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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Strindberg del 13 novembre alle 21.15 su Rai 5: “Signorina Giulia”

signorina giulia

Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Strindberg del 13 novembre alle 21.15 su Rai 5: “Signorina Giulia” dal Castello di Racconigi

Lucia Mosca on Twitter: "(Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di  Molière del 22 febbraio alle 15.45 su Rai 5: “Il misantropo”) Segui su: La  Notizia - https://t.co/OcN4KZlJWI… https://t.co/bUS2bZ9xXI"

Una tragedia in un atto unico scritta nel 1888 dal drammaturgo svedese August Strindberg, “riletto” da Valter Malosti e Valeria Solarino: è “Signorina Giulia”, in onda sabato 13 novembre alle 21.15 su Rai5.

Ambientata in una notte d’estate di fine Ottocento in una cittadina svedese, la tragedia racconta la vicenda di Julie, ragazza venticinquenne figlia di un conte, che decide di passare la serata di San Giovanni alla festa della servitù, mentre il padre è assente.

L’opera affronta la doppia tematica dell’interazione tra classi sociali differenti e tra il genere maschile e quello femminile. Per il contenuto e il drammatico epilogo, fu oggetto di scandalo nella società puritana e conformista dell’epoca.

Lo spettacolo è stato registrato nei locali del Castello di Racconigi, in provincia di Cuneo.

(SV)«Jean: För det är skillnad på oss!
Julie: Därför att ni är man och jag kvinna?
Vad är det då för skillnad?
Jean: Samma skillnad – som – mellan man och kvinna!»
(IT)«Jean: C’è una differenza tra di noi.
Julie: Perché tu sei un uomo e io una donna?
Che differenza c’è?
Jean: La differenza, tra un uomo e una donna.»
(La signorina Julie[1][2])

La signorina Julie (in svedese Fröken Julie) è una tragedia in un atto unico del 1888 di August Strindberg.

Ambientata in una notte d’estate di fine Ottocento in una cittadina svedese, l’opera affronta la tematiche dell’interazione tra classi sociali differenti e tra il genere maschile e quello femminile, incontro che porta alla difficile comprensione di sensibilità e condizioni profondamente distanti. Fu oggetto di uno scandalo clamoroso nella società puritana e conformista dell’epoca[3].

Il dramma racconta la vicenda che vede Julie, ragazza venticinquenne figlia di un conte, passare la serata di San Giovanni alla festa della servitù, mentre il padre è assente. Cerca di sedurre il giovane cameriere Jean, il quale si dichiara innamorato di lei. Visti dai servitori decidono di scappare per l’imminente caduta della reputazione della ragazza, ma scoperti dalla cuoca Kristin non riescono nell’intento. Tornato il conte, il giovane Jean si sente colpevole e dichiarando che il rispetto e la soggezione che prova nei confronti di lui gli impediscono di contrariarlo, suggerisce alla ragazza il suicidio porgendole un rasoio affilato col quale raggiungere lo scopo.

Pur trovando difficoltà per essere rappresentato, in un mondo puritano come quello della Svezia di fine Ottocento, alla sua uscita La signorina Julie rese Strindberg famoso davanti al pubblico mondiale.[4]

Trama

La vicenda si svolge in una notte di mezz’estate di fine Ottocento. Il testo si apre con una didascalia di scena che descrive un’ambientazione in modo naturalistico: siamo nella cucina di una villa. L’autore inserisce a sinistra un muro con due armadi o scaffali guarniti di carta crespa pieni di utensili di rame e ferro, sulla destra invece vi è una porta vetrata dalla quale si intravede il giardino con una fontana che si erge con una statua di Cupido e cespugli di lillà in fiore.

