Anticipazioni per il Grande Teatro di Bontempelli in TV del 13 dicembre alle 15.50 su Rai 5: “Nostra dea” – Per il Grande Teatro di Massimo Bontempelli in TV andrà in onda oggi pomeriggio mercoledì 13 dicembre alle 15.50 andrà in onda su Rai 5 la commedia surrealista “Nostra Dea” proposta nella versione televisiva trasmessa dalla Rai nel settembre 1972 con la regia di Silverio Blasi e l’interpretazione di Rossella Falk, Carlo Giuffrè, Enrica Bonaccorti, Mariolina Bovo, Leda Negroni e Sergio Fantoni.
Dea è una donna stravagante e misteriosa che si diverte ad affascinare tutti gli uomini che incontra: peccato che la sua personalità muti in base all’abito che indossa – regia Silverio Blasi con Mariolina Bovo, Leda Negroni, Rossella Falk
Nostra Dea è un’opera teatrale di Massimo Bontempelli scritta, pubblicata e rappresentata nel 1925.
Rappresentazioni
- Nostra Dea ha debuttato al Teatro Odescalchi di Roma il 22 aprile del 1925 con la Compagnia del Teatro d’Arte di Luigi Pirandello. Gli interpreti erano Marta Abba (Dea), Lamberto Picasso (Vulcano), Enzo Biliotti (Marcolfo), Lia Di Lorenzo (Contessa Orsa), Gina Graziosi (Donna Fiora), Egisto Olivieri (Medico), Gino Cervi (Dorante), Luisa Maria Fossi (Anna), Maria Morino (Nina), Francesco Gennaro (Eurialo). Scenografie, futuriste, di Virgilio Marchi, musiche di Massimo Bontempelli.
- Prima rappresentazione televisiva il 29 settembre 1972, regia di Silverio Blasi, scene di Franco Dattilo, costumi di Maurizio Monteverde, musiche di Bruno Nicolai. Interpreti: Rossella Falk (Dea), Enrica Bonaccorti (Nina), Mariolina Bovo (Anna), Sergio Fantoni (Vulcano), Carlo Giuffré (Marcolfo), Paolo Carlini (Dottore), Leda Negroni (Contessa Orsa), Solvejg D’Assunta (Donna Flora), Manlio Guardabassi (Eurialo), Renato De Carmine (Dorante), Roberto Pescara, Claudia Poggiani, Gabriella Gabrielli, Barbara Francia, Claudia Ricatti[1
Massimo Bontempelli (Como, 12 maggio 1878 – Roma, 21 luglio 1960) è stato uno scrittore e saggista italiano.
Accanto ai suoi amici Alberto Savinio e Giorgio De Chirico, ha rappresentato il tentativo di un’adozione degli esperimenti surrealistici nell’arte italiana, che definì realismo magico.
«Le parole non sono belle. Le lingue non sono belle. La creta bella non esiste; la creta è fango, è sporca. Così le parole. Le parole generano il “letterato”, pseudo-uomo, antipoeta: la più ridicola genia che l’umanità abbia conosciuta. Temo che l’Italia sia la nazione che ne ha prodotti in maggior copia. Speriamo che stia esaurendoli.»
(Massimo Bontempelli, L’avventura novecentista, III. Consigli)
Massimo Bontempelli nasce a Como da Alfonso e Maria Cislaghi: il padre è ingegnere delle Ferrovie dello Stato e per motivi di lavoro si trasferisce frequentemente con la famiglia in altre città. Massimo frequenta il R. Liceo Ginnasio Giuseppe Parini di Milano – dove il suo insegnante di lettere è Alfredo Panzini – e nel 1897 consegue la maturità ad Alessandria.
Frequenta la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Torino, allievo di Arturo Graf e di Giuseppe Fraccaroli, laureandosi nel 1902 in Filosofia con una tesi sul libero arbitrio e poi in Lettere con una ricerca sulle origini dell’endecasillabo. Ottenuto un incarico nelle scuole medie, insegna Lettere a Cherasco e poi ad Ancona. A partire dal 1904 pubblica una serie di raccolte di poesie e di racconti, oltre che una tragedia in versi, Costanza, e una commedia, Santa Teresa, tutte opere di carattere classicista poi rinnegate. Nel 1909 sposa Amelia Della Pergola (1886-1977), dalla quale ha una figlia, morta pochi mesi dopo, e il figlio Massimo (1911-1962).
Lasciato l’insegnamento nel 1910 e stabilitosi a Firenze, Bontempelli lavora come giornalista per Il Marzocco, La Nazione, la Nuova Antologia, il settimanale Le Cronache letterarie, Il Nuovo Giornale, Il Fieramosca e Corriere della Sera, oltre che per la Casa editrice Sansoni, per la quale cura i libri scolastici Il Poliziano e il Magnifico (1910) e le Prose di fede e di vita nel primo tempo dell’Umanesimo (1914). Fa parte dei circoli carducciani, che polemizzano con la nuova critica crociana: suoi articoli già pubblicati nelle Cronache letterarie sono compresi nell’opera miscellanea pubblicata nel 1911 Polemica carducciana, mentre l’anno dopo pubblica i racconti Sette Savi.
Nel 1915 accetta l’incarico di responsabile culturale dell’Istituto Editoriale Italiano e si trasferisce a Milano, curando la pubblicazione di classici della letteratura italiana. Nello stesso tempo è collaboratore del quotidiano milanese Secolo e corrispondente di guerra per conto del giornale romano Il Messaggero.
Convinto interventista, nel 1917 è arruolato come ufficiale di artiglieria, collabora anche alla stesura del giornale militare Il Montello e ottiene due medaglie al valore e tre croci di guerra.
Congedato nel 1919, pubblica un volume di poesie scritte tra il 1916 e il 1918, di poco convinta ispirazione futurista, Il Purosangue. L’Ubriaco, che avrà un’edizione definitiva nel 1933 e rimane l’unico esempio di produzione poetica da lui riconosciuta. È tuttavia tra i fondatori del Fascio Politico Futurista di Milano, già aveva contribuito con suoi scritti a L’Italia futurista e a Roma futurista, e pubblica i romanzi La vita intensa (1920) – che aveva già pubblicato a puntate in Ardita, il supplemento mensile de Il Popolo d’Italia – e La vita operosa nel 1921.
Sono i suoi soggiorni da giornalista a Parigi negli anni 1921 e 1922 a metterlo in contatto con le nuove avanguardie francesi e a mutare profondamente la sua immagine dell’artista moderno. Infatti, nei brevi romanzi La scacchiera davanti allo specchio (1922) ed Eva ultima (1923) compare uno stile ispirato all’arbitrio irrazionale e alla casualità apparente dei sogni, un’impostazione di scrittura che coincide in gran parte con gli enunciati del Primo manifesto del Surrealismo di André Breton (1924). Nel 1924 entra nel P.N.F. insieme a Luigi Pirandello.
Fonte: WIKIPEDIA
Foto interna ed esterna: https://www.youtube.com/watch?v=q_eb0T7eTpI