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Il film cult nel pomeriggio in TV: “Il Signore degli Anelli – Le Due Torri – Seconda parte” domenica 9 ottobre 2022

le due torri

Il film cult nel pomeriggio in TV: “Il Signore degli Anelli – Le Due Torri – Seconda parte” domenica 9 ottobre 2022 alle ore 14.25 su Italia 1Il Signore degli Anelli – Le due torri (The Lord of the Rings: The Two Towers) è un film colossal del 2002 diretto da Peter Jackson e con Elijah Wood, Ian McKellen, Liv Tyler e Viggo Mortensen.

Tratta dall’omonima seconda parte del romanzo di J. R. R. Tolkien Il Signore degli Anelli, la pellicola è un lungometraggio fantastico seguito de Il Signore degli Anelli – La Compagnia dell’Anello, uscito nel 2001, ed è inoltre il secondo film della trilogia del Signore degli Anelli. Il film è seguito da Il Signore degli Anelli – Il ritorno del re, uscito nel 2003.

Il film è uscito nelle sale negli USA il 18 dicembre 2002, mentre in Italia il film è uscito nelle sale il 16 gennaio 2003.

Proseguendo la trama de La Compagnia dell’Anello, il film segue tre storie :Frodo e Sam continuano il loro viaggio verso Mordor per distruggere l’Unico Anello, accompagnati da Gollum, ex proprietario dello stesso. Aragorn,Legolas, Gimli ed in seguito Gandalf (divenuto Gandalf il Bianco) vanno in soccorso di Rohan, che è pronta alla battaglia con l’esercito di Saruman il Bianco nel Fosso di Helm. Intanto Merry e Pipino, aiutati da Barbalbero, pianificano un attacco a Isengard.

Ha ottenuto vari riconoscimenti, tra cui 2 Premi Oscar nel 2003 su 6 nomination: migliori effetti speciali e miglior montaggio sonoro. Acclamato dalla critica, il film è stato un enorme successo al botteghino, guadagnando oltre 926.000.000 di dollari in tutto il mondo ed è attualmente il 35° film con il maggior incasso cinematografico di tutti i tempi (al netto dell’inflazione, è il 62° film di maggior successo in America del Nord).

La storia riprende dopo la fine della prima parte, La Compagnia dell’Anello.

Le Due Torri – Seconda parte

Capitolo I – Sméagol domato

La storia torna su Frodo e Sam. Dopo la loro fuga dall’accampamento, essi vagano da tre giorni lungo le scabrose pendici degli Emyn Muil, i colli che fanno da confine tra l’Anduin e le terre dell’est. Non esistono sentieri e spesso il loro andirivieni li riporta su strade già percorse; stanno inutilmente tentando di uscire da quelle terre desolate e senza vita, ma ostacoli e difficoltà di ogni tipo si frappongono al loro desiderio.

Come se ciò non bastasse, sanno di essere seguiti da Gollum, che si tiene tuttavia nascosto ed evita ogni contatto.

Una notte, dopo aver disceso, non senza rischi spaventosi, una parete di roccia scabrosa con l’aiuto della corda elfica ricevuta in dono a Lórien (corda che, dopo essere servita per la loro discesa, si slega da sola al richiamo di Sam per ricadere tra le sue braccia), essi riescono finalmente a scorgere la malvagia creatura alle loro spalle, intenta a seguirne le tracce nel buio. Si appostano allora e gli tendono un agguato. È così che Gollum cade prigioniero di Frodo e Sam (non senza aver lottato duramente).

Ormai i due non possono più liberarsi di lui: lasciarlo vorrebbe dire esporsi al pericolo di una sua vendetta, e abbandonarlo legato sarebbe come condannarlo a morte. Per la prima volta, Frodo prova un moto di pietà per la miserabile creatura, ricordando anche le parole di Gandalf sulla pietà di Bilbo, e decide allora di sottoporre Gollum ad una prova: lo libererà dalla corda elfica che lo tortura, se egli giurerà fedeltà al Portatore dell’anello. E Gollum giura. Da quel momento si trasforma in un essere amichevole e (fin troppo) servizievole, accettando di fare loro da guida verso la terra nera di Mordor.

