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Anticipazioni per il Grande Teatro di Gabriele D’Annunzio in TV del 27 maggio alle 15.45 su RAI 5: “La figlia di Iorio” con Giuseppe Pambieri

La_figlia_di_Iorio su RAI 5

Anticipazioni per il Grande Teatro di Gabriele D’Annunzio in TV del 27 maggio alle 15.45 su RAI 5: “La figlia di Iorio” con Giuseppe Pambieri

Oggi pomeriggio mercoledì 27 maggio su RAI 5 alle 15.45 per il Grande Teatro in TV va in onda la tragedia pastorale in tre atti “La figlia di Iorio”, che Gabriele D’Annunzio scrisse nel 1903.

La versione proposta è quella del 1974 con Elena Zareschi, Giuseppe Pambieri, Edmonda Aldini e la regia di Silverio Blasi.

La figlia di Iorio è una tragedia in tre atti del 1903 di Gabriele D’Annunzio

L’autore, che proprio l’anno precedente aveva realizzato alcuni dei suoi capolavori lirici come Alcione, si distaccò da Eleonora Duse e piombò in una spirale di lussi e di debiti. Affrontò, dopo il successo della Figlia di Iorio, un breve periodo di difficoltà creativa ed artistica.

Lo stesso d’Annunzio scrisse in una lettera al pittore Michetti, amico e corealizzatore della trama“Tutto è nuovo in questa tragedia e tutto è semplice. Tutto è violento e tutto è pacato nello stesso tempo. L’uomo primitivo, nella natura immutabile, parla il linguaggio delle passioni elementari…

E qualcosa di omerico si diffonde su certe scene di dolore.

Per rappresentare una tale tragedia son necessari attori vergini, pieni di vita raccolta. Perché qui tutto è canto e mimica…

Bisogna assolutamente rifiutare ogni falsità teatrale.”

La prima rappresentazione avvenne al Teatro Lirico di Milano il 2 marzo 1904 con la compagnia teatrale di Virgilio Talli ed ebbe enorme successo.

La protagonista avrebbe dovuto essere Eleonora Duse, la cui relazione sentimentale con D’Annunzio era già in crisi, ma l’attrice si ammalò e il poeta non volle attendere il tempo necessario alla guarigione, così affidò la parte di Mila ad Irma Gramatica. Da alcune testimonianze[1] risulta che la Duse non abbia mai dimenticato il dolore per quel torto subito.

Gli altri interpreti erano Ruggero Ruggeri (Aligi), Teresa Franchini (Candia della Leonessa), Oreste Calabresi (Lazaro) e Lyda Borelli (Favetta).[2] Le scene e i costumi vennero affidate all’artista Francesco Paolo Michetti.[3] Anche la prima rappresentazione in Abruzzo fu un vero trionfo: si tenne il giorno 23 giugno dello stesso anno al Teatro Marrucino di Chieti, città alla quale l’autore donò il manoscritto originale della tragedia.

Trama

La vicenda è ambientata in Abruzzo, nel giorno di San Giovanni. La famiglia di Lazaro di Roio del Sangro sta preparando le nozze del figlio Aligi; l’atmosfera è gaia grazie ai canti e ai dialoghi allusivi ed effervescenti delle tre sorelle. Aligi pare comunque turbato da strane sensazioni e da presagi e si esprime in un linguaggio onirico. Mentre la cerimonia nuziale sta procedendo con un frammisto di riti rurali, ancestrali, pagani precristiani, irrompe nella casa Mila di Codra (la figlia di Iorio, un mago) per cercarvi rifugio; lei è una donna dalla cattiva fama, ma è costretta a fuggire per evitare le molestie di un gruppo di mietitori ubriachi. Quando Aligi, incitato dalle donne presenti al matrimonio, sta per colpirla, viene fermato dalla visione dell’angelo custode e dai pianti delle sorelle. Aligi riesce persino a convincere i mietitori a rinunciare alla loro preda. Mila e Aligi finiscono per convivere assieme in una caverna pastorale in montagna (la Grotta del Cavallone); la loro unione non è peccaminosa e anzi sperano ardentemente di recarsi a Roma per ottenere la dispensa papale e poi sposarsi felici e contenti.

Ma non è una favola, né tanto meno una storia a lieto fine, anzi la situazione precipita rapidamente: Ornella, una sorella di Aligi, addolora profondamente Mila con il racconto sullo stato di disperazione in cui è caduta la sua famiglia, dopo la partenza di Aligi. Mila decide allora di fuggire, ma viene fermata da Lazaro che cerca di sedurla con la forza; Aligi interviene a difendere la donna e nasce così una colluttazione tra padre e figlio che terminerà con la morte del primo. Aligi evita la condanna solo per l’autoconfessione di Mila, che si addebita ogni colpa, autoproclamandosi strega. La giovane verrà condotta alla catasta per morire sulle fiamme.