mercoledì, Maggio 15, 2024
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Mare Jonio, Alessandro Metz: “Se c’è bisogno di ostaggi per la misera politica italiana, prendete noi”

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La Mare Jonio resta a 13 miglia da Lampedusa con 34 migranti a bordo. Della situazione parla l’armatore Alessandro Metz, attraverso un lungo post pubblicato sulla pagina Facebook della Mediterranea Saving Humans: “13 miglia. Ritornando dalla Mare Jonio questa sera pensavo a numeri e al metro di misura che a volte viene utilizzato per misurare cose intangibili. Pensavo ai 100 passi, cosa misuravano? La distanza tra la sottomissione ai soprusi della mafia e la dignità di Peppino Impastato. I 100 passi misuravano la dignità. Per sempre quello sarà un metro di misura “tangibile”. Questo pensavo al ritorno.

All’andata no, ero contento di abbracciare e rivedere l’equipaggio, tutto, eccezionale, della Mare Jonio. Volevo ringraziarli, sostenerli, essere vicino e assieme. Volevo sincerarmi delle condizioni a bordo, delle persone ancora sospese nel limbo del “non sbarco”. Ascoltare le loro storie da chi in questi giorni li ha salvati, accolti e con loro condiviso uno spazio ristretto e molto particolare come lo può essere solo una nave. Tutti sulla stessa barca, non semplicemente come esercizio di retorica, ma come dato materiale. Poi il ritorno.

13 miglia su un gommone veloce, due volte e mezzo la velocità della Mare Jonio.  Vedevo la terra che si avvicinava mentre percorrevamo le 13 miglia. E ho capito che era la distanza che divideva la costa dall’umanità. Abbiamo la nostra umanità a sole 13 miglia di distanza, può essere pochissimo, a portata di mano, oppure distante e irraggiungibile. Dipende da noi. In mezzo c’è la sospensione, di quella che definiamo per convenzione umanità, basata su una “graduatoria” di “vulnerabilità”. Una vulnerabilità che ieri notte ha permesso lo sbarco di 64 persone. Bambini e bambine, donne incinte, ragazzini e adulti in situazione medica particolarmente critica.

34 sono le persone ancora a bordo. Che non hanno avuto accesso al “premio” dell’essere considerati vulnerabili. La graduatoria della sfiga.
Solo che ognuna delle persone salvate porta con sé i segni della permanenza in Libia. Tutti gli uomini portano i segni degli elettrodi utilizzati come tortura sul proprio corpo. Tutte le donne i segni della violenza sessuale subita.
Qualcuno i segni delle frustate, o i segni dei morsi dei cani, altri, un bambino, la menomazione derivante dagli scontri a fuoco subito nel proprio Paese d’origine.
Tutti hanno le urla nelle orecchie.

La partenza del gommone di notte. Un’onda assassina che fa cadere sei persone in acqua, nel mare buio, le grida prima di morire annegati.
Le grida che non lasceranno più i famigliari o gli amici che poi sono rimasti per 48 lunghissime ore in balia di quel mare. Prima di incontrare nella loro agonia la Mare Jonio. Se questa non è sofferenza, fisica, psichica, materiale, esistenziale. Se questa non è vulnerabilità non so allora cosa lo sia.
A quelle 34 persone stiamo facendo pagare il prezzo, cattivo, di una violenza ulteriore e inutile.
Fateli scendere.

Se c’è bisogno di ostaggi politici per la misera politica italiana di crisi e farsa, allora prendete noi. Prendete noi, la Mare Jonio, l’armatore, l’equipaggio, i sostenitori, gli amici, chiunque volete. Ma lasciateli in pace, quelle persone hanno già visto e vissuto molto di più di quello che umanamente è sostenibile. Lasciateli in pace. Fateli scendere. Prendete noi e restituiamoci l’umanità, è a sole 13 miglia non è distante. Se veramente lo vogliamo possiamo riprendercela”.

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