martedì, Maggio 28, 2024
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Draghi a Bruxelles: “Putin non deve vincere questa guerra”

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Il Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha partecipato a Bruxelles alla riunione del Consiglio europeo Straordinario su Ucraina, Energia, Difesa e Sicurezza alimentare. Al termine dei lavori il Presidente ha tenuto una conferenza stampa. Di seguito riportiamo integralmente quanto dichiarato di fronte alla stampa.

“É stato un Consiglio europeo un po’ lungo ma dei cui risultati possiamo essere abbastanza soddisfati. 
Un riassunto rapido delle questioni discusse.
Il primo argomento riguardava – come prevedibile – l’Ucraina. Il Consiglio europeo ha riaffermato l’unità dell’azione dell’Unione europea e di tutta l’Alleanza. Ha ribadito come Putin non possa vincere questa guerra, non debba vincere questa guerra. L’Ucraina deciderà la pace, sceglierà la pace che vuole. Anche perché una pace forzata non sarebbe neanche sostenibile.

Il secondo punto è stata la discussione sulla sicurezza alimentare dei paesi poveri. Una catastrofe umanitaria di proporzioni gigantesche potrebbe abbattersi su milioni e milioni di persone, i quali potrebbero trovarsi in pochi mesi in una situazione di carestia. Si è discusso di cosa sta facendo l’Ue. Io stesso ne ho parlato nell’incontro che ho avuto – prima dei lavori del Consiglio – con il presidente Macron e il Cancelliere Scholz. Le Nazioni Unite sembrano avere un po’ la leadership del processo. Bisogna capire adesso che cosa fare, cosa può fare l’Ue per aiutarle. Si è parlato di percorsi alternativi. In questo contesto ho fatto presente una questione relativa alle sanzioni che riguardano i fertilizzanti, che sembrano avere un trattamento diverso da parte degli Usa rispetto a quello europeo. Su questo ci sarà una indagine e poi avremo una risposta.

Siamo poi passati a parlare dell’energia, in particolare del RePowerEu. Ieri sera la presidente della Commissione ha fatto una presentazione molto ricca, molto interessante. L’azione dell’Unione Europea sull’energia si sta sviluppando e si svilupperà nei prossimi anni su molti fronti. Il primo è il risparmio energetico. Il secondo sono acquisti congiunti, immagazzinamenti congiunti, investimenti nelle rinnovabili, nello sviluppo della rete – che serve poi a utilizzare e a connettere l’energia prodotta con le rinnovabili. Si è poi parlato di cosa fare sui prezzi alti, sul funzionamento del mercato dell’energia. In questo campo noi siamo stati accontentati: c’è un riferimento molto esplicito nelle conclusioni al tetto sui prezzi e sul fatto che la Commissione, ora ufficialmente, ha ricevuto mandato per studiare la fattibilità del tetto sui prezzi del gas e anche altre questioni. Abbiamo inoltre discusso di Difesa. C’è ormai la consapevolezza che noi spendiamo per la difesa più di tre volte di quanto spende la Russia. Si è discusso la questione della interoperabilità dei vari sistemi di difesa, della necessità di evitare duplicazioni e del fatto che noi importiamo armi dal resto del mondo per una percentuale pari al 60% di tutte le nostre armi. Queste sono brevi considerazioni, ora sono in attesa delle vostre domande.

Domande

Federica Ionta (RadioRai): Buonasera Presidente, vorrei partire dall’accordo di questa notte sull’embargo al petrolio via mare, c’è una gradualità mi sembra di capire, prima i due terzi, poi si arriverà al 90%. Ci sono delle eccezioni, ad esempio l’Ungheria per quanto riguarda l’oleodotto. Vorrei capire se queste eccezioni rischiano un po’ di rendere inefficace la misura e di penalizzare la posizione dell’Italia. 

