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Truffavano l’INPS da quattro anni. Denunciate quattro donne

Udine – I Carabinieri del NAS di Udine, al termine di una indagine iniziata nello scorso mese di giugno, hanno denunciato in stato di libertà 4 donne di età compresa tra i 37 e 57 anni con l’accusa di truffa aggravata alle casse dell’INPS,

Le indagate, impiegate a vario titolo presso un agriturismo di Gorizia, mediante false attestazioni di giornate lavorative e con la compiacenza dei titolari, beneficiavano della disoccupazione agricola. È stato accertato che la truffa durava da 4 anni a discapito del sistema INPS.    

L’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) è il principale ente previdenziale del sistema pensionistico pubblico italiano, presso cui debbono essere obbligatoriamente iscritti tutti i lavoratori dipendenti pubblici o privati e la maggior parte dei lavoratori autonomi, che non abbiano una propria cassa previdenziale autonoma. L’INPS è sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Il primo sistema di garanzie pensionistiche – destinato ai soli impiegati del pubblico e ai militari – è del 1895, del quarto governo Crispi. Tre anni dopo il primo governo Pelloux estenderà le coperture a una serie di categorie lavorative e fonderà il primo istituto antenato dell’INPS. Infine nel 1919, con il governo liberale di Vittorio Emanuele Orlando, il sistema viene “imposto a tutte le aziende come obbligatorio” anche se divenne legge solo nel 1923.

Nel 1898 la previdenza sociale muove i primi passi con la fondazione della Cassa nazionale di previdenza per l’invalidità e la vecchiaia degli operai. Si tratta di un’associazione volontaria integrata da un contributo statale e da un contributo degli imprenditori. Nel 1919 diviene obbligatoria tramite il decreto legge del 21 aprile 1919, n. 603, presentato alla Camera il 28 novembre 1918; il decreto fu emanato il 21 aprile 1919, ma rimase in attesa di conversione in legge dalla Camera; il 5 febbraio 1920 fu ripresentato dal ministro Dante Ferraris e il 25 giugno successivo fu presentato nuovamente dal ministro Arturo Labriola. Fu convertito solo nel 1923 con un decreto che conferiva al provvedimento valore di legge, assumendo la denominazione di Cassa nazionale per le assicurazioni sociali.

Il governo Mussolini, con regio decreto legge 27 marzo 1933, n. 371, trasforma la Cassa nazionale in Istituto nazionale fascista della previdenza sociale (INFPS) come ente di diritto pubblico dotato di personalità giuridica e a gestione autonoma con lo scopo di garantire la previdenza. Primo presidente fu Giuseppe Bottai a cui successe nel 1935 Bruno Biagi della Cassa medesima (legge 30 maggio 1907, n. 376). Nel 1943 con l’articolo 3 del Regio Decreto Legge 2 Agosto 1943 n.704 la denominazione diviene quella di Istituto nazionale della previdenza sociale.

A seguito di numerose riforme previdenziali nel corso di più di settanta anni dalla fondazione, opera secondo due modelli previdenziali e precisamente, dal lato delle entrate e della gestione finanziaria, secondo il modello previdenziale universale, dal lato delle uscite, attraverso una moltitudine di gestioni (ad esempio lavoratori dipendenti, artigiani, commercianti ecc.).[4]

Dal 1992 le riforme previdenziali sono state orientate a contenere la bolla previdenziale causate dalle generose riforme previdenziali degli anni ’70 a partire dalle baby pensioni, dalle pensioni di anzianità fino alle pensioni gonfiate.

L’attività principale è quella di garantire il servizio pubblico consistente nelle prestazioni previdenziali contemplate nell’art. 38 della Costituzione e definite dalle specifiche leggi speciali relative alle assicurazioni sociali obbligatorie gestite. Nel 1995 è stata introdotta la gestione separata, obbligatoria per i lavoratori autonomi e parasubordinati.

La gestione finanziaria dei vari fondi è quella del sistema pensionistico senza copertura patrimoniale del debito pensionistico latente associato a uno schema pensionistico con formula delle rendite predefinita per la determinazione delle prestazioni previdenziali, che contempla da parte dello Stato un costante monitoraggio della spesa pensionistica e a ricorrenti riforme previdenziali, al fine di garantire la sostenibilità fiscale dei sistemi pensionistici obbligatori.

Significa che la gestione finanziaria non avviene nel rispetto del principio della capitalizzazione integrale, e anzi che il patrimonio di previdenza è inesistente.

Rientra quindi nei sistemi pensionistici pubblici che la Banca Mondiale chiama previdenza di primo pilastro (un sistema obbligatorio pubblico finanziato con le tasse con gestione pubblica) dove l’indice di patrimonializzazione è nullo.

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