Anticipazioni per il Grande Teatro di Tommaso Gherardi del Testa e Luigi Del Buono in TV del 23 gennaio alle 15.50 su Rai 5: “Farse toscane” a cura di Belisario Randone – Per il Grande Teatro in TV di Tommaso Gherardi del Testa e Luigi Del Buono Rai Cultura propone le “Farse Toscane” in onda su Rai 5 lunedì 23 gennaio alle 15.50 nella versione a cura di Belisario Randone trasmessa dalla Rai nel luglio 1973.
I brani teatrali in onda sono “Un bambino su commissione” di Gherardi del Testa con la regia di Carlo De Syefano e l’interpretazione di Manlio Busoni e Lucia Poli e “La villana di Lamporecchio” con la regia di Eros Macchi e l’interpretazione di Ave Ninchi, Franco Scandurra e Roberto Benigni.
Ne “La villana di Lamporecchio” la trama della commedia racconta di un trasloco fisico dalla campagna alla città e di un trasloco “sociale” dalla condizione di servi a quella di padroni.
Tommaso Gherardi del Testa (Terricciola, 30 agosto1818[1] – Pistoia, 12 ottobre1881) è stato uno scrittore italiano.
Tommaso Gherardi del Testa, nobile di nascita, figlio di un cavaliere e ufficiale napoleonico, compì gli studi presso l’Università di Pisa e successivamente conseguì l’avvocatura a Firenze, esercitando la professione di avvocato penalista.
Quando era ancora studente, cominciò a scrivere racconti e commedie, sospinto per l’ammirazione per Walter Scott e Carlo Goldoni.
Esordì nel 1844 con Una folle ambizione riscuotendo un buon successo di pubblico e di critica.
Nel 1848 partecipò alla prima guerra d’indipendenza combattendo nella Battaglia di Curtatone e Montanara, dove cadde prigioniero degli Austriaci.
Una volta rientrato in patria, non gradì la restaurazione dei Lorena, al punto da isolarsi spesso nel suo castello di Terricciola.
Svolse l’attività di giornalista parallelamente a quella letteraria, collaborando con La Settimana illustrata, La Vedetta e La Speranza.
Scrisse romanzi, poesie, ma soprattutto commedie, che gli diedero la fama.
Il suo esordio risalì al 1844 con Una folle ambizione e la sua carriera si concluse con La carità pelosa del 1879.
Ricevette quattro volte il premio governativo con i lavori Le due sorelle (1854), L’egoista e l’uomo di cuore (1860), Il vero blasone (1863), La vita nuova (1873).
Nel 1856 ottenne la medaglia d’oro come miglior autore drammatico nello Stato Pontificio con il lavoro intitolato Il padiglione delle mortelle.[2]
Si mise in evidenza anche per alcuni lavori per la maschera di Stenterello.
Si può considerare come uno dei commediografi del suo tempo più amati dal pubblico, e si caratterizzò per l’ironia con la quale riprese e riaggiornò alcuni elementi tradizionali del teatro del Settecento, legandoli a tematiche sociali a lui contemporanee..[3]
Se la prima parte si caratterizzò per la produzione di lavori di contenuto più leggero, per lo più incentrato sulla vita della borghesia, le opere della maturità risentirono fortemente dell’influenza goldoniana e descrissero più decisamente le tematiche sociali con intenti pedagogici o moraleggianti.
Le sue opere più popolari furono:
- Il sistema di Giorgio
- Cogli uomini non si scherza
- Il padiglione delle mortelle
- Il regno di Adelaide
- Il sistema di Lucrezia
- Le false letterate
- La moda e la famiglia
- Le scimmie
- La carità pelosa
- Le coscienze elastiche
- Oro ed orpello
- Il vero blasone.
Luigi Del Buono (Firenze, 1751 – 1832) è stato un attore teatrale italiano.
Nel 1793 creò la maschera di Stenterello, che portò in scena nella sua commedia Fiorlinda e Ferrante principi di Gaeta, con Stenterello buffone di corte.
Tra le altre sue opere si ricordano Ginevra degli Almieri sepolta viva in Firenze, con Stenterello ladro di sepolture, spaventato dai morti e giudice spropositato e La Villana di Lamporecchio.
Alla figura di Luigi Del Buono e alla creazione della maschera che l’ha reso celebre, è dedicato uno spettacolo scritto da Alessandro Riccio dal titolo “C’è del Buono in Stenterello”: la vicenda racconda come la maschera è nata dall’inventiva e dal bisogno dell’attore Del Buono di sbarcare il lunario. La storia, pur partendo da documenti storici di archivio, è totalmente frutto di immaginazione.