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Civitella del Tronto: la fortezza rivive nella memoria

Civitella del Tronto

TERAMO – Sono stato di domenica, nonostante i lavori in corso, a visitare per l’ennesima volta (ci vado dal 1989) la Fortezza di Civitella del Tronto (Te), un luogo dove la pressoché fedele ricostruzione permette di rivivere oggi la memoria di ciò che é stata e la consapevolezza di ciò che è oggi.

La Fortezza di Civitella del Tronto (a circa 600 metri Slm), una delle più grandi d’Europa attualmente esistenti, é una straordinaria, monumentale ed imponente opera dell’ingegneria militare rinascimentale, un baluardo difensivo su uno sperone di roccia pressoché inespugnabile di oltre 500 metri di lunghezza e 25 mila metri quadrati di superficie.

La poderosa opera di ingegneria militare di età moderna, è sita in una posizione strategica, oggi al confine fra Marche e Abruzzo, sulla statale Ascoli Piceno – Teramo, mentre in passato era nei pressi del confine fra Regno delle Due Sicilie e Stato della Chiesa. A tal proposito, va detto che dove non c’erano i confini naturali come fiumi e rilievi montuosi, i confini erano artificiali, ossia giuridico – politici, contrassegnati da cippi in pietra.

Uno di questi cippi confinari fra Regno e Papato è presente nell’ultima sala del Museo nella fortezza, dove sono conservati anche dei documenti dei sovrani e delle autorità dell’epoca

Proprio la posizione strategica della fortezza al confine fra due Stati, ossia il Regno delle Due Sicilie e lo Stato della Chiesa, la rendono un punto di accesso fondamentale al Regno del Sud, almeno fino all’avvento di comunicazioni più sicure sulla strada costiera adriatica. Per questo nel corso della sua storia Civitella del Tronto subisce diversi e lunghi assedi.

La fortezza viene soprannominata la “Fedelissima”, poiché vittoriosa durante le guerre sul Tronto tra Francesi e Spagnoli durante gli assedi transalpini del 1557 e 1589, tanto che nel 1558 ai suoi cittadini furono esentate per quarant’anni le tasse da pagare al Regno di Napoli, e a spese del demanio regio furono riparati i danni causati dall’assedio al borgo fortificato e alla fortezza che venne anche rinforzata. Per gli stessi meriti, nel 1589, Civitella fu elevata al rango di città, col toponimo ufficiale di Civitella del Tronto e le fu conferito il titolo, con cui é passata alla storia, di “Fidelissima” da Filippo II d’Asburgo di Spagna.

Ma, la Fortezza di Civitella del Tronto é passata alla storia soprattutto per gli assedi ottocenteschi del 1806, e ancora di più del 1860 – 1861.

Tra il 27 marzo e il 21 maggio del 1806, il forte, difeso dal maggiore irlandese Matteo Wade, con i suoi 300 uomini al servizio dei Borbone di Napoli, sostenne un assedio di quattro mesi contro le truppe napoleoniche di Gioacchino Murat, capitolando onorevolmente il 22 maggio 1806.

Nel 1816, in seguito al Congresso di Vienna, la città di Civitella del Tronto entrò a far parte del Regno delle Due Sicilie, composto dalle corone di Napoli e di Sicilia.

Nel 1829, alla morte di Matteo Wade, il Re Francesco I di Borbone Due Sicilie commissionò alla scultore Tito Angelini un monumento in onore di Matteo Wade e degli eroi dell’assedio del 1806 che venne posto nella prima piazza d’armi.

