martedì, Maggio 14, 2024
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25 Aprile, una data che divide ancora l’Italia

Del "potere dei più buoni"

Ancora oggi il 25 aprile è una data che divide l’Italia, come si è visto con le recenti polemiche intervenute fra Di Maio che rimprovera chi – come la Lega – non intenderebbe partecipare alle celebrazioni per la liberazione dell’Italia 74 anni fa dal nazifascismo, e Salvini che oggi è con le Forze di polizia a Corleone ricordando che nel 2019 la vera liberazione del Paese è invece quella dalle tante mafie che lo affliggono.

Storicamente il 25 Aprile del 1945 è il giorno in cui il CLNAI (Comitato di liberazione Nazionale alta Italia) proclama l’insurrezione generale in tutti i territori occupati dai Nazifascisti nel Nord Italia, imponendo alle forze partigiane facenti parte del corpo volontari della libertà di attaccare i presidi fascisti e nazisti, imponendo la resa, emanando decreti legislativi e assumendo il potere in nome del popolo Italiano e quale delegato del Governo Italiano.

Il Comando del CLNAI si trovava a Milano ed era presieduto da Alfredo Pizzoni, Luigi Longo, Emilio Sereni, Sandro Pertini e Leo Valiani.
Dopo lo sbarco degli angloamericani in Sicilia nel luglio del 1943 e la successiva vergognosa resa a discrezione di Casa Savoia dell’8 settembre, quando fu reso pubblico l’Armistizio di Cassibile, firmato segretamente il 3 settembre del 1943, l’esercito e le altre forze armate Italiane rimasero senza ordini e completamente allo sbando, e quindi i reparti sul terreno si organizzarono autonomamente, alcune passando a gli ordini degli alleati, altre tornarono a casa rischiando le pene previste per la diserzione, altre ancora continuarono a combattere al fianco degli alleati tedeschi.

Una incredibile situazione di totale confusione, che creò tutti i presupposti per le divisioni relativamente alle quali ancora oggi non si è riusciti a trovare una quadra e che continua a dividere l’Italia e gli Italiani. Nel ’44 con lo sbarco di Anzio ad opera degli alleati peggiorò caos e confusione tra la popolazione, specialmente nelle aree del Nord, non ancora stabilizzate dagli alleati e dove presero l’avvento le formazioni partigiane ed in particolare quelle comuniste, che si sono macchiate di terribili fatti di sangue e stragi che esulavano dalla lotta per la liberazione, e che hanno coinvolto civili, donne e bambini, oltre che militari e preti.

Ricordiamo che l’Arma dei Carabinieri e la Guardia di Finanza annoverarono un elevatissimo numero di vittime tra i vari reparti e tra gli ufficiali, considerati ingiustamente fascisti. E’ in questo scenario che al nord, precisamente a Milano, il 25 Aprile del 1945 il CLNAI, autoproclamatosi delegato del Governo, lancio’ l’Insurrezione.

Non era quindi una vera forza popolare ad intervenire, ma una struttura organizzata su basi e con finalità politiche ed ideologiche. L’insurrezione vide in tutto il nord la commissione di sanguinose vendette, di crimini efferati e di stragiprotrattesi ben due anni dopo la fine della guerra.

Se non fosse per l’omaggio solenne che il Presidente della Repubblica rende al sacello del Milite ignoto, con la deposizione della corona di alloro in ricordo dei caduti e dei dispersi di tutte le guerre, la festa nazionale istituzionalizzata nel 1949 nulla avrebbe di commemorazione.
E’ un caso che, spesso, più che il tricolore simbolo dell’unità d’Italia, sfilino invece le bandiere rosse simbolo di una parte schierata contro l’altra?

Come considerare quindi una festa della Liberazione quando si sancisce la netta divisione dei territori italiani, l’autoproclamazione di forze che si dichiarano di liberazione e che invece si sono rivelate animate da spirito di vendetta e da finalità ideologiche ? Per di più forze che per decenni hanno occultato i loro crimini e che hanno influenzato la storia italiana dal dopoguerra ad oggi.

Ancora oggi gli storici continuano le ricerche, anche con l’aiuto dei vari documenti depositati negli Archivi di Stato, per poter ricostruire una storia negata, affinché possa realmente avvenire quel processo di unità d’Italia che fu cancellata l’8 settembre del 1943.

E’ tempo quindi – a distanza di 74 anni dai fatti – di cessare la faziosità ideologica che anima molte forze che ancor oggi si atteggiano a protagoniste della liberazione sotto altri nomi ma con la stessa ideologia di allora, impedendo in tal modo quella reale pacificazione degli Italiani che consentirebbe di celebrare la liberazione d’Italia da una infinita guerra civile ideologica e la autentica riunificazione del Paese, mettendo insieme i cittadini intorno ad una vera festa dell’intera nazione anzichè assistere ad una manifestazione di parte che appartiene a pochi e non rappresenta l’unità dell’Italia.

Ettore Lembo

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