Capitolo II – L’attraversamento delle paludi 

La fedeltà di Gollum si rivela a poco a poco autentica e sincera: egli infatti conduce gli hobbit fuori dal labirinto degli Emin Muil, e li guida sicuro e attento lungo il nuovo minaccioso cammino delle Paludi Morte (Dead Marshes). Queste sono un immenso acquitrino che si stende dai colli dell’Emin Muil fino ai confini di Mordor, a sud del Dagorlad, la terra desolata lungo la quale corre la via diretta per il nero cancello di Mordor. Esse costituiscono il passaggio nello stesso tempo più infido e più protetto verso la terra del Nemico, l’unico che gli orchi non frequentino mai, passaggio scoperto da Sméagol nei suoi disperati vagabondaggi. Nelle acque putride e puzzolenti delle paludi, tempestate da innumerevoli fuochi fatui, si intravedono i pallidi fantasmi di guerrieri antichi, elfi, uomini e orchi: sono i resti spettrali dell’antica battaglia dei Tre eserciti combattuta ai piedi di Mordor alla fine della Seconda Era.

Il cammino è orribile e disperato; bagnati e intrisi dell’insopportabile odore di morte, i viaggiatori si muovono attraverso un sentiero quasi invisibile di erbe scivolose e pozzanghere insidiose. E su di loro, nel cuore di una notte limpida e fredda, si abbatte la minaccia di un Nazgûl sibilante e crudele, che sfreccia nel cielo dalle mura di Mordor verso il fronte dell’ovest, dove gli eserciti di Rohan stanno trionfando.

La fine del viaggio è forse ancora peggiore del suo inizio: ai bordi orientali delle paludi si stendono le pendici avvelenate e desertiche dell’Ephel Dúath, le Montagne dell’Ombra, un vasto deposito di ceneri e rigurgiti velenosi generati dalla mortale polluzione di Mordor e dei suoi eserciti. Ed è in uno dei loro pozzi oscuri che i tre compagni trovano un attimo di riposo: mentre Frodo giace addormentato, all’attento Sam non sfugge un incredibile monologo nel quale la doppia natura di Gollum – Scurrile e Servile – si trova a lottare tra il desiderio dell’anello e quello di preservare l’amicizia del suo nuovo padrone. Ed è lì che Gollum accenna al futuro possibile aiuto che egli potrà ricevere da una misteriosa creatura.

Capitolo III – Il cancello nero è chiuso

Accovacciati su uno sperone di roccia dell’Ephel Dúath, i viaggiatori guardano sorgere l’alba alle spalle del nero cancello di Mordor. Sono a poche centinaia di metri dalla loro terribile meta, nascosti agli sguardi delle minacciose sentinelle, spettatori impotenti dell’enorme forza militare che si concentra tra le braccia rocciose che fiancheggiano l’ultimo tratto di strada che conduce alle porte dell’Oscurità. E sulle strade che da Est conducono al Passo Maledetto, Cirith Gorgor, si snodano gli eserciti dei nuovi alleati di Sauron, i Sudroni (Swertings) provenienti dalle terre meridionali che si stendono oltre il Grande mare.

Frodo appare deciso a dirigersi al cancello, fedele alla missione che un giorno ormai lontano gli è stata affidata dal Consiglio di Elrond, consapevole che il prezzo sarà la morte, e non vuole che nessuno lo segua. Ma Gollum è terrorizzato: egli sa che nessuno può sfuggire all’Occhio di Sauron, e che la conseguenza sarà il ritorno dell’Anello nella mano dell’Oscuro Signore. È così che egli rivela agli hobbit diffidenti l’esistenza di un altro passaggio, segreto e misterioso, in grado di condurli oltre le montagne, nel cuore di Mordor. È la lunga scalinata che più a sud, all’altezza della terribile città morta di Minas Morgul, si inerpica verso il passo di Cirith Ungol. Frodo non sa se fidarsi o meno dei consigli ambigui della loro guida. Egli invoca dentro di sé la perduta guida di Gandalf, e non immagina che nello stesso istante lo stregone, a colloquio con Saruman, sta proprio pensando a lui. Ed è forse proprio questo segreto legame spirituale che ispira nell’hobbit una nuova determinazione: seguirà il consiglio di Gollum e prenderà la strada da lui consigliata.