Dal 26 ottobre 1860 al 20 marzo 1861, l’esercito di Vittorio Emanuele II di Savoia strinse d’assedio la Fortezza di Civitella del Tronto che continuò imperterrita a resistere con la sua guarnigione di circa 500 uomini (ridotti a 300 circa alla fine dell’assedio), anche dopo la caduta della fortezza di Gaeta, dove combatteva il Re Francesco II di Borbone Due Sicilie, il 13 febbraio 1861. Se le trattative della resa portate avanti dal comandante della fortezza Maggiore Ascione e dal suo vice Maggiore Tiscar iniziarono il 17 marzo 1861 con la proclamazione ufficiale dell’Unità d’Italia da parte del Parlamento di Torino, la resa della fortezza, firmata per delega da Tiscar, ci fu solo tre giorni dopo, il 20 marzo; dopo 8000 colpi di cannone sparati contro le sue mura, la fortezza era ancora là nella sua maestosità e solo l’apertura della porta di accesso dopo l’esposizione della bandiera bianca portarono alla sua capitolazione.

Questo episodio la rende l’ultima roccaforte borbonica a piegarsi all’invasione piemontese. Sulla figura del Maggiore Raffaele Tiscar a cui é stato dedicato il museo all’interno della Fortezza, i giudizi storici sono controversi. Se c’è chi ritiene che ha fatto semplicemente il suo dovere arrendendosi, dopo l’ordine arrivato da Francesco II, riparato a Roma dal Pontefice, c’è chi fra le fila dei cosiddetti neo borbonici, due siciliani e controrivoluzionari in genere, ritiene che sia stato un traditore della causa legittimista e due siciliana, costringendo i più volenterosi, al comando del tenente di Artiglieria Santomartino e del sergente di artiglieria Messinelli alla resa forzata, con prigionia e/o fucilazione come toccato al Messinelli e ad un manipolo di irriducibili resistenti, usciti dalla fortezza per una azione militare. Il tenente Santomartino scampò invece alla fucilazione grazie alle sue conoscenze.

Per punire la resistenza della fortezza, e per evitare il nascere di nuovi focolai di resistenza filo borbonica a Civitella del Tronto, la piazzaforte venne cannoneggiata e minata dall’interno dalle forze savoiarde a partire dal 25 marzo 1861.

Sopra la targa sull’edificio del “Museo delle Armi e delle Mappe Antiche di Civitella del Tronto” con l’intitolazione al Maggiore Tiscar il 28 agosto 2015:

“Il comune di Civitella del Tronto, a ricordo dell’ultimo assedio di questa Fortezza, fiero baluardo nei secoli, dedica il Museo delle Armi e della Fortezza al Maggiore Raffaele Tiscar, ufficiale borbonico che, fedele al giuramento prestato, rimase a fianco del comandante La Piazza sino a quando, così come dettato dal Re Francesco II°, gli fu ordinato l’ingrato compito di firmare la capitolazione della Fortezza con il Comando Piemontese assediante. Era il 20 di marzo del 1861” .

Video sulla Lapide al Maggiore Tiscar a cui é stato dedicato il Museo all’interno della fortezza, negli alloggi dei soldati che sono stati ristrutturati:

Anche il monumento di Matteo Wade venne portato via dall’esercito sabaudo come bottino di guerra, ma non arrivò mai a Torino, poiché accertato che non fosse opera del Canova, venne parcheggiato ad Ancona per poi essere rispedito a Civitella, dove é stato posto in Largo Rosati, nel 1876 (Sotto una foto del monumento a Matteo Wade scattata nel 1913).

La Fortezza di Civitella del Tronto, rimase all’abbandono, in rovina, fino al 1975, quando iniziarono i lavori di restauro del forte ai fini della promozione turistica, terminati nel 1985.

Nella sottostante foto le rovine della fortezza prima del restauro nel 1914. La foto é stata scattata nella prima piazza d’armi, in cui si facevano le esercitazioni. Come si vede, le mura difensive, soprattutto dal lato che guarda all’orizzonte, dove c’erano le prime batterie di cannoni, e non c’è il borgo, sono pressoché completamente smantellate. Nella foto, é visibile l’accesso ad una grotta sotterranea, oggi restaurato che veniva usato come magazzino, mentre la rampa di accesso alle piazze superiori del forte e lo spiazzo dove i soldati svolgevano le esercitazioni, sono completamente ricoperti di lussureggianti erbacce.

