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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Raffaele Viviani del 2 luglio alle 15.45 su Rai 5: “Toledo ‘e notte”

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Anticipazioni per il Grande Teatro in TV di Raffaele Viviani del 2 luglio alle 15.45 su Rai 5: “Toledo ‘e notte

Per il Grande Teatro di Raffaele Viviani in TV oggi pomeriggio sabato 2 luglio alle 15.45 su Rai 5 andrà in onda la commedia scritta nel 1918 “Toledo ‘e notte” nella versione trasmessa dalla Rai nel giugno 1969 con la regia di Giuseppe Patroni Griffi.

Interpretazione di Gianna Marelli, Umberto Liberati, Marco Berneck, Mario Frera;, Anna Goel, Mariano Rigillo, Carlo Fortuna, Bruno Marinelli, Roberto Marelli, Maira Torcia, Paolo Falace, Angela Luce, Franco Sportelli, Angela Pagano, Isabella Guidotti, Alberto Cartoni, Franco Acampora, Leo Pantaleo, Piero Sammataro, Marina Pagano, Nicola Di Pinto, Corrado Annicelli ed Antonio Casagrande.

Protagonista della commedia è il popolo notturno di Via Toledo, a Napoli, un campione d’umanità di pur diverse tipologie, ma saldato insieme dal comune destino di precarietà e di tragica labilità che è proprio del mondo della strada.

Raffaele Viviani, all’anagrafe Raffaele Viviano (Castellammare di Stabia10 gennaio 1888 – Napoli22 marzo 1950), è stato un attorecommediografocompositorepoeta e traduttore italiano.

«La lotta mi ha reso lottatore. Dicendo lotta intendo parlare, si capisce, non di quella greco romana che fa bene ai muscoli e stimola l’appetito, ma di quella sorda, quotidiana, spietata, implacabile che ogni giorno si è costretti a sostenere. E la mia vita fu tutta una lotta: lotta per il passato, lotta per il presente, lotta per l’avvenire. Con chi lotto? Non col pubblico, il quale anzi facilmente si fa mettere con le spalle al tappeto, ma con i mille elementi che sono nell’anticamera, prima di giungere al pubblico. Parlo del repertorio, delle imprese, dei trusts, dei trusts soprattutto. Oggi come ieri, l’uomo di teatro è in lotta continua coll’accaparramento dei teatri di tutta Italia, i quali sono tenuti e gestiti da pochissime mani, tutte strette fra loro.»
(Raffaele Viviani in Dalla Vita alle scene)

Nacque la notte del 10 gennaio 1888 a Castellammare di Stabia.

Il padre, vestiarista teatrale, divenne in seguito impresario dell’Arena Margherita di Castellammare di Stabia. Dopo un grave tracollo finanziario, la famiglia, con i piccoli Luisella e Raffaele, si trasferì a Napoli e fu lì che il padre fondò alcuni teatrini chiamati Masaniello. Questi piccoli teatri popolarissimi furono la prima scuola d’arte del piccolo Papiluccio (come veniva chiamato Raffaele in famiglia).

Raffaele la sera si recava con il padre al teatrino di marionette a Porta San Gennaro, entusiasmandosi per le avventure di Orlando e di Rinaldo, ma era affascinato dal numero finale del tenore comico Gennaro Trengi, famoso per i gilet coloratissimi, tanto che presto imparò tutto il suo repertorio a memoria. Un giorno il Trengi si ammalò e così, Aniello Scarpati impresario del teatrino, spaventato dal dover restituire i soldi del biglietto propose di far esibire il piccolo Raffaele. Fu vestito con l’abito di un “pupo” che la madre raffazzonò alla meglio. Il Trengi perse il posto, la stampa si occupò del piccolo prodigio che “canta canzoni a quattro anni e mezzo“. Ogni sera accorse più gente per vedere il piccolo Papiluccio che presto ebbe una vera paga per quattro spettacoli serali e otto la domenica. Gli fu affiancata una giovane cantante, Vincenzina Di Capua, come duettista.

Nel 1900, con la morte del padre, quello che Raffaele aveva fatto per divertimento, dovette continuarlo per necessità. Cominciò a lavorare a cinquanta centesimi per sera, che servivano in parte a sfamare la famiglia. Ma subito comprese che, per farsi strada, avrebbe dovuto differenziarsi dagli altri, e cominciò a scrivere canzoni.

Furono anni di miseria, ma anche di studio e di formazione, si andava formando nella mente del piccolo artista quella visione poetica di un mondo popolare che avrebbe portato poi alla creazione di un suo teatro.

La morte del padre lasciò la piccola famiglia in una situazione difficilissima. Il piccolo Papiluccio si mise in cerca di una scrittura. Fu ingaggiato da un impresario di giostre e numeri di circo, tale Don Ciccio Scritto, come Don Nicola nella Zeza, una specie di zarzuela carnevalesca con Pulcinella e Colombina (questa esperienza fu ricordata in seguito in Circo Equestre Sgueglia, una commedia del 1922). Ricominciava dal più basso livello dell’arte teatrale, lavorando dalle due fino a mezzanotte per 50 centesimi al giorno. La seconda scrittura fu con la compagnia Bova e Camerlingo, per una tournée in alta Italia assieme alla sorella Luisella, come duo di giovani cantanti. Partirono con la madre che si era improvvisata impresaria. Fu un fiasco. La famiglia tornò a Napoli, ma Viviani riuscì ad avere una scrittura al Concerto Eden di Civitavecchia. Sostituiva un giovanissimo Ettore Petrolini, col quale nacque un’amicizia fraterna che sarebbe durata tutta la vita.