Kristin, la cuoca, è in cucina intenta al suo lavoro quando entra il suo fidanzato Jean, un servo del Conte con il quale instaura un dialogo. Egli le racconta della signorina Julie e di quanto secondo lui la giovane sia pazza, per via della danza che le ha visto fare con il giardiniere del palazzo, invitando anche lui porgendogli il braccio. Spostano poi il discorso sulla cena preparata da Kristin e Jean inizia a mangiare mentre decide di bere una bottiglia di vino pregiato, appartenente al Conte. Kristin racconta anche che sta cucinando un veleno per far abortire Diana, la cagna di proprietà della signorina, rimasta incinta. Entra in scena la signorina Julie che invita Jean a ballare con lei: e benché il servitore non desideri farlo, per non mettere a rischio la reputazione della nobildonna a causa della loro diversità sociale, egli si sente costretto ad accettare. Dopo il ballo Jean rientra in cucina dichiarando la pazzia di Julie, che si espone in tal modo alle chiacchiere della società: Kristin gli spiega che la sua stranezza viene dal fatto che sta per arrivare il suo “mensile”, intendendo evidentemente il ciclo mestruale.[5]

La signorina irrompe in scena accusando arrabbiata Jean di essere fuggito nel corso della danza e, dopo una breve discussione, l’uomo inizia a raccontarle la sua vita, spiegando di come abbia imparato il francese vivendo a Lucerna, in Svizzera. Kristin si addormenta e Julie, non ascoltando i consigli dell’uomo sul comportamento da tenere fra persone di diversa classe sociale, e sulle dicerie che potrebbero nascere dalla loro confidenza, lo invita ad uscire con lui per prendere alcuni lillà. Al rientro la signorina cerca di sedurlo nonostante egli sia ritroso fino a quando prova però a baciarla. Julie lo ferma sgridandolo e chiedendogli se sia mai stato innamorato: Jean le confessa di essere innamorato proprio di lei e di come, a causa della loro eccessiva diversità sociale, egli avesse perfino pensato di uccidersi.

Il dialogo continua nonostante Jean le chieda di andarsene perché la gente sta per accorgersi di loro: stanno arrivando i domestici, cantando una canzone e accusando la contessina di essere stata insieme al servo. I due decidono quindi di non farsi vedere nascondendosi in camera di Jean e, al rientro in cucina, il giovane affronta il problema dell’impossibilità di continuare a vivere insieme in quella casa e suggerisce di scappare in Svizzera o sul lago di Como, dove sarebbe stato possibile aprire un albergo, sogno che rimane però tale vista la mancanza di fondi di entrambi. Julie ha paura dell’accaduto e scoppia un alterco nel corso del quale ella racconta tutta la sua storia, del passato della madre e di come suo padre l’abbia forzata a sposarlo, di come sia nata senza essere desiderata dalla genitrice e, cosa peggiore, come figlia illegittima. In seguito ad una lunga discussione Jean la convince a prepararsi per partire, a rubare dei soldi dalla cassaforte di suo padre e a scappare con lui. Jean rimane solo ad aspettarla, quando torna in scena la cuoca, Kristin. Alla scoperta di quello che è successo la cuoca sgrida Jean invitandolo ad andare con lei a messa e a dimettersi il prima possibile. Mentre la cuoca va a prepararsi per la funzione, torna Julie, vestita e pronta per partire, con il suo uccellino che vuole portare con sé. Jean la convince a non farlo, ma alla dichiarazione della ragazza che avrebbe preferito vederlo morto che lasciarlo in altre mani, Jean uccide l’animale. La signorina sprofonda nella paura di essere scoperta quando rientra Kristin, che scopre i loro piani. Julie cerca di convincerla a venire con loro, ma la cuoca litiga con Jean per via del tentativo di fuga.

Dopo una discussione la ragazza propone di suicidarsi come unica soluzione possibile ma Jean cerca di distoglierla dall’intento definitivo quando è annunciato l’arrivo del Conte. Jean spiega di come subisca l’autorità di questi e di come, anche per il rispetto che prova nei suoi confronti, non desideri contrariarlo; quando la signorina Julie gli chiede un aiuto per uscire dalla situazione in cui si trova, Jean le tende un rasoio. La signorina lo ringrazia e va fuori di scena, dove si ucciderà.[6][7][8]

