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Anticipazioni per “Un ballo in maschera” di Verdi del 10 giugno alle 11.15 su Rai 5: dagli Studi Rai di Milano

un ballo in maschera

Anticipazioni per “Un ballo in maschera” di Giuseppe Verdi del 10 giugno alle 11.15 su Rai 5: diretto da Nino Sanzogno per la regia di Franco Enriquez dagli Studi Rai di Milano – Rai Cultura omaggia il soprano Marcella Pobb con la messa in onda oggi sabato 10 giugno alle 11.15 su Rai 5 della edizione di “Un ballo in maschera” di Verdi messa in scena nel 1956 con Rolando Panerai, Nicola Filacuridi, Marcella Pobbe, Lucia Danieli, Adriana Martino, Fernando Valentini, Silvio Majonica, Vittorio Tatozzi, Athos Cesarini, Walter Artioli.

A dirigere l’Orchestra Sinfonica della Rai  è il Maestro Nino Sanzogno. Regia di Franco Enriquez.

Un ballo in maschera è un’opera di Giuseppe Verdi su libretto di Antonio Somma, la cui fonte è il libretto di Eugène Scribe per Daniel Auber Gustave III, ou Le Bal masqué (1833).

Frutto della giovane amicizia con Antonio Somma, nata durante il periodo della Traviata, l’opera prende spunto dal dramma francese Gustave III, ou Le Bal masqué, libretto che Eugène Scribe scrisse per Daniel Auber nel 1833. Prima di essere rappresentata la prima volta al Teatro Apollo di Roma il 17 febbraio 1859, quest’opera dovette subire numerose modifiche dettate dalla censura prima borbonica e poi pontificia.[1]

Fu nella primavera del 1856 che Verdi iniziò a prendere contatto con Vincenzo Torelli, l’allora giornalista e segretario della direzione del San Carlo, proponendogli un soggetto del tutto nuovo: un Re Lear di Shakespeare, cui aveva iniziato a lavorare in quel periodo insieme a Somma, ma che non concretò mai a causa dell’incertezza del maestro sulla compagnia teatrale e sullo stesso soggetto. un ballo in maschera

Fu firmato comunque un contratto per la stagione teatrale del Carnevale del ‘57-‘58, dando così modo a Verdi di continuare i suoi lavori (tra cui il Simon Boccanegra per la Fenice di Venezia). Ma non fu facile trovare un altro soggetto da musicare: entro giugno bisognava presentare un compendio dell’argomento scelto. Nelle lettere di Verdi a Torelli si parla di diversi drammi: “Avrei amato fare il Ruy Blas; ma avete ragione, non conviene fare la parte brillante a Coletti, d’altra parte non avrebbe potuto fare la parte del protagonista”.[2] un ballo in maschera

 E ancora:«La mia attenzione erasi fermata sopra un dramma molto bello ed interessante: Il Tesoriere del re D. Pedro, che feci subito tradurre; ma, nel farne lo schizzo per ridurlo a proporzioni musicabili, vi ho trovato tali inconvenienti da deporne il pensiero. Ora sto riducendo un dramma francese, Gustavo III di Svezia, libretto di Scribe, e fatto all’Opéra or sono più di vent’anni».[3]

Fu quest’ultimo al quale Verdi scelse di lavorare, in accordo con la direzione del teatro.[4]

Nell’ottobre del 1857 Somma e Verdi si misero quindi al lavoro, lavorando al libretto e alla musica e rifacendosi (con opportune modifiche) al lavoro di Scribe ed Auber, ma quando furono mandati i primi abbozzi Torelli si affrettò ad avvisare il maestro che la censura avrebbe chiesto molti cambiamenti. Verdi giudicò discutibili tutte le richieste, soprattutto lo spostamento all’indietro di cinque o sei secoli dell’epoca in cui ambientarla; eppure a gennaio, dopo essere giunto a Napoli, riuscì con Somma a presentare un libretto con un nuovo titolo: Una Vendetta in Domino, cambiando il re in duca di Pomerania e trasportando l’azione un secolo indietro.[5]

