in Iraq ‘Antica Babilonia’, pensavo a quello che dice la Bibbia sul Patriarca Abramo e alla sua fede nell’ubbidire ai comandi del Signore quando si trovava proprio dove ero io!”.

“Decisi di approfondire lo studio della Bibbia. Col tempo imparai che la pace non si raggiunge affidandosi agli sforzi umani, ma applicando i principi biblici. Compresi anche perché esistono le guerre e che un giorno avranno fine. Ricordo che analizzai molti dei messaggi dei Profeti biblici e dell’Apocalisse, che inquadravano il tempo in cui viviamo come uno dei più terribili della storia umana, ma anche quello con una speranza di un cambiamento finalmente in meglio”.

Dal giorno del suo battesimo, Angelo ha intrapreso un altro tipo di missione: “Mi sono sempre occupato di formazione sanitaria all’interno dell’esercito. Ora mi sento un soldato ma di Gesù, pronto ad aiutare gli altri in una specie di “rianimazione spirituale” del prossimo. E lo faccio insieme a mia moglie, divenuta prima di me una Testimone di Geova, come anche le mie due figlie. La Bibbia e il messaggio di speranza che contiene saranno le “uniche armi” che maneggerò per dare conforto alle persone della comunità dove vivo o che incontrerò da adesso in poi.”

Roberto Guidotti

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