sabato, Aprile 27, 2024
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Ocriticum, il culto delle Gran Madri legato ad Ercole e Giove

L’AQUILA – Nel cuore del Parco Nazionale della Maiella, in area peligna fra i Comuni di Sulmona, Pacentro, Cansano, Campo di Giove e Pescocostanzo esisteva in antichità una vasta area sacra dedicata al culto di Giove che secondo alcuni storici sarebbe identificabile con Mansio Iovis Larene, un importante punto di sosta citato nella carta geografica della Tabula Peutingeriana lungo i tratturi / strade romane che collegavano la Valle Peligna con la Valle del Sangro.

I segni più evidenti di ciò sono nei toponimi di Campo di Giove, Colle Mitra (divinità solare identificabile anche “Sol Invictus” con cui era spesso sincretisticamente appellato Giove a partire dal III secolo dell’era comune), ma anche dalla faggeta del Bosco di Sant’Antonio, in precedenza sacra a Yuppiter Fagutalis.

Ma, soprattutto, segno inequivocabile della presenza di un forte culto per il padre degli Dèi Giove, continuato sicuramente anche dopo l’ufficiale divieto di culto per la Prisca Religio e ben oltre la fine della sequenza degli imperatori di Occidente, è il Parco Archeologico di Ocriticum, area sacra frequentata ben prima dell’assimilazione con la Romanitas delle genti osco – sabelliche che popolano le pendici del massiccio della Maiella, montagna sacra, la Gran madre Maia.

Proprio nell’area sacra di Ocriticum ci sarebbe una ulteriore importante prova della ricorrente associazione del culto delle Gran Madri Italiche Appenniniche, più volte mio oggetto di studio, con il culto di figuri maschili simbolo di virilità come Ercole (spesso identificato con Pale, ladivinità della pastorizia, altre volte con Marte, il Dio della Guerra, poi In epoca cristiana con San Michele Arcangelo), e come Giove, il cui culto è legato alla prostituzione sacra, il sacro meretricio, come attesta ad esempio la Tabula Rapinensis ritrovata nel santuario della Gran Madre dei Marrucini nella Grotta del Colle di Rapino (Ch).

Ad Ocriticum, infatti, perfettamente allineati, ci sono un antico tempio italico dedicato a Ercole, un tempio più recente dedicato a Giove, edificato in epoca tardo repubblicana/ primo repubblicana per celebrare l’unione fra gli Italici e i Romani dopo la Guerra Sociale e la successiva Coniuratio Italiae e infine un Orto sacro alla Gran Madre Italica che può assumere come abbiamo più volte visto vari nomi sincretisticamente parlando a seconda dell’area geografica e di influenza culturale.

Suggestivo lo scenario che appare al visitatore che visita Ocriticum, allorché osserva l’anfiteatro delle montagne circostanti che fanno da corollario all’area sacra, come in adorazione e contemplazione della divinità.

Nelle culture agro – pastorali dell’Appennino Abruzzese, il culto delle Gran Madri Italiche come Pelina, Maruca, Feronia, Opi, Sicinna, Bona Dea, Angizia e Libera è stato sincretisticamente unito prima nel culto romano di Cerere e successivamente in quello della Madonna come la Madonna della Libera e talvolta a quello di alcune sante come Sant’Agata. Vedi a tal proposito, ad esempio: C.Vignali, “Sant’Agata di Abbateggio e il culto di Cerere”, 28 aprile 2021, Agenzia Stampa Italia; C.Vignali, Filetto, il mistero delle radici italico – romane del culto della Madonna della Libera”, 1 Aprile 2021, Agenzia Stampa Italia. ; C.Vignali “Dal culto di Iside e di Maia, alla Madonna Nera, importata dai monaci a Pescasseroli”, 5 dicembre 2018, Agenzia Stampa Italia.
Cerere era la dea della fertilità sia dei campi che delle donne, non a caso il nome “cereali” deriva proprio da quello della Dėa. Strettamente connessa all’agricoltura, i popoli stanziatisi probabilmente nel Neolitico sull’Appennino, praticavano la pastorizia, cioè la Transumanza che si è svolta per millenni pressoché sulle stesse vie di comunicazione montagna – mare, proprio per questo, non solo il culto di Giove famoso per il suo seme virile molto fecondo e per i suoi amori extraconiugali, ma anche quello di Ercole, protettore delle greggi, delle sorgenti e delle fonti sacre, è collegato con quello della Gran Madre. Nell’orto sacro di Ocriticum sono state ritrovate tracce di culto per delle Ninfe che collegano anche qui il culto della Gran Madre con quello delle acque e delle abluzioni. Non a caso nella zona sorgono le fonti di Grascito e quella Sulmontina, come pressoché in ogni area sacra dedicata al culto di Ercole e di Cerere.

Una continuità e un collegamento di riti e culti fra Età del Ferro, Antichità Classica, Tarda Antichità e Medioevo, fra la Prisca Religio e il Cattolicesimo ad ulteriore testimonianza di importanti elementi di comune identità fra i Popoli che vivono alle pendici dell’Appennino, spina dorsale della identità nazionale italica.

Cristiano Vignali