Presidente Draghi: L’accordo è stato un successo. Immaginare di essere uniti su un accordo che sostanzialmente mette l’embargo su circa il 90% del petrolio russo, era una cosa che detta qualche giorno fa non sarebbe stata credibile. E’ stato un successo completo. Si è poi tenuto conto della situazione specifica dell’Ungheria e della Repubblica Ceca, che non hanno accesso sul mare e – quindi – se si interrompe il petrolio russo occorre essere sicuri che possono avere l’offerta di petrolio anche da altre fonti. Si è trovata una soluzione attraverso la Croazia: avranno una dispensa, un’esenzione da questo obbligo di petrolio per un certo periodo di tempo, in modo che si attrezzino per poter ricevere il petrolio attraverso questa strada, attraverso il Mare Adriatico.
C’è stata inoltre una dichiarazione da parte della Germania e della Polonia che si impegnano per fine anno a non importare petrolio russo, perché a loro oggi il petrolio arriva attraverso un oleodotto che sarebbe difficile interrompere. Il Cancelliere Scholz ha spiegato con grande sincerità la difficoltà che avrebbe avuto a interrompere immediatamente questo petrolio russo, è stato compreso da tutti gli altri. L’Italia, quindi, non esce assolutamente penalizzata; anche per noi l’obbligo di non importare petrolio russo scatterà dalla fine dell’anno, quindi siamo più o meno come gli altri. 

Carlo Marroni (Il Sole 24 Ore): Riguardo all’accordo sul tetto al prezzo del gas, in concreto l’invito alla Commissione da domani o dai prossimi giorni che cosa comporterà? Al di là della dichiarazione, ci sarà immediatamente un’azione da parte della Commissione per fissare questo ipotetico massimale? Legato i pezzi del gas c’è il dato di oggi dell’Istat dell’inflazione al 6,9% a maggio, ai massimi dal 1986, se questo è oggetto anche di riflessione del Governo per possibili nuove azioni di politica economica. 

Presidente Draghi: Sì, la Commissione prenderà del tempo per studiare il modo migliore di poter attuare il prezzo del gas e dovrà anche valutare in tutta obiettività se è fattibile, se non provoca danni peggiori del beneficio che ha. L’atteggiamento della Commissione finora è stato abbastanza favorevole su queste ipotesi. Il rapporto di ACER, che è l’Ente regolatore, è stato fondamentalmente deludente, è stato definito dalla Presidente della Commissione come un “very small, small step” e quindi non ha molto aiutato in questa direzione. La Commissione lavorerà su questo. Il Governo italiano già lavora con la Commissione da tempo su questo fronte. Ma il problema è anche più ampio, perché non è soltanto il prezzo del gas ma è tutto il funzionamento del mercato elettrico che la Commissione pensa di analizzare di nuovo. L’aggancio del prezzo dell’energia rinnovabile al gas forse era giustificato un tempo, quando il gas era la forma prevalente di energia nella produzione dell’energia elettrica. Ma oggi – con le rinnovabili che stanno diventando sempre più importanti nel mix – questo aggancio al prezzo del gas delle rinnovabili non sembra più essere giustificato. Certo è che questo aggancio sta producendo profitti straordinari per i produttori di rinnovabili. Questo è un aspetto che è stato affrontato anche in altri Paesi e che, quindi, affronteremo anche noi presto. 
Il dato sull’inflazione è alto, ci sono alcune differenze però tra la situazione europea e quella degli Stati Uniti. Primo: da noi il tasso di inflazione è alto, ma per quanto riguarda l’Italia il tasso di inflazione esclusa l’energia e il cibo è basso. E quelle che si chiamano aspettative di inflazione non sono particolarmente cresciute. Questo vuol dire che le previsioni di una futura inflazione non sono ancora entrate nel comportamento degli attori, degli agenti economici. Questo produce una situazione di inflazione, per quanto riguarda le politiche che si devono fare per contrastarla, diversa da quella che si ha negli Stati Uniti.
Negli Usa, invece, anche escludendo energia e cibo il tasso di inflazione molto alto e le aspettative di inflazione sono molto alte. Ciò giustifica, quindi, una politica monetaria abbastanza restrittiva e soprattutto velocemente restrittiva negli Stati Uniti, mentre giustifica la gradualità che c’è in Europa. 
L’inflazione crea – e abbiamo visto un po’ tutto da quest’anno e anche dall’anno scorso – dei trasferimenti di ricchezza, penalizza i settori più bassi, più poveri, le famiglie più povere, le famiglie più vulnerabili, quei settori della società che più hanno bisogno. Il Governo finora ha speso già circa 30 miliardi, se non sbaglio, proprio per mitigare l’effetto dei prezzi dell’energia sulle famiglie più vulnerabili – che ormai sono diventate circa 6 milioni – e c’è stato un intervento anche nei confronti delle imprese. Continueremo a procedere in questo modo, continueremo a fare tutto quello che è necessario per aiutare i deboli in questa situazione e cercare anche di aiutare la competitività delle imprese.