Ma con l’attentato a Napoleone III, avvenuto il 14 gennaio ad opera di Felice Orsini, tutto il lavoro fu di nuovo giudicato inadatto. La direzione del San Carlo decise quindi di muoversi autonomamente facendo modificare il titolo e gran parte del contenuto del libretto, denominato ora Adelia degli Adimari, ad un librettista anonimo (si suppone fosse Domenico Bolognese, l’allora poeta ufficiale del teatro). Appresa la notizia, Verdi decise di sciogliersi dal contratto ancor prima di aver visionato il nuovo lavoro; la direzione gli fece causa ed egli rispose con una querela per danni. Il tutto si dovette risolvere in tribunale. Doveroso citare una parte fondamentale del memorandum che il maestro scrisse per difendersi:«La Vendetta in Domino si compone di 884 versi: ne sono stati cambiati 297 nell’Adelia, aggiunti molti, tolti moltissimi. Domando inoltre se nel dramma dell’Impresa esiste come nel mio
Il titolo? – No.
Il poeta? – No.
L’epoca? – No.
Località? – No.
Caratteri? – No.
Situazioni? – No.
Il sorteggio? – No.
Festa da ballo? – No.
Un Maestro che rispetti l’arte sua e se stesso non poteva né doveva disonorarsi accettando per subbietto d’una musica, scritta sopra ben altro piano, codeste stranezze che manomettono i più ovvii principii della drammatica e vituperano la coscienza dell’artista
».[6]

Dopo mesi si giunse ad un accordo: la direzione ritrattò le accuse e in cambio Verdi mise in scena al San Carlo una ripresa del Simon Boccanegra il 30 novembre del ’58.[7]

Ma il desiderio di mettere in scena la sua opera spinse il maestro a prendere contatto con l’impresario del teatro Apollo di Roma, Vincenzo Jacovacci, il quale fu ben lieto della notizia, ma preannunciò che l’opera avrebbe dovuto subire qualche cambiamento per la censura. Somma esortò Verdi a lasciar perdere e a dare il libretto a Milano dove sarebbe passato indenne in teatro, ma per il maestro bisognava dare uno «schiaffo» al teatro napoletano, mettendo in scena l’opera «quasi sulle porte di Napoli e far vedere che anche la censura di Roma ha permesso questo libretto».[8]

Fu così che l’opera passò nelle mani dei romani e riuscì ad andare in scena senza troppe variazioni il 17 febbraio del 1859, pur con qualche malcontento degli autori. Somma dovette accettare suo malgrado le disposizioni della censura ma si rifiutò di far pubblicare il libretto col suo nome; Verdi si dovette accontentare dei membri del cast che il teatro poteva permettersi e ne rimase alquanto deluso, ad eccezione di Gaetano Fraschini e Leone Giraldoni.[9]

Trama

L’azione si svolge a Boston alla fine del XVII secolo.

Atto I

Quadro I: palazzo del governatore a Boston

Il Conte Riccardo è il saggio e illuminato governatore della colonia inglese del Massachusetts sotto il regno di Carlo II. La scena si apre nel suo palazzo, dove il Conte riceve una serie di notabili tra i quali, ben nascosto, si cela un piccolo gruppo di congiurati guidati da Samuel e Tom, che sta tramando contro di lui. Intanto il fido paggio Oscar si occupa dei preparativi di un ballo in maschera che di lì a qualche giorno sarà ospitato nel palazzo e porge al Conte una lista degli invitati tra i quali figura Amelia, moglie del creolo Renato, segretario ed amico carissimo di Riccardo. Questi ama segretamente la donna, ma è troppo fedele al proprio amico per tentare di sedurla. Successivamente un giudice chiede a Riccardo di firmare l’atto di condanna all’esilio della maga Ulrica, ma Oscar tenta di dissuaderlo poiché la donna potrebbe vendicarsi facendo ricorso alle sue arti; il governatore, scettico, decide di recarsi travestito da pescatore nel suo antro.

Quadro II: l’abituro della maga Ulrica

Ulrica, al termine di un rituale, diventa consapevole che qualcosa di molto grave sta per accadere. Arriva Riccardo travestito da pescatore e accompagnato da Oscar e da un gruppo di amici; per mettere alla prova le capacità magiche di Ulrica, il governatore fa predire a turno la ventura di ciascuno di loro, per burlarsi di lei realizzando immediatamente i vaticini con degli astuti stratagemmi. A un certo punto giunge una donna che chiede di essere ricevuta da sola: si tratta di Amelia, la quale, divisa fra l’amore e il dovere coniugale, chiede alla maga una pozione che le renda la pace perduta. Ulrica le consiglia di recarsi a mezzanotte in un campo malfamato nei dintorni di un cimitero, dove potrà raccogliere un’erba magica. Riccardo, di nascosto, ascolta la confessione di Amelia e gioisce nel sapere che la donna ricambia il suo amore. Una volta andata via Amelia è Riccardo stesso a farsi predire il futuro. La maga riconosce la sua nobiltà sotto mentite spoglie, e gli fa una profezia infausta: tra i suoi amici ce n’è uno o più d’uno che tramano contro la sua vita; colui che lo ucciderà sarà anche la prima persona che gli stringerà la mano. Riccardo, per ulteriore dileggio, si aggira tra i presenti chiedendo loro di stringergli la mano, ma nessuno osa farlo. L’arrivo di Renato e la sua amichevole stretta di mano sembrano tuttavia fugare ogni dubbio: Riccardo dichiara che questi è il suo amico più fidato, e non oserà mai ucciderlo. A quel punto Riccardo rivela la sua vera identità a Ulrica e le concede la grazia e la invita ad ammettere che sia una ciarlatana; la maga, pur riconoscente nei suoi confronti, non può ritirare il vaticinio.

