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Piazza Fontana, 50 anni fa la strage alla BNA di Milano: l’Italia del miracolo economico non fu piu’ la stessa

piazza fontana

di Maurizio Verdenelli

Era il 12 dicembre 1969. Sono passati 50 anni dalla bomba di piazza Fontana alla sede della Banca nazionale dell’Agricoltura a Milano. Bilancio tragico: 17 morti ed 88 feriti. Quel giorno di 50 anni fa l’Italia del boom economico conto’ tra Milano e Roma cinque attentati terroristici. Fu il drammatico incipit dell’era dei depistaggi e della strategia della tensione, a cominciare subito dalla tragica fine dell’anarchico Pinelli in Questura, per continuare con il caso Valpreda nel lunghissimo elenco che ha insanguinato per trent’anni l’Italia. Gia’, perche’ il nostro Paese, mezzo secolo fa, uscì per sempre dal periodo aureo del miracolo economico per imboccare il nero tunnel delle stragi, dal quale solo dagli anni 90 e’ uscito per imboccare l’attuale tristissimo viale del tramonto con una recessione che ci inchioda tea i bassifondi della UE.

Una storia recente quella delle stragi , inclusa quella di piazza Fontana

Una storia recente quella delle stragi, eppure poco conosciuta da generazioni di discenti distratti e perfino da docenti e manuali di storia ‘smemorati’. Che, al massimo, si fermano’ alla prima guerra mondiale.

“Ci sono milioni e milioni di pagine ancora tutte da esplorare per poter dire che su trent’anni di stragi e di strategia della tensione e della paura, finalmente si sia arrivati alla verità e che la giustizia sia stata fatta per intero. Occorre dunque scoperchiare quel ribollente pentolone fatto di intercettazioni, violazioni da parte dei ‘Servizi’, rivelazioni fornite in ritardo ai giudici che hanno sentenziato sulle stragi di piazza Fontana, Italicus, piazza della Loggia e Bologna. Indagare ancora si puo’ e certo si deve su tre decenni di vita repubblicana, dal 1960 al 1990: un infinito tunnel nero che abbiamo attraversato e che appena ieri abbiamo lasciato dietro le spalle”.

Cosi’ Angelo Ventrone, docente Unimc di Storia contemporanea che, il 3 dicembre scorso a Macerata, ha condotto un convegno teso a far luce su un passato recente e pieno ancora di punti oscuri, all’indomani dell’assassinio di Enrico Mattei . “Un grande uomo, un protagonista che amava il suo Paese”, dice il prof. Ventrone. “A 50 anni dalla strage di piazza Fontana” e’ l’incipit del titolo del convegno che ha visto al tavolo tre testimoni d’eccezione ai quali si devono buona parte delle inchieste su quella stagione di morti, bombe, attentati, terrorismo, depistaggi. “Una trama nera tesa ad evitare che la sinistra andasse al potere”, dice in un’intervista che ci ha concesso lo storico, di cui proprio l’altro giorno Mondadori ha pubblicato, con una bella sovracoperta rossa, la sua ultima fatica: “La strategia della paura. L’eversione in Italia dal 900 fino alle stragi del 74”. Tuttavia al centro del convegno maceratese c’e’ stato a cura dello stesso autore un altro libro: “L’ Italia delle stragi” (Donzelli editore). Avverte lui: “Stampato senza sottotitolo, anche se ne avevamo previsto uno…”. Quale? “Non possiamo piu’ dire di non sapere”. 

I testimoni di quegli Anni di piombo sono stati Guido Calogero, fino a tre mesi fa Procuratore generale a Venezia; Vito Zincani, già procuratore capo a Modena e Giuliano Turone, giudice emerito presso la Corte di Cassazione, recente autore di ‘Italia occulta.

Dal delitto Moro alla strage di Bologna. Sulla tragica fine del presidente della Dc, Turone rispondendo ad alcune domande, ha precisato: “Riguardo ai misteri che precedettero di qualche anno il rapimento e l’uccisione, non e’ certo se davvero Moro e la sua scorta fossero stati avvisati di non salire quel giorno sul treno Italicus, ma di sicuro negli Usa lui era stato pesantemente attaccato da Kissinger (“negli Urss nei confronti di Berlinguer, che rischio’ la vita a Sofia quel ruolo era svolto da Marioff” ha detto Calogero) per il compromesso storico.

Poi qualche anno fa sono riuscito dopo tentativi, ad acquistare per 150 euro su Amazon l’unica copia in circolazione di un libro introvabile: ‘Abbiamo ucciso Aldo Moro’ (attualmente in vendita ‘usato’ a 50 euro). Contenuta c’e’ un’esplosiva intervista ad un agente provocatore americano, Steve Pieczenik, che intavolo’ una finta trattativa con le Br, con l’apparente scopo di liberare lo statista ma in realta’ con l’obiettivo di liquidarlo. Pieczenik racconta d’aver usato una sottile strategia psicologica facendo credere che lo Stato avrebbe accettato lo scambio di prigionieri proposto da Moretti. Facendo poi dietro front al momento cruciale inducendo di fatto le Brigate Rosse a prendere la drammatica decisione finale. Rivela, Pieczenik all’autore Emmanuel Amara, che per tutto il tempo della finta trattativa non riusci’ a dormire la notte, temendo di venire scoperto dalle Br. E d’aver recuperato il sonno solo dopo l’assassinio di Aldo Moro”.