Tommaso Ciriaco (La Repubblica): Presidente, volevo chiedere se Lei valuta opportuno il viaggio annunciato dal senatore Salvini a Mosca e se valuta opportuno anche l’incontro del senatore Salvini con l’ambasciatore russo a Roma a guerra già iniziata.  Volevo anche chiedere se ne era informato e se intende convocarlo per chiedergli spiegazioni.

Presidente Draghi: Quando il Governo si è formato sono stato chiarissimo: un Governo fermamente collocato nell’Unione europea e nel nostro rapporto storico transatlantico. In questo binario si è sempre mosso da quando ha iniziato la sua attività e continua a muoversi. È allineato con i partner del G7, con gli altri partner dell’Unione europea e continua a farlo e intende continuare su questa strada. Questo è quanto. Non si fa spostare da queste cose. Ho solo raccomandato a riguardo, mi ricordo in audizione al Copasir circa un mese fa quando mi è stata fatta una domanda simile e ho detto: io non voglio entrare nei rapporti che queste persone di Governo evidentemente possono avere, l’importante però che siano trasparenti.

Ileana Sciarra (Adnkronos): Torno sulla crisi alimentare. Lei ha parlato di una catastrofe che potrebbe coinvolgere milioni e milioni di persone da qui a pochi mesi; ieri ne ha parlato nel trilaterale. Volevo sapere se ci dà qualche dettaglio in più, anche sui tempi, per arrivare a un patto del grano. Il ministro degli esteri di Kiev ha parlato di un’intesa raggiungibile in 14 giorni e che ruolo prevedete per le Nazioni Unite, ma anche per la Turchia, visto il ruolo che sta giocando. 

Presidente Draghi: Le Nazioni Unite hanno, come ho già detto, un ruolo di leadership in questo processo. Hanno iniziato a lavorarci prima degli altri, si muovono soprattutto sulla strada di cercare di aprire i porti, il porto di Odessa e altri porti del Mar Nero, cercare di far sì che possano arrivare delle navi perché i quantitativi effettivamente sono molto grandi e si possono spostare, mobilizzare con una certa rapidità solo con le navi.
Questo comporta che da parte russa ci sia il permesso per queste navi di arrivare, che queste navi, come mi è stato detto da Putin al telefono, contengano cibo e non armi.
Bisognerà immaginare quindi anche una procedura per per esser certi che queste navi portino effettivamente grano.
E bisognerà sminare i porti, lo sminamento. Gli occidentali, la stessa Marina italiana può offrire dei contributi in questo. E’ un’altra cosa da fare.
Poi c’è la questione più complicata, ed è la garanzia che gli ucraini chiedono: che durante il trasporto, una volta sminati questi porti, non ci siano attacchi russi. E’ uno sforzo diplomatico, militare, logistico molto, molto difficile, molto importante. L’Unione Europea collabora con le Nazioni Unite su questo fronte, sia a livello di Unione Europa sia a livello proprio di presenza dei singoli Paesi.
L’Unione Europea sta però cercando di muoversi, su questo fronte aiuta. C’è poi un altro fronte, l’organizzazione dei trasporti via ferrovia, di questi granai. Assicurare delle linee ferroviarie che possano aiutare a portare grandi quantitativi di grano è più facile che non quella di liberare i porti. Ma naturalmente le possibilità di trasporto sono molto più limitate. Si è discusso di varie possibilità ferroviarie attraverso la Romania, la Bulgaria, la Polonia.
La Commissione sta lavorando anche a questo. L’importante è far presto, perché tra poco sarà pronto il nuovo raccolto e se i silos non sono svuotati non ci sarà posto dove metterlo; quindi è molto importante.
Vincere la battaglia della sicurezza alimentare per l’Africa, per quanto ci riguarda, è importante anche da un punto di vista strategico. Perché la tesi che viene diffusa è che l’eventuale carestia dipende dalle sanzioni, quando noi sappiamo che le sanzioni dipendono dalla guerra. Credo che molti di questi Paesi non sono dalla parte dell’Occidente, l’avete visto nelle votazioni alle Nazioni Unite, gran parte di loro si è astenuta.
Quindi ciò che l’Alleanza vorrebbe fare è portarli dalla parte nostra, ma il punto è questo: che se si perde la guerra sulla sicurezza alimentare non ci sarà mai nessuna speranza che questi Paesi possano venire dalla parte dell’Alleanza, perché si sentiranno naturalmente traditi. Poi, di chi sia la colpa è una questione meno rilevante per loro.  Al di là delle conseguenze umanitarie che sono tragiche, ci sono le conseguenze strategiche che sono molto molto serie.

