venerdì, Aprile 19, 2024
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L’astronave civitanovese di Bertolaso rischia il flop come l’analogo Covid-hospital di Milano?

covid

di Anna Maria Cecchini


Neanche due mesi ci separano da quella gara di solidarietà di cui abbiamo in precedenza scritto, che ha visto 1.560 donatori elargire 21.000.000 e 153.000 euro, con assegni come quelli staccati da Giuseppe Capriotti e Silvio Berlusconi, con su scritto 10.000.000, volti a creare il “miracolo lombardo”, orgoglio del Governatore Attilio Fontana e dei suoi collaboratori e sinonimo di quel saper fare , di quel pragmatismo asciutto e privo di fronzoli da sempre biglietto da visita della nostra gente del nord. 

Quel Covid hospital milanese, salutato entusiasticamente come il miracolo italiano, che avrebbe concorso a creare una pagina indimenticabile della nostra storia, in quei stessi giorni dove a Piacenza e Crema si lavorava agli ospedali da campo e a Bergamo si creava dal niente un ospedale, grazie anche all’ operosità instancabile dei nostri Alpini e alle energie ben indirizzate degli ultras nerazzurri, che fine ha fatto oggi? 

Era solo il 14 aprile, 2 settimane appena dall’inaugurazione e già dai toni di fiero orgoglio patriottico, “dal fare la storia” si passava al più realistico “fortunatamente non è servito” dell’assessore al Welfare Gallera.
Dei 500 posti che la struttura originariamente prevedeva, ci preme informare che sono stati allestiti 53 posti, e ne sono stati occupati solo 25, tutti con pazienti provenienti da altri presidi.

Intendiamoci : siamo indubbiamente felici del fatto che la struttura abbia ospitato solo 25 persone in totale, 13 nella fase massima del picco e 3 ora, ma ci chiediamo legittimamente quanti soldi siano stati spesi per ogni ospedalizzazione. A noi risulta una spesa di 1.040.000 euro per ogni persona ospedalizzata, e no, l’ospedale in Fiera non è servito per la seconda ondata del Covid-19. I soldi raccolti potevano essere impiegati diversamente? Facile diventare detrattori a cose fatte: ovvio che nell’emergenza la scelta di costruire un ospedale specifico e attrezzato di tutto punto apparisse sensata, al pari di quella che prevede che in ogni Regione ci sia una struttura istituita a tal fine, in modo da sgravare le strutture ospedaliere e fornire una risposta all’emergenza più sicura, efficiente, specialistica. 

Ma si poteva agire diversamente (?), magari considerando razionalmente che, una volta realizzato l’ospedale, forse l’emergenza poteva anche essere terminata e piuttosto che una cattedrale vuota, i soldi raccolti, giocando d’anticipo, potevano essere destinati ad finanziare l’assistenza domiciliare, quell’esercito di medici ( oggi Usca ) in grado di intervenire ai primi sintomi, con l’ausilio dei tamponi in modo da prevenire l’eventuale ospedalizzazione dei malati.

Si poteva pensare a fare i tamponi in maniera tempestiva ai medici, al personale sanitario e agli ospiti delle Rsa e probabilmente avremo registrato meno casi di decessi in queste realtà, potevamo anche investirli nel fornire loro i Dip idonei ed indispensabili a proteggere e salvare le loro vite. Avremmo anche potuto destinare parte della somma, nel disporre strutture idonee per la quarantena di quelle persone positive ma non gravi, in modo da disinnescare eventuali focolai domestici, avremmo…

Potevamo forse prendere in considerazione anche pareri diversi, contrastanti e non assertivi rispetto l’utilità di un Covid Hospital, di persone autorevoli come il dirigente medico nel reparto di Cardiochirurgia dell’ospedale Niguarda, Giuseppe Bruschi, che fin dall’inaugurazione del ospedale in Fiera si era dimostrato scettico, circa la separazione drastica della terapia intensiva dal resto di un ospedaleLa terapia intensiva funziona, solo se integrata con tutte le altre strutture complesse, che costituiscono l’efficienza di una struttura ospedaliera, perché un paziente in terapia intensiva necessita della continua valutazione integrata di varie figureprofessionali, non solo di infermieri e rianimatori, ma degli infettivologi, nefrologi, chirurghi, in un continuo dialogo multidisciplinare, finalizzato alla guarigione del paziente. 