Nella foto si vede in alto, anche parte dei camminamenti coperti e i resti della facciata della Chiesa di San Giacomo e del Palazzo del Governatore.

Il borgo fortificato di Civitella del Tronto ha nel 2024 ancora aperte le ferite del terremoto di Amatrice del 2016/2017. Pertanto per accedere al forte, considerando che la porta principale raggiungibile su Via Roma é chiusa per lavori di restauro, bisogna salire lungo un viale ripido in salita vicino al parco avventura, anche perché la scala mobile é chiusa ormai da anni (quando riaprirà?).

Saltato per chiusura da lavori il primo posto di guardia all’entrata principale, dove, nella prima parte dell’Ottocento, c’era ancora il ponte levatoio, si entra nel perimetro della fortezza da una entrata laterale, dove si può accedere alla ripida rampa di ciottoli in pietra, progettata secoli fa soprattutto per il passaggio di cavalli e muli, dove si incontra il posto di guardia che difende l’accesso della prima piazza d’armi dove c’è la biglietteria. Alla biglietteria, ricavata in una casetta di legno, sono gentili, educati, e attualmente, il costo del biglietto é di 6 euro. Ma, ci sono delle riduzioni e/o entrate gratuite per particolari categorie.

Già qui, appena entrati nel perimetro della Fortezza di Civitella del Tronto é possibile scorgere sotto l’arco dell’entrata principale il posto di guardia esterno dove c’è ancora la cappa del camino che veniva usato dai soldati per riscaldarsi nei freddi inverni appenninici e magari poggiare le armi su degli appositi sostegni.

Sulla rampa di accesso al corpo di guardia della prima piazza d’armi si può scorgere il cosiddetto “Calabozzo del Coccodrillo”, una cella buia e umida dove venivano posti i prigionieri che venivano catturati da fuori e che dovevano essere la mattina seguente interrogati o fucilati nella sovrastante piazza.

Nella prima piazza d’armi, o nella sottostante piazza di Civitella del Tronto, oppure fuori le mura del borgo fortificato si facevano le esecuzioni capitali. Proprio nella prima piazza si predisponevano le prime difese della fortezza in caso di attacco, rispondendo al fuoco. La prima piazza d’armi é già stata restaurata con un pavimento più moderno, meno pittoresco di quello scelto a cavallo fra gli anni Settanta e gli Ottanta, ma più resistente agli agenti atmosferici. All’entrata, dove sta il posto di guardia, c’è una edicola dedicata a Santa Barbara. Ma, oggi la statua non c’è. Da qui si vede la Chiesa di Santa Maria dei Lumi, da cui bombardavano i Sabaudi la fortezza quasi senza tregua, avamposto che venne sgominato da 100 gendarmi del Capitano Giuseppe Giovine il 21 dicembre 1860, con l’ausilio di 200 patrioti duesiciliani legittimisti.

In virtù delle brillanti azioni militari del Capitano Giuseppe Giovine e dei difensori della fortezza, arrivò un messaggio da Gaeta (nella Fortezza di Civitella del Tronto, l’ufficio dove si ricevevano i messaggi era nella seconda piazza d’armi, del quale restano le rovine. Qui c’era anche il telegrafo da alcuni anni usato soprattutto per usi militari già nel 1860). La fortezza di Gaeta era anch’essa assediata, ma ciò non impedì a Francesco II di fare sentire il suo calore umano alle sue truppe in terra d’Abruzzo. Questo messaggio del Re Borbone, datato 17 gennaio 1861, galvanizzò la guarnigione: “Un pugno di bravi, issando l’avito ed immacolato vessillo, combatte l’ira della rivoluzione e la più vile delle nemiche aggressioni. Sia a duratura gloria l’eroico vostro comportamento, modello ed esempio di fede e di valore, mentre, ammirati dall’Europa, compiamo l’opera di liberare dall’oppressione straniera questa bella nostra terra natale”. Il messaggio di S.A.R Francesco II finiva con la promozione di un grado di tutti i componenti la guarnigione, e la promozione a Colonnello del Capitano Giovane.