Frullani (Tg2): La guerra va avanti, siamo arrivati a quasi cento giorni. C’è il rischio, secondo la sua opinione, che questo possa creare una spirale sul mondo dei salari, che ovviamente avrebbe delle ripercussioni moto forti sulla nostra economia?

Presidente Draghi: Che la guerra crei una spirale sui salari non lo so. Quello che può creare una spirale sui salari è l’inflazione, ma ricordiamoci che il prezzo dell’energia era alto anche prima della guerra. Anzi, era anche più alto.
Poi ci sono tante altre scarsità di materie prime, materiali di tutti i tipi. E ci sono anche le strozzature nella catena dell’offerta: le merci sono ferme anche per la situazione che c’è in Cina con il Covid.
Una serie di circostanze contribuisce a far aumentare i prezzi e quindi fa diminuire il potere di acquisto dei lavoratori. Occorre che il governo aiuti questo processo se non vuole l’inflazione. E nello stesso tempo, bisogna che le imprese paghino di più.
Come ho già detto in passato, questo è un processo di accordo complessivo in un momento molto difficile che va gestito tutti insieme. Quindi sindacati, imprese e governo devono lavorare insieme. Non c’è spazio per avere il ruolo di una parte sola che ignora le altre due. Non andrebbe bene per il Paese essenzialmente, per tutti.

Alessandro Barbera (La Stampa): Lei prima accennava alla questione dell’aumento del costo dell’energia per le famiglie: l’impressione è che – almeno nel breve periodo – questo embargo sul petrolio russo potrebbe ulteriormente spingere al rialzo i prezzi anche di tutti i prodotti finiti. All’ultimo Consiglio Affari Generali l’Italia ha espresso un certo disappunto per la qualità del piano Re-Power, il piano sull’energia potrebbe contenere misure che vanno nella direzione di un maggior sostegno le famiglie. Volevo capire se, di qui al prossimo Consiglio europeo, su questo intendete dare battaglia, perché da parte di alcuni Paesi non c’è alcuna disponibilità a mettere a disposizione risorse comuni, visto che complessivamente sembra che l’ammontare delle risorse a disposizione è molto più basso di quello che si pensa. 

