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“Audaci e ignoranti”. La descrizione dei pescatori sambenedettesi di Jack La Bolina

San Benedetto del Tronto – La recente installazione della prua della Geneviève ha ricordato non senza polemiche, l’importanza della pesca e civiltà marinara per San Benedetto.

Ma c’è un personaggio conosciuto da pochi che ebbe modo di osservare e scrivere sui pescatori sambenedettesi e sulla pesca in generale. Si tratta di Vittorio Augusto Vecchi alias Jack la Bolina. La Bolina nasce a Marsiglia il 22/12/1842 e muore a Forte dei Marmi il 6/09/1932. La sua famiglia era originaria delle Marche. Il padre Candido Augusto nato a Fermo, fu un intimo amico e sostenitore politico di Giuseppe Garibaldi che gli lasciò in dono la propria sciabola.

Jack fu uno scrittore prolifico di racconti e novelle per ragazzi a contenuto marinaresco. Si interessò subito del mare e della pesca tanto da frequentare una scuola di Marina a Genova per poi imbarcarsi come Sottotenente di Vascello per diversi anni e viaggiare in numerose acque internazionali.

A un certo punto anche per questioni familiari, si dedicò all’insegnamento e alla scrittura in maniera copiosa pubblicando decine di titoli e scrivendo su numerose riviste marinare. Si occupò spesso dei problemi tecnici della pesca con intuizioni tecnologiche e scientifiche che sollecitava costantemente e che in seguito sarebbero state riprese e applicate. La relazione sulla pesca marchigiana commissionatagli dal Governo Italiano, lo portarono a osservare e studiare i problemi della pesca a Fano, Senigallia, Porto San Giorgio, Cupra Marittima, Grottammare e a San Benedetto, dove ebbe modo di lodare estesamente l’industria navale della Riviera.

Ma come descrisse i pescatori i sambenedettesi? Nel Il mare d’Italia scrisse: “La miseria morale e materiale dei nostri pescatori (la quale è appena superata dalla loro ignoranza), vietando loro di esercitare l’industria lontano dalla costa, e mal persuadendoli a rastrellare incessantemente gli stessi luoghi perturbandovi la riproduzione di pesci, è stata la cagione per cui è andata dietro i loro lamenti, radicando l’idea che il nostro mare non sia pescoso… Vi sono poi al largo pesci mangerecci dimoranti in acqua profonde… tali sono alcuni merluzzi di gran mole riscontrati dal Figlioli in Adriatico e di cui qualche raro esemplare, incappa, a mia notizia nelle reti dei pescatori di San Benedetto del Tronto audaci tra gli audaci, ignorantissimi tra gli ignoranti. E’ lecito trattarli cosi duramente ad un loro comprovinciale. Ben castiga chi ben ama”.

La Bolina amava le Marche e il Piceno specialmente le zone di mare. Le sue valutazioni erano dettate dall’aspirazione di una progresso meccanico e scientifico che migliorasse anche le condizioni di vita dei pescatori, oltre all’efficienza del lavoro di pesca. Un posizione illuminata e un’incondizionata fiducia nel progresso scientifico e tecnologico, cosa questa peraltro comune a molte correnti di pensiero di allora.

Scriveva nella rivista Picenum Rivista Marchigiana Illustrata: “Mi farò un dovere in dinnanzi di informare i miei comprovinciali dei progressi continui che hanno luogo all’stero in fatto di pesca ella speranza che dalle Marche si sviluppi la nuova arte peschereccia, poiché l’antica ha fatto addirittura fallimento”.

Certamente, il contributo di La Bolina alla formazione della civiltà marinara italiana e picena fu molto significativa e il legame con il Piceno molto più profondo di quello che si pensi, anche se ancora poco conosciuto e studiato in generale.

Roberto Guidotti

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