Il cospicuo budget poteva magari essere impegnato nella conversione e ristrutturazione dei padiglioni non usati, ma già esistenti degli ospedali lombardi, piuttosto che nella creazione ex novo di una faraonica cattedrale deserta, guidata dall’uomo forte Bertolaso, che molto italian style doveva guadare la palude per noi e portarci tutti in salvo(?). La Lombardia non aveva di certo la necessità di gareggiare con la Cina, nel dimostrare di poter essere altrettanto solerte e brava nel costruire un Covid Hospital in poco tempo e replicare il miracolo, come se solo l’eccezionalità dell’impresa umana, potesse in qualche modo ostacolare la violenza falciante del Coronavirus.

Che fine farà ora, l’ospedale alla Fiera Milano City, quartiere Portello?
Antonio Pesenti, direttore del reparto di terapia intensiva del Policlinico e capo del gruppo di emergenza della regione Lombardia per la gestione delle terapie intensive durante l’epidemia, in una videointervista rilasciata a Fanpage, dichiara che nel giro di un paio di settimane potrebbe chiudere, dato il suo inutilizzo protratto nel tempo.

L’affermazione è stata prontamente smentita dall’amministrazione locale, che ha fortemente voluto e realizzato in pochi giorni l’ospedale modello Wuhan, che ha invece annunciato che l’ospedale nonostante non sia mai diventato un punto di riferimento per tutto il Paese, resterà a disposizione delle future emergenze.

Certo è sicuramente un bene, che negli ultimi tre mesi i posti in terapia intensiva siano raddoppiati, ma ora che più di ieri, abbiamo compreso le modalità e le aree d’attacco del virus non limitate unicamente al sistema respiratorio, dobbiamo anche rivalutare la necessità di non isolare i positivi, in strutture che non prevedano l’esistenza di altre figure professionali, idonee ad accompagnare l’individuo nel suo percorso, verso la completa guarigione. Ammesso che la costruzione del Covid Hospital milanese sia stata un’errore, dato che la superficie di 25.000 mq è occupata oggi da 3 soli pazienti e intendiamoci, noi lo riportiamo con gioia, e che le donazioni potevano anche forse essere impiegate diversamente, ora sarebbe forse il caso di non procedere ad un immediato smantellamento dei 200 posti di terapia intensiva, comunque costituiti ma pensiamo invece a come utilizzarli in questa fase e nella prossima, magari prestando anche le apparecchiature acquistate, alle strutture che ne necessiteranno.

Con queste considerazioni, accogliamo la notizia che oggi, finalmente, dopo il sopralluogo del Presidente della Regione Marche Luca Ceriscioli accompagnato da Bertolaso, al Covid Hospital diCivitanova Marche, avvenuto qualche giorno fa, alle 16.00 di sabato 16 maggio vi è stato il passaggio di consegne tra l’Ordine dei Cavalieri di Malta e la Regione. La benedizione del vescovo Rocco Pennacchio e il posizionamento della Madonna di Loreto, che veglierà sugli ospiti della struttura, fornita di 84 posti letto, hanno salutato ufficialmente, la nuova presenza nel nostro territorio, della nuova creatura di Bertolaso, da alcuni osteggiata.

Petizione di 1000 firme e due diffide: la linea scelta da 4 avvocati marchigiani contro il Covid Center. Gli avvocati Francesco Mantella, Federico Valori, Giuseppe Bommarito e Iacopo Bartolomei su mandato dell’associazione Città Verde, hanno presentato due diffide,una al sindaco di Civitanova Marche, Fabrizio Ciarapica e l’altra al governatore Luca Ceriscioli.

Gli avvocati contestano al sindaco Ciarapica di aver concesso spazi pubblici, senza passare per il consiglio comunale, e al governatore Luca Ceriscioli di aver disposto la realizzazione di una struttura Covid, commettendo alcune presunte irregolarità. Il governatore secondo lo staff dei legali avrebbe coinvolto i Cavalieri di Malta, questi realizzato il progetto, hanno indetto una sottoscrizione per finanziarlo, raccolta la cifra necessaria, si sono rimessi alla Regione, ottenendo quindi l’incarico extra bando. Nel momento stesso, che il progetto e la somma necessaria vengono dai Cavalieri di Malta affidati alla regione, questi divengono risorse pubbliche, con tutto quello che consegue in termini di procedure. 

Gli avvocati si chiedono se vi sia stato il rispetto delle procedure,se sianormale spendere 12 milioni per una struttura ospedaliera da smantellare dopo pochi mesi, la cui necessità reale è dubbia in questo periodo, dove sia poi la rendicontazione delle spese.

La linea scelta dai legali prevede, nel caso la risposta alle diffide sia l’indifferenza, che ci sia la chiamata in causa della Corte dei Conti volta a verificare l’effettiva congruità dei costi e della Procura affinché accerti se sia stato regolare, affidare la pratica direttamente ai Cavalieri di Malta, glissando sul bando pubblico.

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