Presidente Draghi: Le risorse a disposizione sono i fondi che sono rimasti del Next Generation Eu, che sono circa 200 miliardi tra prestiti e grants. Poi, e questa è una novità, c’è la possibilità di usare i Fondi di coesione che non sono stati utilizzati. C’è inoltre un fondo che viene usato per contenere le oscillazioni dei prezzi. Non ci sono quindi nuovi stanziamenti, ci sono però degli stanziamenti che sono stati già decisi in passato e sono rilevanti. Secondo me, al prossimo Consiglio Europeo si arriverà a una discussione anche su questo aspetto e bisognerà, però, essere precisi su come vanno utilizzati questi fondi, perché ci sono tanti bisogni: bisogni di investimenti soprattutto nelle rinnovabili, ma anche nella rete. Si è parlato molto di investimenti nelle interconnessioni. Ci sono molte domande su quei fondi e ci sono vari Paesi che pensano di usarli oltre noi. Quindi vedremo. Nel frattempo, come ho detto, il governo sarà vicino alle famiglie più povere per cercare di mitigare la perdita del potere d’acquisto e anche alle imprese per sostenerne la competitività.

Brahim Maarad (Agi): Ritiene che i 220 miliardi del RePowerEu siano sufficienti? Non giudica inoltre opportuno valutare un meccanismo permanente di fondi, magari a debito comune dell’Unione Europea, invece di andare per emergenze? Infine, la Commissione ha prorogato la sospensione del Patto di stabilità. Anche qui, per quanto si potrà andare avanti in termini di sospensione e non con una soluzione definitiva?

Presidente Draghi: Da almeno 10 anni continuo a dire che occorre creare un bilancio comune o comunque un meccanismo di finanziamento comune o quello che si chiama capacità fiscale centrale. Proprio per non andare di programma in programma.
Certo è che fino al Next Generation EU non si era fatto niente. Con quel programma è stata una cosa bellissima, in termini di solidarietà e di capacità di reagire alla crisi del Covid. Quello è stato un messaggio importantissimo che qualunque commento o qualunque posizione i Paesi possano avere, costituisce un precedente fondamentale per come viene interpretata la solidarietà all’interno dell’Unione Europea.
I due elementi dell’Unione Europea sono la responsabilità e la solidarietà. La responsabilità sui conti pubblici e sulle riforme strutturali veniva richiamato ogni giorno, anzi ogni ora, ogni minuto, ogni secondo. Ma la solidarietà non si vedeva e non si è vista per anni e anni. In occasione del Next Generation EU si è vista ed è stato uno sforzo straordinario. Credo che questo costituisca un precedente che è impossibile dimenticare e quindi mi aspetto che verrà utilizzato.
I bisogni sono molti: ho parlato prima dell’energia, della transizione ecologica, ma anche la transizione digitale, la difesa, le politiche di bilancio: è impensabile che possono essere affrontati solo con i bilanci nazionali. Per non parlare delle interconnessioni di cui si è discusso oggi tra Nord e Sud e quelle che vengono a mancare, per esempio, col petrolio russo e poi successivamente col gas russo. Perché queste sanzioni dureranno molto, molto a lungo. Quindi – per forza di cose – le linee commerciali verranno cambiate per moltissimi anni, se non per sempre. Tutto questo sforzo di riaggiustamento, di reindirizzamento è uno sforzo che non può non essere fatto anche a livello comune, cioè a livello europeo.

Donato Bendicenti (Rai): Sulla Difesa comune lei ha citato due dati: tre volte la spesa della Russia per le armi e il 60% importato. Ursula von Der Leyen ha appena detto che c’è uno stanziamento comune per i prossimi due anni di 500 milioni di euro e che bisogna ottenere il massimo da questo sforzo comune. Possiamo capire come?

