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Anticipazioni per il Grande Teatro di Manzoni in TV del 9 giugno alle 18.35 su Rai 5: “I Promessi Sposi – Parte 5″ regia di Salvatore Nocita

promessi sposi

Anticipazioni per il Grande Teatro di Manzoni in TV del 9 giugno alle 18.35 su Rai 5: “I Promessi Sposi – Parte 5″ regia di Salvatore Nocita – Dopo la trasmissione integrale de “I promessi sposi” manzoniani nella storica edizione diretta da Sandro Bolchi, Rai Cultura ripropone la miniserie diretta da Salvatore Nocita nel 1989, in onda da lunedì 5 giugno alle 18.40 su Rai 5.

Nel cast Danny Queen, Delphine Forest, Burt Lancaster, Alberto Sordi, Franco Nero, Dario Fo e Walter Chiari. 

Seguendo il racconto manzoniano e ambientato tra il 1629 e il 1631, l’adattamento di Nocita narra la storia di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, popolani lombardi costretti a separarsi e a sopportare mille peripezie a causa delle prepotenze del signorotto Don Rodrigo e della pavidità di don Abbondio, interpretato da un indimenticabile Alberto Sordi.

Durante il loro viaggio troveranno varie persone disposte ad aiutarli, da Fra Cristoforo all’Innominato, da Federigo Borromeo a Donna Prassede. 

I promessi sposi è una miniserie televisiva italiana del 1989, diretta da Salvatore Nocita. Prodotta dalla Rai, la storia è tratta dall’omonimo romanzo storico del XIX secolo scritto da Alessandro Manzoni.

La regia è di Salvatore Nocita. La produzione, interna Rai con tecnica cinematografica, è stata realizzata dal CPTV di Milano.

È stato realizzato 22 anni dopo lo sceneggiato televisivo I promessi sposi diretto da Sandro Bolchi.

Nella sua prima messa in onda (novembre-dicembre 1989) lo sceneggiato è stato visto da una media di 14 milioni di spettatori.

Il film vinse il Telegatto 1990 come migliore trasmissione della stagione.

Alcune immagini dello sceneggiato vennero incluse in un’edizione de I promessi sposi edita da Rai Eri e distribuita in esclusiva dai supermercati GS.

Ambientato nella Lombardia sotto il dominio spagnolo tra il 1629 e il 1631, l’adattamento narra la celeberrima storia di Renzo Tramaglino e Lucia Mondella, due popolani lombardi. La scena iniziale riprende l’incipit manzoniano sui luoghi in cui è situata la storia.

Un pomeriggio di novembre, su una stradetta di campagna il parroco del paese, Don Abbondio, prega leggendo il breviario tenuto tra le mani, quando scorge a un bivio che biforca la strada due bravi; timoroso alla loro vista, il prete intuisce il pericolo, ma al crocicchio i due gli si parano davanti: con poche, sprezzanti frasi gli intimano minacciosamente, per conto di Don Rodrigo, di non celebrare il giorno dopo il matrimonio tra i due giovani fidanzati.

Spaventato, Don Abbondio corre a casa: temendo di perdere la vita, quando Renzo arriva da lui, vigliaccamente fa finta di stare ammalato, accampando altre scuse per non sposare la coppia. Ma Renzo subodora qualcusa di strano nella messinscena del meschino parroco e quando scorge la perpetua nell’orto davanti alla casa, le si avvicina. Questa gli fa intuire qualcosa dietro alla strana condotta assunta dal prete, e lui rientra a casa di lui per esigere altre spiegazioni.

Il querulo parroco, nel frattempo nascostosi a letto, alla fine confessa: la persona che impedisce il matrimonio è Don Rodrigo, un prepotente signorotto della zona. Inveendo, Renzo si dirige in tutta fretta alla casa di Lucia, che si sta preparando alle nozze.

Quando chiede di vedere la fidanzata, Lucia rivela che Don Rodrigo la importunava anche durante il suo lavoro, ma aveva taciuto con tutti sperando che egli perdesse interesse nei suoi confronti. Interviene la madre di Lucia, che consiglia di interpellare Fra’ Cristoforo, un monaco amico. Lucia dice di averlo fatto.

