domenica, Maggio 12, 2024
Home > Anticipazioni TV > Anticipazioni per il Grande Teatro di Mauriac in TV del 2 settembre alle 16.30 su Rai 5: “Amarsi male”

Anticipazioni per il Grande Teatro di Mauriac in TV del 2 settembre alle 16.30 su Rai 5: “Amarsi male”

amarsi male

Anticipazioni per il Grande Teatro di François Mauriac in TV del 2 settembre alle 16.30 su Rai 5: “Amarsi male” – Per il Grande Teatro di François Mauriac in TV andrà in onda oggi sabato 2 settembre alle 16.30 su Rai 5 il dramma “Amarsi male” scritto dall’autore nel 1945, nella versione trasmessa sulla Rai nel gennaio 1968 con la regia di Mario Ferrero.

Interpretazione di Antonio Fattorini, Aroldo Tieri, Giuliana Lojodice, Ludovica Modugno ed Ilaria Caputi.

Mauriac, scrittore e giornalista francese, premio Nobel per la letteratura nel 1952, dipinge a tinte forti I sopprusi affettivi di un padre, possessivo e ferito dal fallimento familiare di cui è stato artefice, che finisce per rovinare la vita delle due figlie, facendone delle rivali.

Amarsi male (Les Mal-aimés) è un’opera teatrale in tre atti di François Mauriac creata il 1 marzo 1945 alla Comédie-Française di Parigi, diretta da Jean-Louis Barrault.

Questa commedia è stata scritta da Mauriac durante gli anni della guerra a partire dal 1939. La commedia ha debuttato il 1 marzo 1945 alla Comédie-Française in una messa in scena di Jean-Louis Barrault1. Il testo di Les Mal-aimés fu pubblicato nel 1945 dalle edizioni Grasset.

François Charles Mauriac (Bordeaux11 ottobre 1885 – Parigi1º settembre 1970) è stato uno scrittoregiornalista e drammaturgo francese.

Membro del seggio 22 dell’Académie française dal 1933 al 1970, istituzione che gli assegnò nel 1926 il Grand Prix du Roman; collaborò per il quotidiano Le Figaro e fu decorato con la Legion d’onore.

Nel 1952 vinse il Premio Nobel per la letteratura con la seguente motivazione:

«per il profondo spirito e l’intensità artistica con la quale è penetrato, nei suoi romanzi, nel dramma della vita umana[1]».

Nacque in una famiglia composta di cinque fratelli, un padre agnostico e repubblicano, e una madre, Claire, cattolica, che rimasta vedova all’età di ventinove anni educò i figli alla religione. Mauriac studiò al Grand-Lebrun diretto dai religiosi Marianisti e mostrò una grande passione per alcuni grandi autori francesi, come PascalBaudelaireBalzac e Racine.

Il suo esordio avvenne grazie ad un articolo scritto per La vie fraternelle, voce del movimento cattolico Sillon, di impronta operaia e popolare. Ottenuta la licence in lettere nel 1906, si trasferì a Parigi per partecipare al concorso all’École des Chartes, che vinse e che gli aprì la carriera di insegnante.

Ma nel 1909 decise di dedicarsi anima e corpo alla letteratura, pubblicando la raccolta di poesie intitolata Les mains jointes (1909), seguita dal romanzo L’enfant chargé de chaînes. Già in queste prime opere si delineò l’ispirazione religiosa anche se i toni furono ancora sfumati. Nel 1913 si sposò con Jeanne Lafon e, dopo l’inizio della prima guerra mondiale, ottenne l’esenzione dal servizio militare per motivi di salute.

In quegli anni Mauriac si dedicò con passione anche all’attività di giornalista, collaborando con Gaulois e Le Figaro e si impegnò come promotore di un manifesto destinato ai cattolici affinché si dissociassero dal franchismo.[2] In romanzi come Il bacio al lebbroso (1922), Thérèse Desqueyroux (1927), Groviglio di vipere (1932), si fece denunciatore spietato e giudice intransigente di sentimenti quali avariziaorgoglioodiosensualitàaviditàmaterialismo e brama di dominare, che travolgono la borghesia di provincia, lontana da ogni possibilità di riscatto.