Capitolo IV – Erbe aromatiche e Stufato di coniglio

La nuova tappa del viaggio di Frodo, Sam e Gollum attraversa la regione dell’Ithilien, una vallata ancora viva e verdeggiante, che in tempi più felici era considerata il giardino di Gondor. Costellata di boschi di conifere profumate e di macchie di erbe aromatiche, essa dona agli Hobbit una pausa di inattesa serenità.

Come al solito essi devono viaggiare di notte, poiché l’Occhio è sempre vicino e instancabile. E in una pausa mattutina, l’affamato Sam convince Gollum a cacciare per loro qualche coniglio. Ottenuto ciò che voleva, il fedele hobbit cucina la tenera selvaggina accendendo un piccolo fuoco, da cui, contro le sue intenzioni, si alza presto un sottile filo di fumo. Sarà proprio quel piccolo segnale che attirerà sugli hobbit l’attenzione di una pattuglia di soldati di Gondor mandati a sabotare gli eserciti provenienti dal sud.

Frodo e Sam (Gollum si è abilmente sottratto) sono prigionieri del Capitano Faramir, che apprende con profonda emozione della loro amicizia con Boromir, suo fratello. Ma i nemici si avvicinano e i soldati sono impegnati in una breve ed intensa battaglia contro le loro retroguardie. Ed è così che Sam fa l’amara esperienza di una guerra, quando il corpo straziato di un Sudrone precipita ai suoi piedi; così come può provare la soddisfazione di vedere da vicino un Olifante, un enorme bestione da guerra che corre imbizzarrito a pochi passi da lui.

Capitolo V – La finestra a occidente 

Terminata la battaglia, Faramir inizia l’interrogatorio di Frodo, ma ben presto si rende conto della sincerità dell’hobbit e di un inquietante mistero di cui è portatore. Per questa ragione decide di condurre lui e Sam nel rifugio segreto di Henneth Annûn, la Finestra del Tramonto, dove potrà continuare indisturbato il suo colloquio con gli Hobbit. Henneth Annun è una caverna ricavata deviando l’antico corso di una cascata, che ora è divenuta una barriera impenetrabile utile a proteggere la segretezza del luogo. In quella caverna i soldati di Gondor transitano durante le loro spedizioni segrete nell’Ithilien, trovandovi ristoro e riposo. Ed è lì che continua il dialogo tra Frodo e Faramir, dialogo durante il quale il capitano di Gondor apprende le tragiche avventure della Compagnia dell’anello. E proprio durante il colloquio, Sam si lascia scappare, affascinato dalla personalità di Faramir, il segreto dell’Anello.

È questa una delle pagine più alte di tutto il romanzo: il giovane condottiero si rivela un uomo di profonda saggezza e compassione umana, e di fronte alla terribile tentazione dell’Anello – lo stesso per cui suo fratello ha trovato la morte – egli supera la prova dando testimonianza di fedeltà al suo destino e di intima adesione agli stessi principi che stanno portando Frodo all’estremo sacrificio della vita. Frodo stesso può dunque abbandonarsi fiducioso tra le amichevoli braccia del capitano, rivelando con disperata stanchezza il terribile compito di cui si è fatto carico.

Capitolo VI – Lo stagno proibito 

Verso l’alba Faramir fa alzare Frodo dal suo giaciglio per mostrargli una inquietante novità: Gollum si è infiltrato nel rifugio segreto, e sta nuotando nello stagno creatosi ai piedi della cascata in cerca di pesci. Il suo destino è segnato: la legge di Gondor infatti condanna a morte chiunque infranga il segreto di Henneth Annun. Ma Frodo intercede per lui e ottiene che gli venga risparmiata la vita, ponendosi come suo protettore e garante. È così che Faramir concede a Frodo di continuare il suo drammatico viaggio, sotto la guida di Gollum. Dopo averli nominati Amici di Gondor e suoi personali, Faramir carica gli hobbit di provviste fresche e li riconduce sul sentiero abbandonato il giorno prima. Lì si separano, consapevoli che forse mai più potranno rivedersi da vivi.

