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DA ERODOTO – LE STORIE, CONTINUA IL LIBRO I – Traduzione di Luigi Annibaletto, Mondadori 1956

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DA ERODOTO – LE STORIE, CONTINUA IL LIBRO I – Traduzione di Luigi Annibaletto, Mondadori 1956

51 Quando questi oggetti furono pronti, Creso li mandò a Delfi e vi aggiunse queste altre offerte: due crateri di grandi dimensioni, uno d’oro e l’altro d’argento; quello d’oro si trovava a destra a chi entrava nel tempio, quello d’argento a sinistra.

Anche questi crateri furono rimossi al tempo dell’incendio del tempio; ora quello d’oro si trova nel tesoro dei Clauzomenii e pesa otto talenti e mezzo, più di dodici mine; quello d’argento è all’angolo del pronao e può contenere 600 anfore. Lo si sa perché i Delfi vi mescolano l’acqua e il vino nelle feste delle Teofanie.

A Delfi dicono che sia opera di Teodoro di Samo, e io lo credo, perché non ha certo l’aria di essere un lavoro del primo venuto.

Creso mandò anche quattro giare d’argento, che si trovano attualmente nel tesoro dei Corinzi; e consacrò due urne lustrali, una d‘oro e l’altra d’argento: su quella d’oro una iscrizione pretende che si tratti di un ex voto degli Spartani; ma non corrisponde a verità, poiché anche questa è di Creso: l’iscrizione vi fu posta da uno di Delfi che voleva ingraziarsi gli Spartani, io ne conosco il nome ma non lo dirò.

E’ vero invece che la statua del fanciullo, attraverso la cui mano scorre l’acqua, è degli Spartani; ma nessuna delle due urne appartiene a loro.

Molte altre offerte, senza iscrizioni, mandò Creso oltre e queste, e vasi d’argento rotondi, e una statua di donna in oro, alta tre cubiti, che a Delfi sostengono rappresenti la sua fornaia.

In più egli consacrò pure le collane della propria moglie e le sue cinture.

52 Tutto questo fu quello che mandò a Delfi; ad Anfiarao invece, del quale aveva conosciuto il merito e la fine dolorosa, consacrò uno scudo in ogni parte egualmente d’oro e una solida lancia d’oro massiccio, tanto l’asta quanto le due punte.

I due oggetti ancora ai miei giorni si trovavano a Tebe, e precisamente nel tempio di Tebe sacro ad Apollo Ismenio.

53 Ai Lidi incaricati diportare questi doni ai vari templi Creso ordinò di chiedere agli oracoli se egli avesse potuto fare una spedizione contro i Persiani e se avesse dovuto cercare di aggregarsi un esercito alleato.

Quando, arrivati là dove erano stati mandati, i Lidi ebbero consacrate le loro offerte, consultarono gli oracoli dicendo: < Creso, re dei Lidi, e di altri popoli avendo riconosciuto che questi sono i soli veri oracoli al mondo, vi offre doni degni della vostra intelligenza e domanda se può muovere in armi contro i Persiani e se deve aggregarsi qualche esercito alleato >.

Questo essi domandarono e le risposte di ambedue gli oracoli furono concordi nel predire a Creso che se avesse fatto guerra ai Persiani avrebbe abbattuto un grande impero; e gli consigliarono di assicurarsi l’amicizia fra quelli tra i greci che egli avesse riconosciuto come i più potenti.

54 Creso, quando venne a conoscere i responsi che gli erano stati riferiti, si rallegrò oltremodo per quello che dicevano gli oracoli e, pieno di speranza di poter abbattere il dominio di Ciro, mandò di nuovo i suoi messi a Pito, e fece dono ai Delfi, dopo essersi informato del loro numero, di due stateri d’oro a testa. In cambio i Delfi concessero a Creso e ai Lidi la precedenza nel consultare l’oracolo, la esenzione da certe tasse, il diritto ai primi posti nei giochi Pitici e la possibilità, per quelli che volevano, di assumere la cittadinanza di Delfi senza limiti di tempo.

NOTA: Prima di tutto vediamo come Creso, rimasto nella storia l’uomo emblema della ricchezza, abbia fatto agli oracoli doni enormi e senza risparmio, nel desiderio e nella speranza di avere responsi a proprio favore, e per questo prediligeva il tempio di Delfi dove la Pitia per lui sentenziava, almeno in apparenza, in modo positivo. Per il valore dei suoi doni Creso ebbe benefici fiscali dalla città di Delfi e posti di riguardo negli spettacoli, meccanismo che ancora oggi funziona. ll tempio fu incendiato nel 548 a.C. e la sua ricostruzione fu compiuta il 430 a.C.. Per dare una idea della consistenza dei doni di Creso Annibaletto ricorda che la mina attica pesava circa 436 grammi e l’anfora, come misura, conteneva circa 40 litri; per quanto riguarda il cubito misurava circa m. 0,43, e dalle pitture vascolari del secolo VI a.C. vediamo che le lance avevano una punta ad ogni estremità. Alla fornaia fu dedicata la statua d’oro perché – annota ancora Annibaletto – da Plutarco sappiamo che, incaricata dalla matrigna di Creso di preparargli il pane avvelenato, lo aveva avvertito, salvandogli così la vita.

Luciano Magnalbo’

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