martedì, Marzo 19, 2024
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Tornare “all’autentico spirito del Natale”. Possibile in questo 2020?

spirito del Natale

Tornare “all’autentico spirito del Natale”. Possibile in questo 2020?

Negli ultimi decenni sono molti quelli che, sia all’interno della chiesa che fuori, hanno auspicato un ritorno al “vero e autentico spirito del Natale” fatto almeno nelle intenzioni, da riflessioni sulla nascita del Salvatore e di azioni gentili verso il prossimo; il tutto in contrasto col forte richiamo commerciale che questo periodo trasmette, veicolato dalla pubblicità, dalla televisione e dai mass-media in generale. Bisogna “recuperare la radicale semplicità e la totalità della fede nel Bambino Gesù, cioè della fede nell’inizio della pienezza del mistero cristiano” dichiarava qualche anno fa un vescovo italiano.

Quest’anno causa Covid-19 e il contestatissimo DPCM di Natale sembrerebbe la volta buona. Per la verità, in queste ultime ore, le reazioni anche dei credenti non sembrano così coerenti con l’auspicio, visto che in molti si stanno preoccupando dell’aspetto conviviale della festa e della problematica sulla condivisione del pranzo natalizio.

Ma com’era lo spirito del Natale anticamente? Era meno “mondano” di quello attuale? Paradossalmente lo spirito natalizio originario, non era molto dissimile negli atteggianti, usanze e costumi da quello manifestato delle persone oggi e non solo nei paesi occidentali. Ma andiamo con ordine e analizziamo storicamente quattro quesiti. Quando si cominciò a festeggiare il Natale? Che spirito generava questa festa? La ricorrenza fino a che punto aveva a che fare con Gesù? E Gesù nacque veramente il 25 dicembre? In relazione all’ultimo quesito la New Catholic Encyclopedia ammette: “La data di nascita di Cristo non si conosce. I Vangeli non indicano né il giorno né il mese”. Sulla stessa falsa riga come riportava il quotidiano la Repubblica del 15 gennaio 1987 in un articolo dal titolo “Il Papa ‘contesta il Natale”, si era espresso Papa Giovanni Paolo II.

Nell’articolo si leggeva: “Per quanto riguarda la data precisa della nascita di Gesù, ha detto Giovanni Paolo II, i pareri degli esperti non sono concordi. Wojtyla, nel suo discorso, più che della data della nascita di Gesù, si è preoccupato di rilevarne la figura storica. Gesù, ha spiegato il papa, era un nome abbastanza diffuso nel popolo ebraico e il suo significato, anche nella forma di Giosuè, vuol dire Jahvé (Dio) libera”. Nella sua prima enciclica Lumen fidei I, anche Papa Francesco ha ammesso che “nel mondo pagano, affamato di luce, si era sviluppato il culto al dio Sole, Sol invictus, invocato nel suo sorgere. Anche se il sole rinasceva ogni giorno, si capiva che era incapace di irradiare la sua luce sull’intera esistenza dell’uomo”.

Perché allora fu scelta come data il 25 dicembre? La New Catholic Encyclopedia ammette: “Secondo l’ipotesi avanzata da H. Usener . . . e accettata dalla maggioranza degli studiosi odierni, la nascita di Cristo fu abbinata alla data del solstizio invernale (25 dicembre nel calendario giuliano, 6 gennaio in quello egiziano), perché quel giorno, mentre il sole cominciava a tornare nei cieli settentrionali, i fedeli pagani di Mitra celebravano il dies natalis Solis Invicti (genetliaco del sole invitto). Il 25 dic. 274 Aureliano aveva proclamato il dio sole principale patrono dell’impero e gli aveva dedicato un tempio nel Campo Marzio. Il Natale ebbe origine in un tempo in cui a Roma il culto del sole era particolarmente forte” e sempre secondo il succitato articolo di Repubblica si legge “La prima notizia del Natale al 25 dicembre si ha sotto papa Giulio (337-352). La data sembra provenire dal calendario civile romano. L’ imperatore Augusto, nel 274, introdusse per questo giorno la celebrazione del Sol Invictus, quale fine del solstizio invernale (21 dicembre). La festa pagana venne cambiata in festa cristiana”.

Qual era lo “spirito” o l’atmosfera che regnava nei pagani in questa loro importante ricorrenza? Nel New York Times del 24 dicembre 1991 in un articolo sulle origini delle usanze natalizie, compresa quella di scambiarsi doni, Simon Schama, docente di storia presso la Harvard University ha scritto: “A Roma la Chiesa primitiva dovette lottare in particolare contro altre due grandi feste pagane, i Saturnali, che cominciavano il 17 dicembre e duravano una settimana, e le Calende, che festeggiavano l’Anno Nuovo. La prima festa era un periodo di anarchia autorizzata, spesso presieduto da un signore della baldoria: non Babbo Natale bensì il grasso Saturno in persona, l’orgiasta del mangiare, del bere e di altre sfrenatezze. Era però durante le Calende, al volgere dell’anno, che avveniva lo scambio rituale di doni, spesso legati ai ramoscelli verdi che decoravano le case durante le feste.”

A rigor di termini, la spinta ai consumi del sistema commerciale e la particolare predisposizione agli aspetti gastronomici e ludici della festa si avvicinano maggiormente alle caratteristiche dell’antico Natale del Sole Invitto più che a una valutazione teologica e dottrinale sul significato della venuta Gesù al mondo. Qualcosa di molto diverso dalla “santità” che la celebrazione dovrebbe rappresentare.

Il Natale del 2020 sarà a suo modo storico, causa la pandemia con il suo carico di sofferenza e morte. A questo punto una riflessione approfondita sulla “pienezza del ministero” del Salvatore e il fine della sua venuta ci starebbe tutta. Al momento però, questo raccoglimento non sembra essere la principale preoccupazione degli italiani.

Roberto Guidotti