venerdì, Marzo 29, 2024
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Pesaro in lutto per la scomparsa di Eliseo Mattiacci, artista del cosmo e dell’astronomia

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Eliseo Mattiacci si è spento a Pesaro la notte del 26 agosto 2019, a seguito di una malattia che lo affliggeva da lungo tempo. Lascia la moglie Silvia e la figlia Cornelia, curatrice presso Fondazione Prada. L’artista ha contribuito al rinnovamento dell’arte italiana a partire dagli anni Sessanta, distinguendosi per le sue sperimentazioni nel campo concettuale e performativo; ha partecipato alla vita del gruppo Arte Povera senza mai aderirvi totalmente, mantenendo nel tempo autonoma la sua produzione. Ha lavorato da sempre su opere scultoree, dapprima con un’attrazione per i materiali industriali e urbani, e in seguito concentrandosi sui metalli, plasmati ispirandosi al cosmo e agli astri.

ELISEO MATIACCI, GLI ESORDI

Eliseo Mattiacci nasce a Cagli, in provincia di Pesaro, nel 1940. La sua partecipazione al sistema dell’arte contemporanea italiana inizia nella metà degli anni Sessanta, con il suo trasferimento a Roma. A quel tempo la capitale, in pieno fermento culturale, ne influenza molte delle sperimentazioni. Espone nelle storiche gallerie come La Tartaruga di Piazza del Popolo, che gli dedica una personale nel 1967: Mattiacci invade lo spazio con un tubo snodabile in ferro nichelato, lungo 150 metri, smaltato di “giallo Agip” e trasportato per le strade della città, apprezzato dal critico Mario Diacono e pubblicato sulla rivista Bit. Il Tuboviene esposto nello stesso anno anche alla mostra Im-Spazio alla galleria La Bertesca di Genova curata da Germano Celant, segnando l’entrata dell’artista nella vicenda dell’Arte Povera. Viene accolto anche da L’Attico, la galleria di Fabio Sargentini, altro simbolo del nascente movimento poverista. Decisiva è la figura del gallerista e mercante d’arte Alexandre Jolas presentatogli da Pino Pascali, che gli permette di esporre il suo lavoro fuori dei confini nazionali, a Parigi e New York.

ELISEO MATTIACCI, I SUCCESSI

All’interesse per i materiali industriali si affianca l’indagine sul concetto di esistenza e di identità, declinato in numerose azioni dove il corpo dell’artista è coinvolto. Ne nascono opere come Radiografia ossea del proprio corpo, presentata nella galleria Franco Toselli di Milano nel 1971. L’anno successivo, la Biennale di Venezia del 1972 gli dedica una sala, includendo i suoi lavori che abbracciano i temi della comunicazione, del linguaggio e del senso di cultura. Negli anni Ottanta la ricerca di Mattiacci si concentra sull’uso dei metalli, da lui definiti “materiali vivi”, per opere di grandi dimensioni di ispirazione cosmica. La sua applicazione nel campo dell’astronomia, porta il critico Bruno Corà a definire le produzioni di questi anni Opere spaziali – cosmiche – astronomiche. Come Carro solare del Montefeltro, elegante assemblage di grandi discoidi esposto nel 1986, alla galleria Franca Mancini di Pesaro in una mostra a confronto con Enzo Cucchi. Quest’ultimo, assieme ad altre opere, è allestito nella sua sala personale alla Biennale di Venezia nel 1988. Il lavoro di Mattiacci si concentra inoltre su energie fisiche visibili e invisibili – come la forza di gravità o l’attrazione magnetica di grandi calamite – alimentato da una costante tensione ideale volto a togliere peso alla materia. Sulle superfici sono segnate le rotte dei pianeti, le ellissi delle traiettorie celesti, i cerchi concentrici degli ordini cosmici. Tra i premi ricevuti, si contano il primo premio alla Biennale Fujisankei Hokone Open Air Museum, a Tokyo nel 1995, ed il premio per la scultura Antonio Feltrinelli dell’Accademia dei Lincei, a Roma nel 2008.

(fonte Artribune.com)