Atto II

Campo malfamato nei dintorni del cimitero di Boston

Amelia si è recata di notte presso il cimitero, nel campo indicatole da Ulrica, per raccogliere l’erba magica; mentre la cerca, piange il suo amore disgraziato. Riccardo la raggiunge e, durante un colloquio serrato, le strappa la confessione del suo amore. La passione sta per travolgere i due innamorati, quando di lontano si vede sopraggiungere Renato, sulle tracce dei congiurati che stanno per tendere un agguato al Conte. Renato non riconosce la moglie, che si è coperta il volto con un velo, ed esorta l’amico a fuggire. Riccardo accetta dopo aver ottenuto da Renato la solenne promessa che riaccompagnerà la donna velata fino alle porte della città, senza mai rivolgerle la parola. Sopraggiungono i congiurati che, delusi nel trovare il segretario in luogo del governatore, vorrebbero vendicarsi uccidendo la sua misteriosa amante. Renato si oppone mettendo la mano alla spada e Amelia, per evitare il duello, lascia cadere il velo. La vista della moglie lascia Renato impietrito e desta l’ilarità nei congiurati, che scherzano pesantemente sulla situazione. Renato decide di lavare quest’onta col sangue di Riccardo, così convoca i congiurati nella sua casa per allearsi con loro e favorire l’uccisione del Conte. Quindi riconduce Amelia in città, non prima di averla minacciata di morte.

Atto III

Studio del governatore di Boston

Al sorgere del nuovo giorno Renato affronta Amelia e le dice che solo il sangue potrà lavare l’onta. La donna accetta il suo destino ma implora Renato di poter abbracciare per un’ultima volta loro figlio: nel vedere quella scena straziante, Renato decide di non uccidere sua moglie, ma solo Riccardo. Poco dopo Samuel e Tom, i congiurati, giungono a casa di Renato, ancora stupefatti del cambio repentino dell’uomo, che conferma di voler partecipare all’attentato. Si tira a sorte chi dovrà vibrare il colpo fatale e Amelia è costretta a estrarre il nome dell’assassino: il prescelto è Renato. Successivamente giunge Oscar con l’invito per il ballo in maschera, e Renato afferma che vi andrà assieme ad Amelia, la quale, avendo compreso le intenzioni del marito, tenterà in ogni modo di salvare il suo amato. Nel frattempo Riccardo, meditando nel suo studio sulla fedeltà di Renato, ha deciso di rinunciare ad Amelia ed intende rimpatriare Renato in Inghilterra assieme alla moglie: mentre firma il decreto arriva Oscar con un biglietto consegnatogli da una donna misteriosa, ove sta scritto che durante il ricevimento la sua vita sarà messa in pericolo. Riccardo decide di presenziare comunque al ballo per rivedere un’ultima volta la sua amata. Il ballo in maschera ha dunque inizio: Renato tenta di capire quale sia il travestimento di Riccardo, e con uno stratagemma riesce a carpire l’informazione da Oscar. Nel frattempo Riccardo viene avvicinato da Amelia, che lo implora di fuggire. Riccardo rifiuta, ma le confessa di aver firmato l’ordine per la sua partenza. Mentre si accingono all’addio, giunge Renato e pugnala a tradimento il Conte. Oscar accusa Renato del delitto ma il Conte, agonizzante, fa liberare l’amico e, fattolo avvicinare, gli confessa di aver amato Amelia ma di averne rispettato l’onore, e gli mostra il dispaccio firmato. Mentre Renato contempla le conseguenze dell’erronea vendetta, Riccardo muore, pianto da tutti i presenti.

Brani celebri

  • Volta la terreacanzone di Oscar (atto I)
  • Re dell’abisso, affrettati, romanza di Ulrica (atto I)
  • Ecco l’orrido campo, romanza di Amelia (atto II)
  • Teco io sto, duetto tra Riccardo e Amelia (atto II)
  • Eri tu che macchiavi quell’anima Aria di Renato Scena I (atto III)
  • Morrò – ma prima in grazia, romanza di Amelia (atto III)
  • Forse la soglia attinse – Riccardo – Scena V (atto III)
  • Ma se m’è forza perderti Aria di Riccardo (atto III)
  • Saper vorreste, canzone di Oscar (atto III)

Foto interna ed esterna: https://www.amazon.it/Giuseppe-Verdi-Maschera-Carlo-Bergonzi/dp/B00003E4BU