Origini

La tragedia venne scritta da Strindberg all’età di trentanove anni, tra la fine di luglio ed il 10 agosto 1888, nella tenuta di Skovlyst nei pressi di Holte, mentre la prefazione al dramma venne stesa tra il 10 ed il 15 dello stesso mese di fine stesura.[9] Dopo essersi recato a Copenaghen per la prima de Il padre, il novembre passato, Strindberg si era sistemato con sua moglie ed i tre figli nel villaggio di Lyngby, non lontano dalla città. Si stabilirono per un certo lasso di tempo nelle camere libere di un castello appartenente ad una donna eccentrica, intorno ai quaranta anni di età, che si faceva chiamare Contessa Frankenau, pur non essendo di nobile nascita.[10] Il castello era gestito dal suo notaio Ludvig Hansen, un signore che poteva sembrare uno zingaro[11] con il quale ella sembrava avere una relazione amorosa.

Il drammaturgo prese spunto da questa situazione per il nodo centrale della vicenda che occorre nel La signorina Julie, anche se più tardi si scoprì che i due non avevano una relazione amorosa ma erano bensì fratelli naturali, in quanto l’uomo era figlio illegittimo del padre di lei, fatto tenuto nascosto per la memoria del defunto padre.[10] Un altro punto di raccordo con la vicenda del dramma è il senso di inferiorità sociale che Strindberg provava per sua moglie Siri. Al tempo della conoscenza tra i due, infatti, Siri era una baronessa. Il drammaturgo, figlio di una serva[12], per tutta la sua vita covò un senso di risentimento contro le classi alte: a dar voce a ciò inserisce nella tragedia il cameriere Jean.[10]

Inoltre, tra gli elementi che hanno ispirato l’opera sembra vi sia il suicidio per amore di Victoria Benedictsson, una scrittrice svedese.[9]

Contesto storico

La tragedia è ambientata nella Svezia coeva di Strindberg, in una villa nobiliare ottocentesca di stile neoclassico. Il contesto sociale che sottende il racconto è tutto basato sulle discrepanze della società scandinava del XIX secolo: ovvero sulle posizioni spesso contraddittorie di un’aristocrazia che si sta indebolendo, e i suoi rapporti con una classe medio-bassa che, a sua volta, desidera assurgere a borghesia.

I personaggi

Siri von Essen, moglie di Strindberg, prima ad interpretare la signorina Julie

(SV)«Jag älskade min far, men jag tog parti för min mor, emedan jag icke kände omständigheterna. Av henne hade jag lärt hat mot mannen – ty hon hatade manfolk efter vad ni hört – och jag svor henne, att aldrig bli en mans slavinna.»(IT)«Amavo mio padre, ma presi le parti di mia madre, perché non conoscevo le circostanze. Avevo appreso da lei a odiare e diffidare degli uomini – lei odiava gli uomini. Ed io giurai che non sarei mai stata schiava di nessun uomo.»
(Julie, La signorina Julie[2][13])

Julie è la protagonista del dramma, che porta del resto il suo nome. Contessina, ha il ruolo di seduttrice del giovane servo Jean. Nella prima messinscena allo Studentersamfundet del 14 marzo 1889, il ruolo fu della moglie di Strindberg, Siri von Essen, già ex attrice del Teatro Reale di Svezia, che recitava in lingua svedese. La sua interpretazione fu però considerata troppo fredda rispetto al ruolo di seduttrice che la signorina Giulia richiedeva.[14] La protagonista, che non regge il peso delle emozioni provate, finisce suicida. Dall’analisi di Strindberg stesso, come specifica nella sua prefazione a La signorina Julie, il personaggio rappresenta due simboli, due significati, due aspetti base che la compongono. Il primo è l’essere una mezza donna, che odia gli uomini; questo, secondo l’autore, sarebbe un sinonimo di corruzione: questa donna sentirebbe la differenza che la tiene distante dal potere maschile.[15][16] Il secondo aspetto che Strindberg trova in Julie è quello della nobiltà dell’antico guerriero; una vittima dell’influenza che sua madre ha avuto su di lei, una vittima dei problemi della propria epoca, delle circostanze; e questo, dice l’autore, rientra nel concetto di destino e della “Legge dell’universo”. È proprio con questo aspetto che spiega l’atto finale compiuto dalla donna, il suicidio, come un Hara-kiri; anche se Jean, il servo, “può continuare a vivere, la ragazza non può farlo perché non potrebbe vivere senza onore”.[16]