Anche sulla figura di questo ufficiale, il giudizio é contrastante, perché é vero che combatte efficacemente contro il nemico sabaudo, ma il 16 febbraio 1861 abbandonò la fortezza, dopo che il sovrano Francesco II era andato da Gaeta in esilio a Roma, scortato da navi francesi. Giovane, aveva avviato trattative di resa con l’ufficiale Giuseppe Spagnolo, ospite di Vincenzo Trojani nella frazione di Cornacchiano.

Continuando a salire si accede nella seconda piazza d’armi, intanto il fiatone e la fatica diminuiscono perché qui si arriva nella parte piana della fortezza dove ci sono alcuni uffici e camminamenti coperti del forte. In questa seconda piazza, veniva fatto ogni mattina l’alzabandiera accompagnato dalle note dell’Inno Nazionale delle Due Sicilie “Dio Preservi il Re”, realizzato nel 1787 da Giovanni Paisiello su commissione di Ferdinando I. Oggi, proprio qui c’è la campana ai caduti e la lapide in onore dei resistenti della fortezza fatta mettere dal Conte Giorgio Cucentrentoli di Monteloro, di origine fiorentina legittimista e controrivoluzionario che recita: “Anche una causa “condannata dalla storia” può mobilitarsi quando a prezzo di valore e di sangue si tiene alta la bandiera della lealtà, fedeltà ed onore pure senza speranza”.

Di seguito il video fatto nella seconda piazza d’armi della Fortezza di Civitella del Tronto che non può purtroppo essere inquadrata in tutta la sua bellezza, perché è oggetto di lavori di manutenzione della pavimentazione e la bandiera delle Due Sicilie non sventola in alto al vento. Anche qui come nella prima e nella terza piazza d’armi stanno mettendo la nuova pavimentazione meno pittoresca, ma anche meno bisognosa di manutenzuone.

Il video é in pratica un mio omaggio ai caduti dell’assedio del 1860 – 1861.

Dalla seconda piazza d’armi della Fortezza di Civitella del Tronto, nonostante i lavori che bloccano il passaggio sotto alcuni cunicoli sotterranei e passaggi coperti, si arriva alla terza piazza d’armi, quella più protetta da eventuali attacchi, dove si affaccia ciò che rimane del palazzo del potere, ossia le rovine dell’edificio del palazzo del governatore e la chiesa di San Giacomo, non più consacrata e ricostruita come sala per eventi e conferenze. Anche le scuderie sotto il palazzo del governatore possono essere usate per eventi soprattutto enogastronomici. Nella terza piazza d’armi la mattina il cappellano militare officiava la messa per la truppa e in chiesa probabilmente per gli ufficiali; qui il comandante passava in rassegna le truppe che lo salutavano e si facevano le cerimonie ufficiali. Uno spettacolo da immaginare, ma che rivive nell’aria e che le pietre potrebbero raccontare se potessero parlare.

A tal proposito, il mio video sulla terza piazza d’armi della Fortezza di Civitella del Tronto, volando un po’ con la fantasia ispirato dai luoghi restaurati a perenne memoria di quello che fu la fortezza e di quel che é oggi (nonostante i lavori di manutenzione che abbiamo trovato anche qui):

Dopo la terza piazza d’armi, ci sono gli alloggi dei soldati, dei graduati e degli ufficiali, dove dormivano e dove si svolgevano tutte le attività della vita quotidiana. Le strutture sono state parzialmente ricostruite, e in questa area oltre al Museo si trova un punto vendita di gadget e libri sulla fortezza, il territorio e il Regno delle Due Sicilie in genere.

In fondo, nella parte più settentrionale della fortezza, dove si trovava la Batteria del Carmine, c’è oggi una piazzetta con una area verde dove poter passeggiare godendosi il panorama, li dove con un po’ di immaginazione si può, prendendo consapevolezza della storia di Civitella del Tronto senza né pregiudizi, né censure, veder rivivere la fortezza.

Cristiano Vignali