martedì, Maggio 28, 2024
Home > Mondo > Equador e violenza, parla l’ispettore salesiano di Quito, p. Marcelo Farfán

Equador e violenza, parla l’ispettore salesiano di Quito, p. Marcelo Farfán

equador e violenza

Equador e violenza: l’aiuto internazionale per contrastare i narcotrafficanti, ma anche il sostegno a interventi per l’istruzione e il lavoro. Parla l’ispettore salesiano di Quito, p. Marcelo Farfán

L’allerta sulla situazione in Equador è stata lanciata da tempo ma solamente i fatti recenti l’hanno portata all’attenzione dei media internazionali. E, come accade spesso, cambia il modo di reagire alla violenza manifestatasi a seconda delle analisi che si fanno sulla condizione sociale del Paese.

Padre Marcelo Farfán è l’ispettore salesiano dell’Equador. Il contatto quotidiano con i giovani negli spazi degli oratori e delle scuole gli consente di comprendere dove risiedano le cause neanche molto remote dei fenomeni oggi alla ribalta della cronaca.

«La situazione è di una grande insicurezza, le scuole sono chiuse e anche molti lavori si stanno svolgendo a distanza. È stato decretato il coprifuoco, dalle 23 alle 5 del mattino. Il governo parla di un conflitto armato interno, una specie di guerra delle bande locali alleate con il narcotraffico internazionale contro le forze dell’ordine dello Stato” risponde alla nostra intervista.

Ma chi compone le bande armate?

“Sono giovani e giovanissimi non addestrati militarmente. Sono espressione della criminalità organizzata e questo, da un certo punto di vista, è più preoccupante perché compiono azioni molto violente e imprevedibili. In questi giorni, ad esempio, hanno lanciato una bomba in una zona di Quito molto frequentata, e solo per un caso non hanno provocato una strage”.

Gran parte dei componenti delle bande sono senza preparazione all’attività terroristica, e questo si è chiaramente manifestato nell’occupazione degli studi televisivi, con la polizia che è riuscita a immobilizzarli senza incontrare una resistenza efficace. “Sono giovani che non hanno la consapevolezza di quel che fanno né delle conseguenze delle loro azioni” sottolinea don Farfán.

Ma come si creano queste bande?

“Una delle strategie dei narcotrafficanti è di offrire gratuitamente la droga ai ragazzi per creare dipendenza, così questi divengono pronti a fare qualsiasi cosa pur di averne. Il pagamento delle loro prestazioni avviene con denaro e sostanze. In Equador non c’era grande consumo di stupefacenti, ma negli ultimi anni è cresciuto in maniera esponenziale”.

C’è anche una fertilità del terreno sociale per questo fenomeno. “Il problema del traffico negozio della droga” spiega il salesiano “si deve prendere sul serio, incominciando dall’investimento su scuola e lavoro. Tanti giovani che fanno parte delle bande armate sono caduti nella trappola perché non vedono un altro futuro. Abbiamo bisogno di un vero cambiamento dello Stato, delle politiche dell’istruzione pubblica e dello sviluppo economico”.

Gli Equadoriani chiedono l’aiuto internazionale perché la ramificazione del narcotraffico ha dimensioni che superano quelle del Paese. “Ci sono ventidue gruppi distinti, con capi locali, ma questi sono sottoposti ai cartelli della droga di Messico, Colombia e Albania. I vertici dell’organizzazione sono fuori da qui, e negli ultimi anni hanno creato alleanze molto forti sul nostro territorio nazionale”.

Relativamente tranquillo fino al decennio scorso, l’Equador era considerato solamente una via di passaggio della coca dal Perù, dalla Bolivia e dalla Colombia verso le piazze mondiali dello spaccio. “Dopo la pandemia e anche a causa di questa, abbiamo registrato è stato un impoverimento della popolazione” spiega don Farfán, “il 30% vive situazione di povertà, 15% di grave povertà. Il governo ha diminuito lil finanziamento per l’istruzione e anche quello per il contrasto al traffico di droga”. Da qui una desolata denuncia: “Il nostro Paese dal 2020 è diventato per i cartelli centroamericani una specie di paradiso per operare senza la pressione delle polizie specializzate che operano negli altri. L’Equador è diventato centro di smistamento. La malavita è entrata negli apparati statali, nella magistratura, nella polizia, nella classe politica”.

Una compenetrazione fra società sana e società malata avviene anche nella vita quotidiana. Il nostro interlocutore spiega che anche i giovani degli oratori e delle scuole si trovano a fianco a fianco dei figli e dei nipoti dei narcotrafficanti e dei giovani apprendisti del settore. “Fatti di estorsione sono molto presenti: il nostro collegio della città di Esmeralda ha visto allontanarsi 80 ragazzi perché le loro famiglie erano sotto minaccia. Nella stessa città come a Guayaquil, nei quartieri molto poveri si pratica una violenza ordinaria che interessa le bande contrapposte ma coinvolge inevitabilmente l’intera popolazione”.

Rimane – anche in queste situazioni – il dovere di resistere: “Quel che vogliamo fare è offrire uno spazio di speranza per chi non ha opportunità. Noi salesiani siamo conosciuti per il nostro lavoro con i ragazzi di strada e con i popoli indigeni. Restiamo fermi sul nostro carisma educativo per dare istruzione e per affrontare la fatica di vivere senza prospettive di occupazione. Grazie a Dio la nostra comunità non incontra ostacoli in questo compito, e non abbiamo registrato nessun attacco ai confratelli. Siamo rispettati, ma non sappiamo come le cose potranno evolvere”. Tutta la Chiesa cattolica gode di grande considerazione in Equador. Si è espressa pubblicamente parecchie volte sulla situazione di violenza e anche sulle sue cause, sottolineando la preoccupazione ma anche la chiamata all’impegno per la giustizia e per la pace.

Paradossalmente lo sviluppo estremo della violenza in queste settimane si può spiegare col fatto che il nuovo presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa, eletto il 15 ottobre scorso, ha incominciato ad affrontare con decisione il problema. “Appartiene a una classe economica alta, è di una famiglia molto importante. Non soltanto lui ma tante persone del governo sono state prese di mira dal narcotraffico proprio per l’impegno dichiarato: ci sono stati attentati ai candidati e agli amministratori locali, alcuni sono stati assassinati dalle bande criminali” ricorda il salesiano. Ma sembra che la gente non abbia fiducia nelle forze dell’ordine, non creda alle parole dei politici.

L’inversione di rotta inizia dall’occuparsi dei problemi de giovani: “Fra i membri delle bande locali ci sono quelli che hanno meno di 22 anni. Nei grandi quartieri occorre portare proposte più audaci nel campo dell’educazione e nel lavoro” raccomanda p. Farfán.

Antonio R. Labanca

Fonte Missioni Don Bosco

La Notizia.net è un quotidiano di informazione libera, imparziale ed indipendente che la nostra Redazione realizza senza condizionamenti di alcun tipo perché editore della testata è l’Associazione culturale “La Nuova Italia”, che opera senza fini di lucro con l’unico obiettivo della promozione della nostra Nazione, sostenuta dall’attenzione con cui ci seguono i nostri affezionati lettori, che ringraziamo di cuore per la loro vicinanza. La Notizia.net è il giornale online con notizie di attualità, cronaca, politica, bellezza, salute, cultura e sport. Il direttore della testata giornalistica è Lucia Mosca.

RIPRODUZIONE RISERVATA © Copyright La-Notizia.net