Temi che permeano anche la sua produzione teatrale: ricordiamo Asmodeo del 1937 al quale fecero seguito Amarsi male (Mal aimés, 1945) e Passaggio del diavolo (Le passage du Malin, 1947), Il fuoco sulla terra (Le feu sur la terre, 1950). Mauriac mise il cattolicesimo, il moralismo ed il fariseismo alla base della sua opera. Egli critica il grigio mondo borghese in nome di valori religiosi, ma non esita a contrapporre alla rinuncia cristiana l’istintivo impulso a una vita piena.

Soprattutto al centro della sua disamina critica, vi furono la famiglia e i rapporti famigliari, presi come riferimento emblematico per il degrado e il deterioramento dei valori e del senso della vita. Il pessimismo cronico di Mauriac si rivelò necessario per evidenziare il carattere mostruoso dei suoi personaggi, che l’autore ritiene presenti in ognuno di noi. Assieme a Georges BernanosKarl BarthMaritain e Gabriel Marcel, redasse articoli per la rivista Temps présent.

Ai personaggi avvolti in una nube di zolfo dei romanzi, egli alternò ritratti più distaccati in saggi critici su Jean RacineBlaise PascalGesù. Numerosi furono pure i suoi studi sui problemi psicologici del credente, tra i quali Sofferenza e gioia del cristiano (1931), Brevi saggi di psicologia religiosa (1933), così come fondamentali risultarono i suoi saggi dottrinali Giovedì Santo (1931) e La pietra dello scandalo (1948). Negli stessi anni Quaranta si distinse come editorialista di punta del quotidiano Le Figaro, sulle cui colonne firmò articoli fino al 1949.

Durante la seconda guerra mondiale si oppose al governo di Vichy e si avvicinò alle posizioni del generale Charles de Gaulle, al quale dedicherà un’opera biografica intitolata De Gaulle.[2] Tuttavia, nel 1945, prese le difese degli scrittori collaborazionisti («les écrivains vichystes et “collabos” menacés du peloton d’exécution»), come il fascista Robert Brasillach[3]. Ciò gli valse, da parte del foglio satirico-politico Canard enchaîné il soprannome di “Saint Françoise des Assises”.[4]

Per lo stile fluido e ricco di immagini, per la coerenza e dirittura morale ma soprattutto perché trattò temi universali, gli fu conferito il premio Nobel per la letteratura del 1952.

Nel maggio 1955 Mauriac stimolò Elie Wiesel a scrivere delle sue esperienze di internato nei campi di concentramento nazionalsocialisti di Auschwitz e Buchenwald – tale pressione portò Wiesel a pubblicare, nel 1958, una delle sue opere più famose: La notte. Si schierò per la decolonizzazione dell’Algeria.

Sul fronte giornalistico, portò avanti l’attività di chroniqueur per il settimanale L’Express e, successivamente, ritornò a scrivere per Le Figaro Littéraire.

Rigettò il surrealismo e il dadaismo; si oppose all’esistenzialismo (“escremenzialismo sartriano”) e si mantenne estraneo allo strutturalismo e al nouveau roman.[5]

Nelle sue opere, la “carne” è emblema del peccato originale: la libertà sessuale, per Mauriac, coincide con il “male supremo” e la donna è una “straniera” che appartiene “a un’altra razza”, in quanto “il sesso ci separa più di due pianeti”.[5]

Jean-Paul Sartre ha descritto Mauriac con queste parole:

«I romanzi li scrivono gli uomini per gli uomini. In un’ottica divina che trafigge le apparenze senza arrestarsi, non esiste romanzo, non esiste arte, perché l’arte vive di apparenze. Dio non è un artista; lui nemmeno.[6]»

Foto interna ed esterna: https://www.youtube.com/watch?app=desktop&v=IVoBhBvbQTw