(SV)«Det finns skrankor mellan oss ännu, så länge vi vistas i detta hus – det finns det förflutna, det finns greven – och jag har aldrig träffat någon person, som jag har sådan respekt för – jag behöver bara se hans handskar ligga på en stol, så känner jag mig liten – jag behöver bara höra klockan däroppe, så far jag ihop som en skygg häst – och när jag nu ser hans stövlar stå där så raka och kavata, så drar det i ryggen på mig!»(IT)«Ce ne sono ancora di barriere, fra noi, finché resteremo in questa casa – c’è il passato, c’è il conte – e non ho mai trovato nessuno che rispetti quanto lui – mi basta vedere i suoi guanti su una sedia e mi sento piccolo – mi basta sentire il campanello di sopra, e do uno scarto come un cavallo che prende paura – e adesso che vedo i suoi stivali, lì, rigidi e fieri, sento la schiena che s’incurva!»
(Jean, La signorina Julie[2][17])

Jean è un servo della casa, fidanzato della cuoca Kristin. Fu interpretato nel corso della prima dall’attore danese Viggo Schiwe (che recitava in lingua danese al contrario della Von Essen, che rispondeva in svedese)[18]. In lui si riversano dialoghi e motivi che rispecchiano un certo autobiografismo strindberghiano. Innamorato di Julie, le proporrà di fuggire con lei, ma su di lui pesa la differenza sociale e l’enorme paura del conte.

(SV)«Jag har alltid haft så mycket aktning för mig själv— […] -Så att jag aldrig sänkt mig under mitt stånd. Kom och säg att grevens kokerska haft något med ryktaren eller svindrängen! Kom och säg det!»(IT)«Ma per me ho sempre avuto abbastanza rispetto da— […] -da non abbassarmi sotto la mia condizione! Provati a dire che la cuoca del conte è andata collo stalliere o col garzone dei maiali! Provati!»
(Kristin, La signorina Julie[2][17])

Kristin è la cuoca della casa, interpretata alla prima da Anna Pio. Il suo personaggio è di forte contrasto all’animo irrequieto di Jean: senza sfumature, sa che il suo destino è legato alla classe sociale alla quale appartiene.

La prefazione di August Strindberg

Nella sua prefazione a La signorina Julie, composta contestualmente alla scrittura del testo, esattamente tra il 10 ed il 15 agosto 1888, August Strindberg riversa le sue idee riguardo al teatro; nella sua visione quest’arte, “così come le arti in generale”, ha sempre rappresentato una Biblia pauperum, ossia una Bibbia illustrata che può essere letta dagli analfabeti.[19][20] Cominciando in questo modo, prosegue giustificando e spiegando il suo metodo di pensiero, che direttamente porta alla creazione del testo. Nella sua visione il drammaturgo è colui che porta le idee contemporanee ad avere una forma popolare, che possa andare bene per le classi medie; come egli stesso dice: “il teatro è sempre stato una principale forma di istruzione per i giovani, i semi-educati, le donne, tutti quelli che conservano l’umile facoltà di ingannarsi e di essere ingannati. In poche parole, accettare l’illusione, e reagire ai suggerimenti dell’autore”.[19][20] Egli spiega inoltre di come il teatro, in quel periodo, stava per essere lasciato da parte come una forma morente al pari della religione, la quale non aveva più le condizioni necessarie per avere successo. Afferma che la crisi teatrale europea si è generata poiché “in quelle fortezze culturali dove si sono formati i più grandi pensatori dell’epoca, Inghilterra e Germania, l’arte di scrivere drammi è, come la maggior parte delle belle arti, morta.”[19][20] In altri paesi è stato provato da molti autori che hanno provato a mettere le proprie idee in forme più classiche di scrittura, ma il pubblico non essendo educato a capire le questioni soggette, non ha potuto portare queste prove al successo; in poche parole, “il vino nuovo faceva scoppiare le botti vecchie”.[19][20]