Il guadagno consisteva per ogni artista nello girare con il piattino fra il pubblico. Dopo tre mesi il locale fu chiuso dalla Questura. Viviani, senza una lira, si rivolse al commissariato per essere rispedito a Napoli. Nell’attesa dei soldi per il viaggio, il giovanissimo attore fu rinchiuso (come misura protettiva) in cella di sicurezza, aveva tredici anni. Tornato avventurosamente a Napoli, dove riuscì a trovare una scrittura al teatro Petrella. Un locale vicino al porto frequentato da marinai, doganieri, scaricatori e prostitute. In breve divenne il beniamino di quel pubblico singolare.

Al Petrella, Viviani interpretò per la prima volta Scugnizzo di Giovanni Capurro e Francesco Buongiovanni. Lo “scugnizzo“ era un cavallo di battaglia del comico Peppino Villani al teatro Umberto I e Viviani – dopo essersi procurato parole e musica – ne fece una sua interpretazione che ebbe un enorme successo che portò lo stesso Villani a smettere di fare “lo scugnizzo”. Viviani passò dal Petrella all’Arena Olimpia e intraprese quel cammino che lo avrebbe portato ad essere una stella di prima grandezza. Nel 1905 scrive per la sorella Luisella Bambenella ‘e ngopp’ ‘e Quartieri.

L’Eden, dove Viviani era stato scritturato, era diventato l’unico caffè concerto di Napoli dopo la chiusura del salone Margherita.

Viviani desideroso di creare un repertorio che lo differenziasse dagli altri autori, cominciò a scrivere i propri “numeri”. Per le musiche ingaggiò un maestro di pianoforte al quale canticchiava i motivi che venivano trascritti in note, quello che in termini tecnici si chiama “un melodista non trascrittore” (come sarà Chaplin). Nasce “Fifi Rino” la stilizzazione marionettistica del “gagà” aristocratico e dannunziano. Questo personaggio di Fifi Rino ebbe un grande e lungo successo, ripreso posteriormente da comici come Gaspare Castagna e Palmieri (detto il comico di caucciù) e da Mongelluzzo a Gustavo De Marco e fino alle esibizioni di un giovanissimo Nino Taranto e soprattutto di Totò[1].

Ricorda Viviani: Cominciò così per me un triplice travaglio. Prima imparare a scrivere, poi il repertorio; e dedicai tutti i giorni e parte delle notti al lavoro; le musiche me le facevo scrivere dopo averle canticchiate al maestro Enrico Cannio e così, in quindici giorni vennero fuori i primi miei sei tipo realistici e di ispirazione popolare che dovevano dare il trionfale inizio alla mia ascesa. Avevo badato alla grammatica, non già come al tempo della mia prima macchietta “Fifì Rino” scritta da me, con la grafia di un bambino di prima elementare[2] Nascono le tipizzazioni di Prezzetella ‘a capera (Brigida la pettinatrice) che Viviani recitava in abiti femminili, ‘O tammurraro, ‘O pezzaiuolo, Pascale d’ ‘a cerca, tutti tipi che verranno in seguito inseriti negli atti unici.

La situazione economica della famiglia Viviani ebbe una svolta positiva che gli permise di lasciare la casa di vico Finale al Borgo Sant’Antonio Abate, e di potersi permettere l’acquisto di un pianoforte. Una sera al teatro Nuovo di Napoli, conobbe Maria Di Majo, la bella nipote di Gaetano Gesualdo, finanziatore e impresario del teatro. Dopo alterne vicende, e qualche difficoltà con la famiglia di lei, che non vedeva di buon occhio il matrimonio con un comico, i due si fidanzarono e dopo cinque anni si sposarono. Ebbero quattro figli Vittorio, Yvonne, Luciana e Gaetano.

Nell’estate del 1908, va a Roma dove interpreta tre film e viene scritturato per l’inaugurazione del teatro Jovinelli. Il successo di quegli anni è testimoniato dai contratti (che si conservano alla Biblioteca Lucchesi Palli presso la Biblioteca Nazionale di Napoli) dal 1910 in poi, viene chiamato in tutte le importanti sale di varietà d’Italia (a Roma Jovinelli e Sala Umberto, Torino Varietà Maffei, a Milano il Morisetti e l’Eden, a Napoli la Fenice, l’Umberto e l’Eden).

Foto interna: https://www.rai.it/ufficiostampa/assets/template/us-articolo.html?ssiPath=/articoli/2022/03/Una-maratona-tv-per-la-Giornata-mondiale-del-Teatro-9b853628-5008-48c1-b405-4c472661f7ee-ssi.html

Foto esterna: https://it.wikipedia.org/wiki/Raffaele_Viviani