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Caso Rapposelli, indagini ad un punto di stallo

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GIULIANOVA – Le indagini sulla morte di Renata Rapposelli, pittrice scomparsa il 9 ottobre scorso e trovata morta a Tolentino, sembrano essere attualmente ad un punto morto. Al di là di ipotesi fantasiose, che spesso possono essere fuorvianti, l’unico dato certo è che al momento gli elementi finora acquisiti non hanno consentito l’incriminazione certa dell’assassino della pittrice scomparsa il 9 ottobre scorso e trovata cadavere a Tolentino, in prossimità del fiume Chienti. Le ricostruzioni fornite da La Notizia.net finora si sono basate, oltre che su elementi d’indagine, su presunzioni logiche fondate su diversi fattori. Vediamo quali. Al momento unici indagati in relazione al delitto sono Simone e Giuseppe Santoleri, figlio ed ex marito della donna, a carico dei quali, al di là di indizi e testimonianze da verificare, non sono emersi fattori in grado di far scattare l’arresto.

Ma si sembra concordare, al momento, su un elemento ritenuto certo: si sarebbe trattato di un delitto d’impeto. Strangolata, soffocata, avvelenata? L’autopsia ha escluso la morte dovuta a colpi di arma da fuoco o da taglio. Se si fosse trattato di un delitto d’impeto, sembrerebbe esclusa anche l’ipotesi dell’avvelenamento, in relazione alla quale sono stati avviati esami tossicologici che ad ora non sembrerebbero aver prodotto prove certe. L’avvelenamento presuppone tra l’altro una grande conoscenza della posologia in relazione ad peso del soggetto ed in ogni caso non porta ad una morte immediata.

Come anticipato dal nostro giornale, la donna potrebbe essere stata stordita per poi essere stata soffocata o strangolata. Elementi questi che non possono emergere nel corso dell’esame autoptico, soprattutto quando il cadavere risulta fortemente compromesso. Ma l’indizio è proprio questo: lo stato del cadavere. La morte per soffocamento o strangolamento conduce infatti ad una più rapida decomposizione. Certo, non poco ha influito anche il luogo in cui il corpo è stato rinvenuto.

Ma parla anche chiaro il fatto che sia stato disposto un  nuovo esame sui capelli, o meglio su quello che ne resta, che rende evidente che la pista dell’avvelenamento perde sempre più consistenza. L’esame sui capelli è notoriamente effettuato per comprovare la corrispondenza del Dna o, nel caso in cui si tratti di esami tossicologici, per accertare l’eventuale assunzione di sostanze chimiche.

E’ stato chiaro fin dall’inizio come gli inquirenti si siano trovati ad agire per esclusione: la morte per avvelenamento sarebbe stata quella più facilmente dimostrabile.

Poi ci sono le testimonianze, che non sembrerebbero finora aver prodotto nulla di certo, tanto che Simone Santoleri ha sporto querela contro alcune persone che hanno parlato in tv.

Con grande probabilità, però, stando alle celle telefoniche, che comprovano la presenza della pittrice a Giulianova prima che il suo cellulare si spegnesse, Renata Rapposelli è stata uccisa il 9 ottobre proprio in quei luoghi, forse non oltrepassando la Val Vibrata. Alle ore 17:00 sarebbe passata in farmacia (la testimonianza è ancora al vaglio) per acquistare un ansiolitico visto il suo evidente stato di agitazione. Non sarebbe stata del tutto lucida e probabilmente durante il percorso è stata ulteriormente stordita. L’ipotesi più probabile, a questo punto, è che sia stata soffocata o strangolata.

La donna potrebbe essere stata uccisa tra le 18.30 e le 19.00, per poi essere collocata nel bagagliaio di un’auto. Improbabile che sia stata gettata viva nella scarpata. Sarebbe in qualche modo stato riscontrato nel corso dell’autopsia. E forse sarebbe stata anche seppellita. Ma non è escluso che  qualcosa o qualcuno sia arrivato a disturbare l’attività, per cui sarebbe stata gettata nella scarpata in maniera approssimativa e frettolosa.

Il 9 ottobre Renata Rapposelli si reca a Giulianova in quanto preoccupata delle condizioni di salute del figlio. Da lì il litigio scaturito per motivi economici.  E della donna, da quel giorno, non si è saputo più nulla.
l.m.
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