venerdì, Marzo 29, 2024
Home > Anticipazioni TV > Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Fabbri del 23 aprile alle 15.45 su Rai 5: “Processo a Gesù”

Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Fabbri del 23 aprile alle 15.45 su Rai 5: “Processo a Gesù”

processo a gesù

Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Diego Fabbri del 23 aprile alle 15.45 su Rai 5: “Processo a Gesù”

Grande Teatro in TV di Petito 11 marzo Rai 5: “Una mangiata impossibile"

Per il Grande Teatro in TV di Diego Fabbri in onda oggi sabato 23 aprile alle 16.05 su Rai 5 il dramma scritto nel 1954 “Processo a Gesù” nella versione andata in onda nell’aprile 1968 sulla Rai con la regia di Gianfranco Bettetini e l’interpretazione di Fosco Giachetti, Diana Torrieri ed Ernesto Calindri.

Una compagnia di attori ebrei mette in scena ogni sera un processo alla figura di Gesù, girando i teatri del mondo e ponendo sotto il profilo puramente giuridico la storia del Messia.

Processo a Gesù è un’opera teatrale di Diego Fabbri, composta dal 1952 al 1954 circa.

La prima rappresentazione, avvenuta al Piccolo Teatro di Milano il 2 marzo 1955, ebbe la regia di Orazio Costa: tra gli interpreti figuravano Tino CarraroSergio FantoniAugusto MastrantoniChecco RissoneMiranda CampaMaría Rosa GalloFrancesco Mulè.

Dati i contenuti dell’opera e il travisamento del significato della stessa, l’anno successivo il testo fu denunciato al Santo Uffizio dall’Alleanza Cattolica Tradizionalista con l’accusa di “offesa alla religione e istigazione all’odio sociale”.

Una compagnia di attori ebrei mette in scena ogni sera un processo alla figura di Gesù, girando i teatri del mondo e ponendo sotto il profilo puramente giuridico la storia del Messia, tentando alla fine di capire se ne è possibile l’assoluzione o la condanna.

I quattro attori che interpretano i giudici sono Elia e la moglie Rebecca, più la figlia Sara, vedova di Daniele, e Davide. I ruoli dei quattro procedono per estrazione e cambiano ogni sera: Elia è il giudice, mentre gli altri difendono CaifaPilato e Gesù stesso. Un quinto si occupa dell’accusa. Al rifiuto di Sara di difendere Pilato, ruolo che le tocca la sera della rappresentazione, dal pubblico viene scelto un quinto giudice a coprire il posto vacante di Daniele. Sara è ormai stufa di tale rappresentazione, ma il padre Elia sembra non darle ascolto. Propone quindi di ascoltare altre figure storiche come testimoni: gli attori impersonano Maria Maddalena, la MadonnaGiuseppeGiuda e altri, che piano piano spostano il piano del processo da un livello giuridico a quello più strettamente umano.

Durante l’intermezzo veniamo a scoprire che Sara è vedova a causa di Davide, che consegnò Daniele, l’ex marito di lei, ai nazisti, accusandolo di essere ebreo.

Il secondo atto si apre con la partecipazione del pubblico che, sempre impersonato da attori, sale sul palco per dare voce alle proprie considerazioni su Gesù: chi nelle vesti di una prostituta, chi nelle vesti di prete, chi da seminarista che ha abbandonato gli studi, chi da non vedente, chi da donne delle pulizie. Gli accorati pensieri si mescolano al processo, portandolo su un piano più personale ed emotivo. Il processo si sposta quindi alla cristianità più che a Gesù, perché senza la figura di quell’uomo pieno di amore, come conclude la donna delle pulizie, alla gente semplice non rimane più nulla.

Diego Fabbri (Forlì2 luglio 1911 – Riccione14 agosto 1980) è stato un drammaturgosceneggiatoresaggista e giornalista italiano.

Frequentò l’oratorio di don Giuseppe Prati, conosciuto come don Pippo, che gli trasmise la passione per il teatro. Scrisse le sue prime composizioni, tra il 1931 e il 1935, per il teatro della parrocchia di San Luigi di Forlì.

La sua prima opera, I fiori del dolore (1931), fu dedicata espressamente: «A don Pippo, che per primo mi insegnò come fecondare di dolore le aiuole dei fiori». Nello stesso anno il regime decise la chiusura dei circoli cattolici. La scelta di campo di Fabbri fu netta: non si iscrisse ai Gruppi universitari fascisti (GUF). Nel 1936 si laureò in Economia e commercio all’Università di Bologna affrontando la discussione in camicia bianca, anziché quella nera.[1] Nel 1937 si sposò con Giuliana Facciani (da cui ebbe sette figli), nel 1939 si trasferì a Roma; lavorò nella casa editrice Ave dell’Azione cattolica, nella quale proseguì la sua carriera artistica.