giovedì, Marzo 28, 2024
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Figlio conteso. Il Tribunale: stessi diritti per i genitori anche se di fedi diversi

“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso di razza, di lingua di religione di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.” Così recita l’Articolo 3 della Costituzione Italiana uno di quelli non emendabili. Nonostante la carta scritta non abbia sempre avuto una vis applicativa nella vita quotidiana dei cittadini, è a questo principio fondamentale che si è rifatto il Tribunale di Cagliari in una recente sentenza, relativa l’educazione di un figlio di due genitori separati professanti due credi religiosi differenti.

La storia è questa. Una madre aveva richiesto un affidamento esclusivo per motivi religiosi. La signora infatti riteneva che il marito non fosse più idoneo come genitore per il solo fatto che si era avvicinato alla religione dei Testimoni di Geova. L’affidamento esclusivo avrebbe impedito al padre di trasmettere al figlio i propri convincimenti religiosi. La donna aveva inoltre chiesto l’addebito della separazione a carico del marito al quale contestava di avere violato la condizione posta all’inizio del loro rapporto di allontanarsi dall’ambiente religioso dei Testimoni di Geova di cui facevano parte i genitori del marito.

I giudici non hanno tuttavia ravvisato alcun pregiudizio per il minore dal cambiamento religioso maturato dal padre che si era avvicinato alla religione dei testimoni di Geova, affermando che tale cambiamento “non comportava alcuna prognosi negativa in ordine alla sua idoneità di genitore”, come invece sostenuto dalla madre. La richiesta di affidamento esclusivo è stata così rigettata dal Collegio che ha precisato: “Ogni differente valutazione presupporrebbe al tempo stesso una valutazione di preferibilità di un orientamento religioso rispetto ad un altro”. In altre parole, davanti alla Legge tutte le religioni hanno uguale dignità”.

Il minore è stato così affidato a entrambi i genitori. Non ravvedendo i pregiudizi per il minore contestati dalla madre, i giudici hanno stabilito che “non sussist[e] alcuna ragione per derogare al modello di affidamento condiviso del minore”. L’istituto dell’affidamento condiviso garantisce infatti il diritto del minore (prioritario rispetto alle personali istanze dei genitori) di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi i genitori, e di mantenere con ciascuno di loro rapporti equilibrati e continuativi.

I giudici di Cagliari riaffermano, quindi, il principio di libertà religiosa dei genitori, garantito e tutelato dalla Costituzione. Sulla scorta di quanto ribadito recentemente dalla Suprema Corte di Cassazione (Ordinanza 21916/2019) i giudici ricordano che è nell’interesse del minore che ciascun genitore gli trasmetta i propri convincimenti personali, anche se questi possono mutare col tempo, e che dunque “non sia possibile inibire ad uno dei due genitori di trasmettere, con le dovute cautele, anche il proprio pensiero religioso, partecipando all’educazione del figlio e fornendogli gli elementi necessari per poter decidere liberamente, al momento corretto, quale sarà il suo orientamento religioso”.

In pratica un figlio ha bisogno di rapportarsi con entrambi i genitori compresi i nonni, che hanno un ruolo importante per la crescita del minore a prescindere dalla religione praticata. Sarà poi il minore a tempo debito e dopo la sua maturazione a scegliere il proprio orientamento religioso liberamente. Stiamo parlando del diritto della bigenitorialità anche in campo religioso.

Respinta dal tribunale anche la richiesta della donna di additare come causa della separazione per il cambiamento religioso del coniuge. Scegliere di diventare testimone di Geova non può essere usato a pretesto dall’altro coniuge che non condivida tale libera ed autonoma decisione. Né può essere imputata alla religione di per sé la causa di divisione della famiglia. E’ una sentenza Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del 10 giugno 2010 ad avere ribadito questo principio. Anzi la sentenza afferma che è la resistenza del familiari nel non accettare il cambiamento del coniuge o familiare la vera fonte di conflitto all’interno della famiglia.

“Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge” dice l’articolo 8 della Costituzione. Ciò è valido anche nell’ambito coniugale e familiare. E anche nelle circostanze conflittuali lo Stato rimane laico non esaltando nessun credo o culto rispetto ad un altro anche se maggioritario. Questo per il bene e rispetto di tutti i cittadini credenti o laici che siano.

Roberto Guidotti

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