Capitolo VII – Viaggio sino al crocevia 

Il viaggio dunque riprende. Ma qualcosa nel mondo è cambiato: una nube minacciosa e imponente avanza da est, dal cuore di Mordor, oscurando tutto il cielo e privando l’aria di freschezza e di vita. Sui boschi dell’Ithilien è calato un silenzio mortale. È la tempesta che Sauron sta portando nel cuore del regno di Gondor, in attesa dell’assalto alla rocca di Minas Tirith.
Oppressi dall’angoscia e dalla fatica, i tre viaggiatori costeggiano oscure foreste, addentrandosi verso sud est; la meta è un crocevia nel quale si incontrano le strade che conducono, a sud verso il mare lontano, a ovest verso le rovine della città di Osgiliath, una volta capitale di Gondor e ora terra di conquista degli orchi, e a est verso la valle maledetta di Minas Morgul, la torre degli spettri.

Lì giunti, gli Hobbit hanno una sorpresa: nel centro del crocevia si erge una imponente statua di pietra, memoria degli antichi re di Gondor; la sua testa è stata recisa, sostituita con una pietra deforme oscenamente imbrattata, e giace abbandonata su un lato della via. Ma l’ultimo raggio di sole, tramontando sotto il tombale tetto di nuvole che ha ormai oscurato tutto l’occidente, va a cadere proprio sulla testa del re, rivelando che essa è coronata di un intreccio di fiori rampicanti bianchi e oro. Come un auspicio di tempi che furono, o di speranze future, la visione rianima gli Hobbit, e Frodo può esclamare: “non possono conquistare per sempre!”.

Capitolo VIII – Le scale di Cirith Ungol

Lasciato il crocevia, li aspetta l’imbocco nella valle maledetta di Minas Morgul, la Torre degli spettri. Essa si incunea serpeggiando nel cuore dell’Ephel Dúath, immersa in un’oscurità perenne e nebbiosa, rotta dall’inquietante chiarore spettrale della torre della rocca che una volta, sotto i re di Gondor, prendeva il nome di Minas Ithil. Gemella lunare della torre di Minas Tirith, Minas Ithil era stata conquistata dalle forze dell’oscurità nell’epoca in cui Sauron, cacciato dalla foresta di Bosco Atro (Mirchwhood), era rientrato in Mordor. Da allora essa ospita il nero re degli stregoni di Angmar, lo stesso che – in una lontana notte di ottobre – ha pugnalato Frodo su Collevento.
Ai lati della strada che conduce al cancello della fortezza si stendono prati neri costellati di fiori bianchi come ossa, emananti un intenso fetore di morte. E proprio davanti al bivio, Frodo è catturato da un incantesimo mortale che lo conduce, trotterellando istupidito, verso l’ingresso della torre mortale, non fosse per Sam che riesce a strapparlo alla oscura malia.

Sulla parte sinistra della strada si apre una spaccatura nella roccia lungo all’interno della quale corre un sentiero stretto e pietroso: è, come indicato da Gollum, la strada a scalini che si inerpica verso un valico nascosto e abbandonato della valle, il valico di Cirith Ungol. Ma i viaggiatori hanno appena imboccato il sentiero, che il nero cancello della Torre si apre, vomitando un esercito immenso di uomini e orchi guidato dal re degli spettri in persona. Per un attimo, il richiamo dell’anello attira l’inquieta attenzione del nemico, costringendo Frodo a lottare nuovamente contro la tentazione di infilarselo; ma la guerra non attende e l’esercito riprende il cammino verso la conquista di Osgiliath.

