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Anticipazioni per “Mefistofele” di Arrigo Boito del 27 novembre alle 21.15 su Rai 5: l’inaugurazione della stagione dell’Opera di Roma

mefistofele

Anticipazioni per “Mefistofele” di Arrigo Boito del 27 novembre alle 21.15 su Rai 5: l’inaugurazione della stagione dell’Opera di Roma – Segna il debutto operistico in Italia del grande regista australiano Simon Stone la nuova produzione del “Mefistofele” di Arrigo Boito che il 27 novembre inaugura la Stagione 2023/2024 del Teatro dell’Opera di Roma. Lo spettacolo è trasmesso da Rai Cultura in prima serata, alle 21.15, su Rai 5, oltre che in diretta da Radio 3 alle 18.00.

Coprodotto con il Teatro Real di Madrid, Mefistofele vede impegnato sul podio il direttore musicale della Fondazione capitolina, Michele Mariotti, che lo affronta per la prima volta. Protagonisti John Relyea nel ruolo del titolo, Maria Agresta nella parte di Margherita/Elena e Joshua Guerrero in quella di Faust. Nel ruolo di Marta e Pantalis è impegnato il mezzosoprano Sofia Koberidze, mentre il tenore Marco Miglietta interpreta Wagner. Il coro, diretto da Ciro Visco, è quello del Teatro dell’Opera di Roma. Scene e costumi dello spettacolo sono di Mel Page, mentre le luci di James Farncombe. Lo spettacolo si avvale anche della partecipazione della Scuola di Canto Corale della Fondazione Capitolina.

«Abbiamo scelto Mefistofele – dice Michele Mariotti – perché rispecchia perfettamente la nostra idea di teatro: un luogo che parla sia dell’uomo di oggi, fornendo gli strumenti per conoscere più a fondo la nostra realtà e per interpretarla, sia dell’uomo come archetipo, con i suoi valori psicologici atemporali e le sue pulsioni eterne. Boito esalta proprio questo: l’universalità dell’uomo che è in Faust e la sua implacabile tensione a superare i suoi limiti. Per il teatro, inoltre, è una sfida ma anche una grande opportunità mettere in scena un capolavoro così imponente, che coinvolge tutte le forze interne e le masse artistiche. Sono poi particolarmente felice – conclude Mariotti – di lavorare nuovamente con Simon Stone dopo La traviata che abbiamo realizzato insieme a Parigi nel 2019».

Nella sua carriera da regista d’opera ha trasformato Violetta Valéry in un’influencer, ambientato la vicenda di Lucia di Lammermoor nel “Rust Belt” americano, e raccontato l’amore di Tristano e Isotta tra i grattacieli di New York: al suo debutto a Roma Simon Stone – pluripremiato drammaturgo, regista e sceneggiatore australiano – è chiamato a interpretare, con il suo stile unico, iperrealista e tagliente, il mito mefistofelico che Johann Wolfgang von Goethe lasciò in versi tra il 1772 e il 1832, e che Arrigo Boito trasformò in un dramma monumentale messo in scena per la prima volta nel 1868.

Da giovane descritto come l’enfant terrible del teatro australiano, Stone è oggi tra i registi più richiesti della scena internazionale e le sue produzioni operistiche sono arrivate sui palchi più prestigiosi, dalla Metropolitan Opera House al Festival di Aix-en-Provence. Vorace lettore di classici fin dall’adolescenza, Stone ama riscrivere il tragico per il pubblico contemporaneo, prendere il mito e adattarne gli archetipi al nostro presente.

«Son lo spirito che nega
Sempre tutto: l’astro, il fior…
Il mio ghigno e la mia bega
Turban gli ozi al Crëator»
(Mefistofele, atto I scena II)

Mefistofele è un’opera in un prologo e cinque atti, poi ridotti a quattro e un epilogo, scritta e composta da Arrigo Boito ispirandosi al Faust di Goethe.

La prima rappresentazione avvenne a Milano, al Teatro alla Scala, il 5 marzo 1868, direttore lo stesso Boito, ma si risolse in un fiasco clamoroso, a causa forse, oltre che dell’eccessiva lunghezza dell’opera, del contenuto fortemente ideologico di alcuni episodi, poi soppressi. L’opera venne quindi ridotta e rielaborata dall’autore, che tra l’altro traspose per tenore la parte di Faust, originariamente per baritono; inoltre la figura di Margherita assume un rilievo centrale, nel contesto del dramma salvifico di Faust. La nuova versione andò in scena con successo al Teatro Comunale di Bologna il 4 ottobre 1875, diretta da Emilio Usiglio alla presenza del compositore.