Costretti a separarsi e a sopportare mille peripezie a causa delle prepotenze del signorotto Don Rodrigo deciso a impedire il loro matrimonio. Tuttavia durante il loro viaggio troveranno varie persone disposte ad aiutarli, da fra Cristoforo all’Innominato (prima crudele e poi convertitosi), da Federigo Borromeo a donna Prassede.

Parte 5 – La madre di Cecilia, il ricongiungimento di Renzo e Lucia e la conclusione (capitoli XXXVII-XXXVIII)

Oltre a descrivere le nuove disavventure di Renzo scambiato per untore e una Milano trasformata in un grande cimitero, il capitolo XXXIV si sofferma anche sull’episodio della madre di Cecilia, una bambina ormai morta la quale è posta sul carro dei monatti dalla madre, che li implora di non toccare il piccolo corpo composto con tanto amore e chiede poi di tornare dopo a «[…] prendere anche me e non me sola». La donna è presentata piena di dignità umana e di amore materno che riesce a impietosire anche il “turpe monatto” che le voleva strappare la bambina. Il personaggio è descritto accostando coppie di termini in antitesi collegati da forme oppositive e negative: «[…] una giovinezza avanzata ma non trascorsa […] una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale […] la sua andatura era affaticata, ma non cascante…».

Alla fine, Renzo giunge al Lazzaretto ove, in mezzo al dolore e alla morte degli appestati, trova fra Cristoforo, giunto in città per soccorrere i più bisognosi. Benché afflitto dalla malattia che l’ha colpito (mortalmente, come si saprà alla fine del romanzo), il vecchio cappuccino si prodiga con tutte le sue forze per alleviare le sofferenze altrui, e inveisce contro Renzo quando quest’ultimo gli parla dei sentimenti di vendetta che nutre verso Don Rodrigo, indegni in un animo che aspira ad essere cristiano[130]. Pentitosi, Renzo si ricongiunge con il nobile, ormai morente, e parte alla ricerca di Lucia, senza sapere se sia viva o morta. Trovata risanata, la giovane manifesta ritrosia nel ricongiungersi al suo promesso a causa del voto pronunciato quando era prigioniera dell’Innominato, ma fra Cristoforo, saputo di tale inghippo (non vincolante, visto che fu pronunciato in condizioni di impedimento), la scioglie dai voti pronunciati. Il seguente arrivo della pioggia purificatrice annuncia la prossima fine della pestilenza[131].

Con gli ultimi due capitoli ci si avvia alla fine del romanzo. Lucia viene a sapere dell’arresto di suor Gertrude, e sia lei che Renzo tornano al loro paese insieme ad Agnese per potersi finalmente unire in matrimonio. Don Abbondio prima tentenna ma poi, saputa della morte di don Rodrigo, acconsente a celebrare le nozze, allietate dal benvolere della mercantessa amica di Lucia e del marchese, erede dei beni di don Rodrigo. Finalmente sposati, Renzo e Lucia si trasferiscono nella bergamasca ove Renzo acquista con il cugino una piccola azienda tessile e Lucia, aiutata dalla madre, si occupa dei figli. Hanno una prima figlia che chiamano Maria, come segno di gratitudine alla Madonna, cui ne seguono altri. Solo alla fine dell’ultimo capitolo, però, viene esplicitato il messaggio che Manzoni vuole trasmettere, quello che lui definisce «sugo di tutta la storia», «che [i mali] quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce, e li rende utili per una vita migliore»[132].

Il narratore si congeda con una diretta allocuzione al pubblico dei lettori, una captatio benevolentiae tipica dei congedi teatrali[133]. Chiedendo venia per sé e per l’anonimo autore dell’ipotetico manoscritto, Manzoni conclude la storia.

«La quale, se non v’è dispiaciuta affatto, vogliatene bene a chi l’ha scritta, e anche un pochino a chi l’ha raccomodata. Ma se in vece fossimo riusciti ad annoiarvi, credete che non s’è fatto apposta.»
(I promessi sposi, capitolo XXXVIII, p. 746)

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