Nelle sue opere precedenti, l’autore spiega di aver provato a modernizzare il teatro, senza comunque inventare niente di nuovo, in modo che potesse andare incontro alla richiesta del pubblico, e che quindi ha utilizzato come argomenti principali della tragedia temi che trova di permanente interesse; l’ascesa ed il declino sociale, la posizione più alta e la più bassa nella scala sociale, il meglio e il peggio, l’uomo e la donna.[19][20]

Strindberg continua spiegando il perché della tragicità della situazione sociale che troviamo riflessa nell’opera: la decadenza sociale della giovane eroina ci fa compassione per la nostra debolezza nel pensare che la stessa sorte potrebbe capitare a noi, trovandoci nella sua situazione, e ciò permette l’instaurarsi di un processo di immedesimazione nonostante non sia detto che la condizione esistenziale dello spettatore sia più leggera di quello della signorina Julie.[19][20] Nella sua mente, la “gioia di vivere”[21] si scontra con la crudeltà della vita che innegabilmente la soffoca.[22][23] Dal punto di vista della critica al suo operato, il drammaturgo afferma che in molti non apprezzeranno la tragedia perché il motivo stesso che anima la trama non è di facile intendimento ed esistono molti punti di vista da considerare. Espone così il tema del suicidio, delle motivazioni che spingono la signorina Julie verso quella direzione: il carattere di sua madre, l’educazione del padre, il suo stesso carattere, la suggestiva influenza che il fidanzato riesce ad esercitare sulla sua mente debole. E ancora: l’atmosfera festiva della notte di mezza estate, l’assenza della figura paterna, le mestruazioni, l’associazione con gli animali, l’afrodisiaca influenza dei fiori e, soprattutto, il caso in cui si è trovata in una stanza privata con Jean ed il suo desiderio sessuale nei confronti del giovane.[22][23] Questa molteplicità di motivi sono tipici dell’epoca, afferma lo scrittore. In seguito sottolinea come i personaggi debbano avere molti lati, non un carattere esclusivo e ben caratterizzato come nel teatro precedente,[24] e che la sfida di raccogliere i numerosi aspetti psicologici di essi sia accettabile solo dai naturalisti in quanto profondi conoscitori dell’uomo attraverso la sua osservazione.[22][23] Le sue “anime”, così chiama le dramatis personae che animano La signorina Julie, “sono un’agglomerazione di culture passate e presenti, note da giornali e libri, frammenti di umanità”.[22][23]

Strindberg focalizza poi il discorso sulle caratteristiche del dramma, di come il dialogo sia stato pensato, in modo da rendere i personaggi reali, cioè eliminando ogni simmetria e rendendo il tutto più irregolare, come succede nella vita vera; di come la trama si svolga, basandosi sulla psicologia di ognuno; della sua scelta di eliminare tutti gli intervalli – e quindi gli atti – in modo da dare più potere all'”autore ipnotista”, eliminando la possibilità che il pubblico non resti concentrato e che rifletta sulla tragedia prima che sia finita; dell’uso dei monologhi, delle sue scelte scenografiche; ovvero cercando di simulare un ambiente reale, del trucco; realistico, delle luci; che cercano di ritrarre l’illuminazione reale dell’ambiente che si vuole realizzare, e collegando tutto questo alle sue ragioni filosofiche sulla tragedia e di come, cambiando tutto questo sia riuscito a creare il primo dramma naturalista.[25][26] Chiude con questo periodo:

«…forse potrebbe nascere una nuova arte drammatica e il teatro potrebbe tornare almeno ad essere un’istituzione per la ricreazione delle persone colte. Aspettando un siffatto teatro potremo ben scrivere per il cassetto e preparare il repertorio futuro. Io ho fatto un tentativo! Se non è riuscito, ci sarà abbastanza tempo per farne altri!»
(August Strindberg, prefazione alla signorina Julie[27][28])