Per i tre compagni riprende dunque il cammino, ovvero la straziante salita lungo la pericolose ed oscure scale che, per centinaia e centinaia di metri, si inerpicano verso le creste montagnose che segnano il confine occidentale di Mordor. La fatica è improba, peggiorata dal vento freddo e aggressivo che scende dalle cime sovrastanti, e dalla minaccia di baratri invisibili che accompagnano l’ascesa nel cuore della notte. Poche sono le occasioni di riposo, e in una di queste, Sam e Frodo rinsaldano, con parole di rara bellezza, la profonda consapevolezza del significato che ricopre il loro destino nell’infinito scorrere della storia del mondo: « […] noi non saremmo qui, se avessimo avuto le idee un po’ più chiare prima di partire. Ma suppongo che accada spesso. Penso agli atti coraggiosi delle antiche storie e canzoni, signor Frodo, quelle ch’io chiamavo avventure. Credevo che i meravigliosi protagonisti delle leggende partissero in cerca di esse, perché le desideravano, essendo cose entusiasmanti che interrompevano la monotonia della vita, uno svago, un divertimento. Ma non accadeva così nei racconti veramente importanti, in quelli che rimangono nella mente. Improvvisamente la gente si trovava coinvolta, e quello, come dite voi, era il loro sentiero. Penso che anche essi come noi ebbero molte occasioni di tornare indietro, ma non lo fecero. E se lo avessero fatto noi non lo sapremmo, perché sarebbero stati obliati. Noi sappiamo di coloro che proseguirono, e non tutti verso una felice fine, badate bene; o comunque non verso quella che i protagonisti di una storia chiamano una felice fine. Capite quel che intendo dire: tornare a casa e trovare tutto a posto, anche se un po’ cambiato… come il vecchio signor Bilbo. Ma probabilmente non sono quelle le migliori storie da ascoltare, pur essendo le migliori da vivere! Chissà in quale tipo di vicenda siamo piombati!» «Chissà – disse Frodo -. Io lo ignoro. E così accade per ogni storia vera. Prendine una qualsiasi fra quelle che ami. Tu potresti sapere o indovinare di che genere di storia si tratta, se finisce bene o male, ma la gente che la vive non lo sa, e tu non vuoi che lo sappia». « […] Ma signore, non vi avevo mai pensato prima! Noi… voi avete parte della luce del Silmaril nella fiala che vi donò la Dama! Pensandoci bene, apparteniamo anche noi alla medesima storia, che continua attraverso i secoli! Non hanno dunque una fine i grandi racconti?».

Ma è proprio al termine del loro colloquio che i due hobbit si accorgo dell’assenza di Gollum, un’assenza che si protrae ormai da ore, inspiegabile data la natura inospitale dei luoghi. Ma il sonno li coglie, e quando si risvegliano, Gollum è di nuovo lì, pronto a condurli verso la tappa finale del viaggio verso Mordor.

Capitolo IX – La tana di Shelob

Alla fine delle scale, ai piedi di una immensa parete di roccia nera, si apre un tunnel, l’ultimo pezzo di strada che conduce nel regno di Sauron. Dalla nera imboccatura emana un fetore insopportabile di marciume putrescente, ma Gollum è categorico: chi vuole entrare inosservato nella Terra Nera non ha altra via che quella. E Frodo la imbocca, consapevole che, quali che siano gli scopi di Gollum, almeno in questo egli ha ragione.

Gli Hobbit vengono immediatamente avvolti da un’oscurità più profonda di qualunque notte maledetta e senza stelle: un’oscurità densa e incombente come l’odore immondo che li aggredisce togliendo loro non solo il fiato ma anche la forza di volere e di pensare. La galleria si inerpica lungo una strada liscia e dritta, come un’opera umana voluta per qualche scopo ormai dimenticato. Ogni tanto, ai due lati, lungo le pareti anch’esse lisce, si aprono altri passaggi, più stretti e altrettanto oscuri; e man mano che proseguono, la puzza aumenta, assieme alla inquietante presenza di strane escrescenze dondolanti dal soffitto, flessibili come liane.

Essi giungono così al punto di massima intensità del buio e del fetore: una grande apertura da cui emana una malvagità quasi inconcepibile, che per un attimo paralizza la loro volontà. Con uno sforzo immenso gli hobbit riescono tuttavia a riprendere il cammino; ma qualcosa ora li minaccia alle spalle. Un sibilo velenoso, un rumore di giunture li insegue. Sam si rammenta improvvisamente del dono di Galadriel per Frodo, la fiala d’acqua attinta allo specchio in cui si riflette la luce di Eärendil, stella del vespro. E Frodo la estrae. Ai loro occhi appare l’essere più mostruoso che si possa immaginare: un immenso ragno, dagli occhi a grappoli in cui brilla una luce velenosa di avida malignità, pronto a balzare su di loro. Più per disperazione che per coraggio o convinzione, Frodo e Sam innalzano le loro spade e la luce di Eärendil di fronte al mostro, che, colpito per la prima volta nella sua lunga esistenza da tanto coraggio e da una simile luce elfica, è costretto momentaneamente a indietreggiare.