Presidente Draghi: Probabilmente le strade per ottenere il massimo sforzo sono tante. Quelle di cui si è parlato oggi sono interoperabilità: oggi abbiamo tantissimi eserciti e tantissimi schemi militari che però non sono interoperabili, elicotteri di un certo tipo che non vanno bene per i piloti di un altro paese, oppure attrezzature militari che non sono scambiabili. E questo non è soltanto un problema di utilizzo ma anche di manutenzione, perché la non-interoperabilità significa anche complicazioni spaventose per la manutenzione di questi mezzi e di queste attrezzature. Il secondo è abbastanza stupefacente: noi importiamo il 60% delle armi da altre parti del mondo. Sicuramente le decisioni di importare sono dovute forse a differenze tecnologiche, Però noi non siamo esattamente un Paese, anzi un Continente indietro quanto a tecnologia militare. Evidentemente bisogna in qualche modo coordinare questo tipo di importazioni: ci vuole molto tempo. Un’altra cosa che mi è venuta da dire è che ogni Paese ha dei criteri per permettere le importazioni e le esportazioni: mi auguro che anche noi abbiamo questi criteri e che agiamo su condizioni di reciprocità. Ovvero dire che non importiamo beni militari da Paesi che non ci fanno esportare beni militari, quindi perlomeno avere una clausola di reciprocità. Più in generale, però, si dovrebbe capire se c’è necessità di importare certe cose. L’impressione è che – come sempre in questo settore – l’indirizzo della scelta delle armi, di cosa comprare e di dove comprare è veramente nazionale ed è una prerogativa gelosamente custodita dai generali. Quindi bisogna che i generali facciano uno sforzo per parlarsi di più e poi capire che alla fine i soldi sono tutti nostri.

Marco Galluzzo (Corriere della Sera): Volevo chiederle un parere, anche in base agli scambi che avete avuto in queste ore con i suoi colleghi: secondo voi quando sarà il momento di maggior efficacia delle sanzioni sull’economia russa? E quale potrà essere la percentuale di questa maggiore efficacia, mancando il gas?

Presidente Draghi: La risposta mi viene semplicemente da informazioni che ho avuto nell’ultima riunione del G7. Il momento di massimo impatto per le sanzioni sarà quest’estate: non di massimo impatto e poi basta, nel senso che le sanzioni che sono state gradualmente messe in piedi avranno l’impatto massimo da quest’estate in poi.

Chiara Albanese (Bloomberg): Sulla questione del pagamento in rubli: l’ultima volta che le avevo fatto questa domanda avevamo parlato di zona grigia. Al momento in Europa sembra che ci sia ancora una divisione, nel senso che per esempio l’Olanda ha visto sospendere le forniture di Gazprom. L’Italia invece riceve il gas: qual è la differenza e si può commentare la situazione.

Presidente Draghi: L’Eni ha spiegato molto bene perché può pagare e non viola le sanzioni. La cosa che credo di capire, ma forse mi sbaglio, è che i russi abbiano fatto delle condizioni di pagamento diverse. In alcuni casi, dove c’è stata la sospensione, loro hanno chiesto il pagamento in rubli punto e basta: se non si paga in rubli viene sospesa la fornitura.
Nel nostro caso la fornitura si intende pagata quando è stato fatto il pagamento in euro, i quali poi vengono convertiti in rubli da parte di un agente di Gazprom – quindi non attraverso la Banca centrale russa – sul mercato.
Comunque, l’Eni ha specificato che ogni mese andrà a un Tribunale arbitrale in Svezia, che è quello evidentemente competente per queste questioni di gas, petrolifere, ecc., a chiedere se questa forma di pagamento viola il contratto esistente. Finora non c’è stata ancora occasione per il Tribunale di pronunciarsi, perché è cambiato credo una settimana fa il sistema.
Devo dire che l’Eni, a differenza di tantissime società europee che avevano già aperto tutti i conti in rubli, è stata molto trasparente.

Jacopo Barigazzi (Politico): Quando poco fa parlava della clausola di reciprocità intendeva con l’alleato americano? Secondo: a Bruxelles il suo nome circola per molti incarichi quando sarà il tempo di rinnovarli, dalla presidenza della Commissione o del Consiglio europeo. Ultimamente circola soprattutto per la Nato. Lei sarebbe interessato dopo l’esperienza di governo a ritornare a ricoprire incarichi internazionali?

