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Un romanzo storico per ricordare Pamela

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La battaglia dei Campi Catalaunici’ di Giuseppe Sabbatini presentato a Macerata da Luciano Magnalbò. La ‘dedica’ particolare dell’autore che ha dato alle stampe anche ‘I focaracci della venuta’ in ricordo dell’8 dicembre.

di Maurizio Verdenelli

Superare quei giorni terribili tra gennaio e febbraio, quando Macerata divenne un caso mondiale. Nel ricordo commosso di Pamela, vittima innocente di una brutalità disumana perpetrata in una città ‘buona’, che alcuni decenni prima si era ‘vocata’ alla Madonna come ‘Civitas Mariae’ (recita il rosone sulla facciata del comune), appena più sotto la lapide a Giordano Bruno, coabitazione che aveva stupito per apparente ‘stranezza’ un giorno il Premio Nobel, Dario Fo.

A questo ha pensato Giuseppe Sabbatini, avvocato e scrittore, quando qualche mese fa ha iniziato a scrivere il suo bel romanzo storico: “La Battaglia dei campi Catalaunici” (tavole di Lorenzo Sabbatini). Una battaglia che l’impero romano nelle prime ore del suo lungo declino aveva combattuto in Gallia: “Di questo episodio con al centro il grande generale Ezio mi ero imbattuto leggendo le ‘Storie’ di Indro Montanelli. Ed allora ho pensato a Pamela Mastropietro, alla sua tragedia, a quella concomitante di una comunità intera, ed è venuto fuori non certo per dimenticare, ma per superare bene nell’anelito di giustizia naturale in quella orribile vicenda umana e sociale, questo romanzo storico. Al centro c’è Terenzio un giovane entusiasta e ‘positivo’ di Helvia Recina (l’antica Macerata, ora Villa Potenza ndr) che si fa soldato e segue le legioni romane. E c’è pure posto per la storia d’amore”: ha detto l’avv. Sabbatini presentando il libro alla Biblioteca Mozzi-Borgetti di Macerata. Un evento che ha visto pure il vernissage di un’altra opera dello stesso autore, ‘I focaracci della venuta’ (quelli dell’8 dicembre che salutano il percorso fino a Loreto della Madonna ‘nera’) illustrati dal parroco del duomo di Recanati, mons. Pietro Spernanzoni mentre è toccata all’avv.sen. Luciano Magnalbò l’introduzione alla lettura del romanzo storico. Un evento promosso magistralmente dall’Accademia dei Catenati (risalente al ‘700) presenti il Principe dott.ssa Angiola Maria Napolioni e il Segretario prof. Nazzareno Gaspari. Tra gli intervenuti la vicesindaca con delega alla Cultura, prof.ssa Stefania Monteverde. La lettura dei testi affidata a Walter Cortella, già colonnello dell’aeronautica, l’Arma di cui la Madonna di Loreto è patrona. E pure lo stesso autore è stato ufficiale dell’Arma Azzurra. Spiegata anche così la ‘chiave’ vocazionale che è stata la spinta a scrivere di una tradizione sempre sentita nelle campagne e pure a Macerata (con focaraccio, ad illuminare la strada, in piazza dell Libertà).

Ma torniamo alla ‘battaglia’: il libro è ricco di colpi di scena e, pur seguendo le tracce della storia, Sabbatini usa la potenza degli scrittori, padrone assoluto dei personaggi che inventa, di cui decide la figura fisica, ne forma pensieri, sentimenti ed amori, ansie, dolori e felicità, e di cui può determinare il momento e il modo di morire.

I protagonisti sono Terenzio ed Ezio: Terenzio è un pre-maceratese nato a Ricina dove il padre, che è maestro, e personaggio autorevole, fa scuola, organizza spettacoli nei resti dell’anfiteatro distrutto qualche anno prima da Totila. Insomma è un promotore culturale. Terenzio, cui la propia città sta stretta, a 15 anni fa la sua prima presenza nell’esercito, ed all’epoca dei fatti ne ha circa 32. Parte per la Gallia per il peculium castrense (la paga dei soldati), con i cui risparmi manterrà la famiglia, e lo segue l’amico Elvio. Ezio è il generale imperiale di Valentiniano, uomo rotto a tutto e astuto stratega, magister utriusque militiae, cioè comandante assoluto. Nella battaglia ai Campi catalaunici si trova di fronte Attila il re degli Unni, e come alleati i Visigoti di Teodorico e gli Alani di Sangibano.

Sabbatini descrive anche scene di sano erotismo; così succede a Terenzio, uomo onesto, devoto a Dio e cristiano fervente, che porta con sé in guerra il ricordo di Giunia, la bella ragazza vista una volta bagnarsi nel fiume Potenza, che prima romanticamente lo illuse per poi abbandonarlo. A Giunia vanno i pensieri di Terenzio nella solitudine della tenda dell’accampamento in Gallia, ricordando la grazia della sua nudità, ancora abbagliato dal fulgore di quella bianca natura accarezzata dal sole; e nei confronti di Lavinia, la sposa che lo attende a Ricina con i vecchi, prova moti di romantico amore dolcemente sensuale.

E che dire della visita di Ezio a Teodorico? Ezio porta oro a Teodorico re dei Visigoti e a Sangibano re degli Alani per meglio convincerli ad essere fedeli come suoi alleati contro Attila; e Teodorico non fa mancare nulla a nessuno: postriboli intasati per i fanti, vezzose fanciulle che massaggiano Ezio mentre fa il bagno; e poi insieme al centurione alla ricca tavola del Re, rallegrata dalla raffinatezza delle inservienti svestite con generose abiti trasparenti, e il gran finale del centurione che tutto contento andando a letto lo trova occupato da una procace creatura. Ezio invece va a dormire da solo per prepararsi alla battaglia.

Questo filone erotico-rosa, trattato con delicatezza da Giuseppe Sabbatini, rende ancora più gradevole il libro: delicata antropologia inserita in un contesto di tradimenti, di agguati e violenze.

(foto Carlo Gentili)

da sx: il professor Nazzareno Gaspari, mons. Pietro Spernanzoni, la dott.ssa Angiola Maria Napolioni, l’avv. sen. Luciano Magnalbò

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