L’immondo ragno non è altri che Shelob, la figlia del mostro aracnideo Ungoliant creato dalla malvagità di Melkor nella Prima Era durante la guerra contro gli elfi di Valinor. Essa giace nel proprio putridume da un infinito numero di anni, indisturbata, indifferente persino al potere di Sauron, il quale la utilizza come guardiana dei suoi confini. Ma ora Frodo e Sam hanno momentaneamente via libera, e corrono disperatamente verso l’uscita del tunnel, che superano dopo aver tagliato l’ultima immensa ragnatela che la chiude. E Frodo, colto da una irresistibile frenesia di salvezza, non più consapevole di dove si trova, esce correndo e urlando dalla tana, lungo il sentiero che conduce all’ultimo valico verso Mordor, valico sovrastato da una minacciosa e vigile torre di guardia. E mentre corre, da un’uscita secondaria sbuca nuovamente Shelob, frapponendosi tra Frodo e Sam. Sam cerca di correre in aiuto del suo padrone, ma qualcosa lo afferra alla gola: è Gollum, ormai convinto che il suo piano sia perfettamente riuscito e pronto a vendicarsi delle umiliazioni subite dall’hobbit “grasso”. Nella lotta furibonda che ne segue ha la meglio Sam, e Gollum è costretto a darsi alla fuga, ma il destino ha fatto il suo corso.

Capitolo X – Messer Samvise e le sue decisioni

Frodo è stato colpito alle spalle dal morso di Shelob, e giace a terra già avvolto nella bava filosa del mostro. È l’ora dunque per Samvise Gamgee di dimostrare l’estremo coraggio e fedeltà di cui è capace: egli ingaggia con Shelob una lotta mortale, e la ferisce gravemente nel ventre costringendola a fuggire. Ma Frodo giace senza vita ai suoi piedi e una nera disperazione cade nella mente ottenebrata di Sam. In preda al dubbio e al furore, egli non sa quale sia la decisione migliore: morire assieme all’amato padrone o portare a termine il compito impossibile di distruggere l’anello. Dopo lunghi momenti trascorsi tra lacrime e dubbi, Sam dunque si rassegna a ciò che appare al momento più utile: continuare il viaggio. Toglie così l’anello dal collo di Frodo e si allontana, dopo aver composto il corpo dell’hobbit e aver sostituito la sua spada con Pungolo, certamente più utile ora a lui.

Sam dunque indossa l’anello e si avvia verso il valico alla volta della nera torre di guardia. Ma qualcosa lo blocca: voci di orchi provengono sia di fronte a lui che alle sue spalle. Le grida di Frodo e i rumori della lotta hanno risvegliato l’attenzione delle guardie del valico, che ora si affrettano a intercettare gli invasori. Protetto dall’anello, Sam può vedere e udire tutto ciò che gli orchi si dicono: scopre dunque che da giorni si sapeva delle manovre di Gollum con Shelob, e che il loro ingresso non era passato inosservato. Ma soprattutto, egli scopre che Frodo non è morto: come dice Shagrat, il capo delle guardie della torre, Shelob non uccide le sue vittime ma le paralizza momentaneamente, per goderne poi il sangue e la carne ancora freschi a suo piacimento. Ora dunque Frodo è condotto dagli orchi lungo i sottopassaggi del valico verso i sotterranei della torre di guardia, e Sam è costretto a inseguire disperato e affannato, prendendola con se stesso per la sua ingenuità. Ma gli orchi sono troppo veloci per lui, e prima che egli possa raggiungerli, essi si rinserrano dietro i cancelli fortificati della fortezza, lasciandolo fuori solo nell’oscurità. Frodo è vivo, ma prigioniero del nemico.

Regia di Peter Jackson

Con: Elijah Wood, Ian McKellen, Liv Tyler e Viggo Mortensen

Fonte: WIKIPEDIA