Presidente Draghi: È chiaro che uno compra negli Stati Uniti perché certe armi non si fanno in altre parti del mondo. La direzione di questi flussi è dettata da considerazioni tecnologiche, da considerazioni strategiche, rapporti diplomatici, collocazione delle alleanze: ci sono tante considerazioni.
Ma se un nostro fornitore impedisce alle esportazioni di un altro Paese europeo di entrare, l’Unione Europea potrebbe anche considerare di non importare da quel Paese, insieme a tutte le altre considerazioni.
Questo va un po’ contro quello che sicuramente pensano gli acquirenti di queste armi.
Bisogna un po’ evolversi da questo tipo di mentalità a una un po’ più controllata e coordinata e forse, nei limiti possibili, trasparente.
Sulla seconda domanda la risposta è no.

Michele Esposito (Ansa): Lei ieri ha fatto riferimento all’importanza che potrebbe avere il sostegno all’Ucraina nello status di candidato alla membership europea. Secondo lei è percorribile questa cosa entro il Consiglio di giugno e quanto può essere importante?

Presidente Draghi: Sostengo l’Ucraina perché diventi un membro dell’Unione Europea e l’ho fatto fin dall’inizio. Lo status di candidato trova l’obiezione di quasi tutti i grandi Stati dell’Unione Europea, se non tutti, escluso l’Italia. I concetti che si sono prodotti nel corso di questi mesi per sostituire lo status di candidato, addolcendo la pillola, sono quelli di appartenenza alla comune famiglia europea, appartenenza alla comunità, gruppo di Paesi che stanno aspettando.
Credo che tutti questi concetti non siano accettabili dagli ucraini, ma che siano anche guardati con sospetto da altri Paesi che stanno in fila da molti anni per entrare nell’Unione Europea. Quindi so di non essere preciso: chiedere lo status di candidato lo possiamo anche fare, ma al momento non è una cosa prevedibile per l’opposizione di questi Paesi. Immaginare un percorso rapido, che ad oggi non esiste verso questo status, però sì, questo si può fare, e la Commissione presenterà un rapporto a fine mese. Tra l’altro la Commissione è abbastanza favorevole a questo tipo di prospettiva.

Mario Franco Cao (Tg3): Torno sulla questione del gas e degli acquisti che si fanno ogni giorno a favore della Russia: gas e petrolio. Quanto è forte a suo parere la consapevolezza in Europa, tra i partner, che così facendo si finanzia ulteriormente la guerra di Putin? La seconda cosa è legata ai fatti interni: il governatore Visco ha ricordato la necessità di tenere sotto controllo i conti pubblici. Dal punto di vista politico sembrerebbe un assist per lei che si è espresso non a favore di un nuovo scostamento di bilancio, però la sua maggioranza continua a chiederlo.

Presidnete Draghi: Sulla prima domanda la consapevolezza c’è. C’è ed è ormai apparente da quando è iniziata la guerra, da 95 giorni. Ricordo di aver sollevato questo fatto in una delle primissime riunioni. Con i prezzi del gas di allora, era circa 1 miliardo al giorno di finanziamenti che l’Unione Europea dava a Putin.
La consapevolezza c’è. C’è però anche, soprattutto in alcuni Paesi, la consapevolezza dell’impossibilità di fare altrimenti. Quindi è una situazione molto frustrante che però andrà risolta, una situazione che mette in grande imbarazzo.
La seconda domanda riguardava lo scostamento di bilancio. La richiesta di scostamenti è iniziata all’inizio di quest’anno. Un po’ l’abitudine di scostamenti dell’anno scorso, l’anno scorso è stato un anno abbastanza eccezionale e questi scostamenti avevano anche un fondamento logico nel fatto che si scopriva man mano che si andava avanti la grandezza del bisogno di aiuto che il sistema economico e la società italiana avevano.
Oggi le cose sono cambiate: più che chiedere lo scostamento, bisognerebbe guardare le cose che occorre fare. Una volta che si decide sulle cose che occorre fare, si devono trovare i soldi per farle. E finora siamo stati abbastanza bravi a trovare nel bilancio, e spero di continuare a essere bravo come prima. Ma non è che abbia delle obiezioni ideologiche di fondo.

(Ho parlato di embargo del gas invece era embargo del petrolio).

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