Fu soprattutto grazie al conte bolognese Agostino Salina che l’opera, nonostante le resistenze legate al fiasco meneghino, fu inserita nel programma del teatro felsineo. Le rappresentazioni bolognesi inaugurarono la stagione autunnale e al successo contribuirono le eccellenti interpretazioni di Romano Nannetti nel ruolo di Mefistofele e di Italo Campanini in quello di Faust. Il giovane soprano Erminia Borghi-Mamo sostenne i ruoli sia di Margherita sia di Elèna.[5]. Da allora l’opera è sempre rimasta in repertorio.

Nelle varie rappresentazioni e versioni discografiche, sta alla scelta della produzione e della direzione se affidare o meno alla stessa interprete le parti di Margherita ed Elèna: Boito non ha dato indicazioni specifiche su questo. Anche le parti di Marta e Pantalis (contralto) e Wagner e Nereo (tenore) sono spesso interpretate dagli stessi artisti.

Trama

Prologo in cielo

Nebulosa. Dopo il preludio, echeggiano dietro la nebulosa i cori della prima falange celeste che inneggiano al Signore (Ave signor degli angeli e dei santi). Compare Mefistofele (Ave signor, perdona se il mio gergo), che sfida il creatore, affermando altresì di poter tentare il vecchio Faust. Il Chorus Mysticus acconsente, e Mefistofele è sicurissimo della sua vittoria. Esce successivamente di scena al comparire dei cherubini che, assieme alle penitenti, alle falangi celesti e a tutto il paradiso, rendono una lode finale al Signore, tramite un grandioso inno sinfonico/corale in Mi maggiore.

Atto I: La domenica di Pasqua

Scena I: Francoforte sul Meno. Durante le celebrazione della domenica della Pasqua, fra parate militari e cori e danze dei popolani, Faust e l’amico/allievo Wagner osservano incuriositi uno strano Frate Grigio.

Scena II: Faust si interroga sull’amore di Dio verso l’uomo (Dai campi, dai prati) e incontra il Frate Grigio, alias Mefistofele (Son lo spirito che nega) al quale concede l’anima in cambio della sapienza e della giovinezza. Mefistofele otterrà l’anima di Faust, se quest’ultimo, appagato dalla vita, dirà all’attimo fuggente «Arrestati, sei bello!».

Atto II: Il giardino, La notte del Sabba romantico

Faust, sotto il falso nome di Enrico, incontra la giovane Margherita, e i due si innamorano (Cavaliero illustre e saggio), mentre Mefistofele tenta di sedurre Marta. I due discutono sulla religione e Faust, richiesto da Margherita se crede in Dio, le dà una risposta ambigua: amore, vita ed estasi sono Dio, è solo un modo di definirle con una sola parola. Margherita vorrebbe trascorrere la notte con lui, ma non può perché la madre è in casa, e Mefistofele le dà una boccetta contenente sonnifero (in realtà veleno). Alla fine le due coppie di amanti si rincorrono per il giardino e si abbracciano.

Nella seconda scena, Mefistofele porta Faust sul monte Brocken (Su, cammina, cammina), e gli mostra il sabba romantico. Gli stregoni e le streghe rendono omaggio a Mefistofele. Dopo l’aria Ecco il mondo cantata da Mefistofele in cui scherza sulla generale stupidità del genere umano ma anche sul suo stesso ruolo di Male assoluto e supremo Tentatore, compare l’immagine di Margherita. Faust ne è turbato: sembra sia stata decapitata, e il diavolo ironizza paragonandola a Medusa decapitata da Perseo. Mefistofele fa in modo che l’immagine scompaia, e il sabba riprende.

Atto III: La morte di Margherita

Margherita è condannata a morte per aver ucciso la madre e il figlio (L’altra notte in fondo al mare). Faust giunge con Mefistofele e cerca di convincerla a scappare (Lontano, lontano). Ma la donna, riconoscendo in Mefistofele il Diavolo, rifiuta di scappare con Faust, e l’anima della donna ascende al cielo (Enrico, mi fai ribrezzo).

Atto IV: La notte del Sabba classico

Mefistofele mostra a Faust la notte del sabba classico. Le coretidi e le ninfe rendono omaggio alla bella Elèna di Troia, che però ha un’orribile visione della distruzione della città da parte degli Achei (Notte, cupa, truce). Faust compare e seduce Elèna (Forma ideal, purissima).

Epilogo: La morte di Faust

Faust, tornato vecchio, è intento alla costruzione di un nuovo mondo, e, affascinato dalla prospettiva della propria opera (Giunto sul passo estremo), non vuole più concedere l’anima a Mefistofele. Compaiono le schiere angeliche che distolgono Faust dal diavolo. Mefistofele cerca di ipnotizzarlo ancora, ma Faust, davanti alle visioni celesti, pronuncia la fatidica frase: «Arrestati, sei bello», rivolta all’attimo fuggente.

Mefistofele ha vinto la scommessa, ma una penitente (che è Margherita) intercede per Faust presso Dio: mentre risuonano i canti delle schiere angeliche che avevano aperto

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