In quella lunga trama eversiva centrale fu la Loggia P2. Ventrone ha chiarito: “La storia della P2 e’ rilevante all’interno della galassia eversiva dagli anni 60. Fino al golpe Borghese, detto dell’Immacolata perche’ tentato nella notte tra il 7 e l’8 dicembre 1970, Licio Gelli avrebbe dovuto prendere in ostaggio il Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat. Nel piano, inoltr e,la Rai sarebbe stata occupata dai Forestali di Citta’ Ducale. Poi tutto implose forse perche’ i ‘grandi burattinai’ non vollero in extremis rischiare la guerra civile. Il Pci non sarebbe stato questa volta a guardare un colpo di stato fascista”.

Chi erano, secondo lei, i grandi burattinai?

“Le potenze straniere, a cominciare dagli Usa, abituati a considerare L’Italia un proprio territorio per grandi e piccole manovre, con i ‘nostri’ servizi segreti al loro servizio. Dall’Italia in qulla guerra fredda si spaziava su uno scacchiere da Est ad Ovest, da Nord a Sud”.

Poi?

“Poi man mano il quadro internazionale muto. Caddero i regimi fascisti di Grecia, Portogallo, Spagna. Richard Nixon fu costretto a dimettersi per lo scandalo Watergate. Cadde il Muro di Berlino, la Guerra Fredda si concluse”.

In Italia?

“I gruppi eversivi continuarono ad operare coperti dai ‘soliti’ depistaggi. Continuo’ dunque il progetto stragista. Ed ecco la bomba alla stazione ferroviaria centrale di Bologna il 2 agosto 1980: 85 morti, 200 feriti.  La sentenza della Corte d’Assise d’Appello, qualche anno fa, ha fatto definitiva chiarezza su quell’atto terroristico, il piu’ grave del dopoguerra ed insieme uno degli ultimi della strategia della tensione. Dietro c’era una rete collaborativa tra organizzazioni neofasciste, servizi segreti italiani e stranieri, logge massoniche deviate, finanziatori pur dal mondo imprenditoriale”.

A Macerata anche Vito Zincani, uno dei magistrati della strage di Bologna. “Accadimenti gravissimi come quelli non potranno piu’ ripetersi”, così ha risposto a domanda, al sindaco Carancini. Rivelando poi  per la prima volta,  al Maceratese, un episodio. “In quel periodo indagavo sul finanziamento ai partiti. L’opinione pubblica era all’oscuro dell’inchiesta. Non ne avevo parlato infatti con la stampa: l’attentato di Bologna richiedeva tutta l’attenzione possibile. Ed un giorno venni chiamato da Francesco  Cossiga. Stava piuttosto male. Lo andai a trovare in clinica. Fu un incontro surreale. Si limito’ a dirmi che ero “un bravo ragazzo”. Nient’altro. Ancora adesso non so cosa volesse dirmi veramente”.

Di grande interesse anche l’intervento dell’ex PG di Venezia, Calogero. “Si puo’ dire tranquillamente che in quei lunghi anni, l’Italia fu a sovranitaà limitata”. Lico Gelli, un imprenditoe tessile di scarsa rilevanza, divento’ in 5 anni l’uomo piu’ potente d’Italia. Con il faccendiere Pazienza praticamente affilio’ alla P2, diventata una cellula operativa della Cia, il vertice dei servizi segreti a cominciare dal generale Santovito. E nel golpe dell’8 dicembre ’70, non a caso Gelli, al comando di una squadra di specialisti, aveva il compito di sequestrare Saragat. Da chi era stato incaricato per questa delicatissima operazione? Non certo da Junio Valerio Borghese. Ricordiamo che gia’ nel 55 era diventato capo del Sifar il gen. De Lorenzo, su indicazione, tra gli altri, della potentissima ambasciatrice Usa, Claire Boothe Luce. De Lorenzo rispondeva direttamente agli americani, tacendo pure al governo italiano, considerato che il nostro Paese era considerato ‘a rischio’ per la sua conformazione strategica e dal partito comunista piu forte in Occidente. Tuttavia, gia’ nel 70, il pericolo del PCI al potere non sussisteva piu….

In conclusione, professore, dove trovare quei milioni di verbali e carte inesplorate sugli Anni di Piombo? 

“Con tutte le sentenze emesse, perfettamente scannerizzare, quelle pagine possono essere prese a  Brescia  presso la Casa della Memoria”.

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