venerdì, Maggio 17, 2024
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Dalla violenza al rispetto di se stessi e dell’altro: un percorso necessario e possibile

di Anna Maria Cecchini

La Violenza è democratica e trasversale, non ha bandiere, religioni, sesso, e non è prerogativa degli analfabeti, anzi non disdegna i ceti medio-alti con un’istruzione superiore, dal Nord al Sud, da Est a Ovest, viaggia spesso per lavoro, ha le chiavi di casa tua e sopratutto non ti coglie mai di sorpresa, al contrario lascia dietro di sé numerosi indizi che semplicemente non vuoi riconoscere, né vedere.

Ve lo ricordate il delitto d’onore e il matrimonio riparatore? Le loro disposizioni sono state abrogate solo 37 anni fa, con la legge n.442 del 1981 ma abbiamo assistito recentemente ad una singolare sentenza sul femminicidio di Jenny Angela Coello Reyes, avvenuto a Genova nel 2018 per mano del suo connazionale ecuadoregno Javier Napoleon Pareja Gamboa che ci ha turbato. Il pm aveva chiesto 30 anni, il giudice ha ritenuto giusto condannare Pareja a 16 anni perché mosso “ da un misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento “nei confronti di lei, riesumando di fatto il delitto d’onore come coraggiosamente ha commentato Giuseppe Maria Gallo, legale dei famigliari della vittima.

Ogni anno, il 25 Novembre, contiamo le vittime di femminicidio e di atti di violenza, cerchiamo di risvegliare la coscienza assopita della maggioranza che non vuole vedere né sentire ma non abbiamo il coraggio di ammettere a noi stesse che questa Violenza ha una matrice culturale ormai datata e che occorre l’impegno quotidiano di noi tutti al fine di superare questa realtà che non può e non deve essere trattata sempre e solo come un’emergenza sociale ma deve essere combattuta con le armi ben affilate dell’intelletto innanzi tutto, partendo in primis dal riconoscimento della nostra eredità filogenetica arcaica che ancora agisce in noi. Avete mai visto come si accoppiano i rettili nel loro periodo di estro?

Breve contatto limitato temporalmente, con l’unico fine di non estinguere la specie e procreare. Una sessualità basata sulla sopraffazione del maschio sulla femmina in un rapporto di dominanza – sottomissione, scevra da legami ed affetti che sopraggiungono solo con i mammiferi e che non riguardano l’atto sessuale in sé ma piuttosto la cura dei piccoli, demandata alla madre, talvolta al padre e comunque agli adulti della specie. Quindi nella linea della filogenesi che ci conduce ai giorni nostri possiamo affermare che nei mammiferi la cura dei nuovi nati, la relazione tra madre e figlio abbiano dato origine alla socialità positiva, quella possibilità di costruire legami di attaccamento, condividere emozioni, cooperare, agire a favore dei propri simili.

Nel nostro cervello abbiamo traccia di questa evoluzione e come ha evidenziato Paul Donald Maclean argomentando la propria tesi del Triune Brain, vi è la parte del cervello antico, quella dei rettili, che presiede in modo automatico alle funzioni vitali di base, segue quella del cervello emotivo o limbico propria dei neo mammiferi e per concludere la neocorteccia, più recente che presiede agli adattamenti flessibili , alle funzioni cognitive superiori ( pensiero, linguaggio, progettazione, ecc ) e quindi alla trasmissione culturale. Questa compresenza di livelli evolutivi differenti, ci permette di focalizzare la nostra attenzione sulla complessità e sulle contraddizioni del comportamento sessuale e affettivo della nostra specie. La biologia non giustifica gli stupri o gli atti quotidiani di violenza, subiti dalle donne, ma il rinnovamento culturale deve tenere conto dei fattori biologici, in quanto la cultura non agisce sul vuoto, ma su quella base biologica che ci proviene dalla nostra evoluzione filogenetica. Per tale ragione con questa metodologia possiamo riconoscere la nostra eredità filogenetica che agisce in noi, smascherarla, isolarla, combatterla, in quanto vigliacca, non produce benessere né per i singoli né per la società.

La violenza in sé e inflitta alle donne non è il destino ineluttabile della specie umana ma al contrario è disumana e incivile. Per tale ragione, come sostiene Joak Panksepp se non riusciamo o possiamo mettere a tacere il nostro cervello arcaico dobbiamo però quotidianamente decidere come singoli e come appartenenti ad una società se favorire e accrescere la Violenza in tutte le sue molteplici e criminose attività o al contrario ostacolarla, perché noi tutti siamo potenzialmente vittime e carnefici.

L’ambiguità di questa nostra società occidentale che da una parte condanna il femminicidio e dall’altra continua a promuovere la sessualizzazione della donna e la pornografia, stimolando e sollecitando il cervello rettiliano va riconosciuta e combattuta con la costruzione di altri modelli più realistici e positivi. Gli stessi atteggiamenti e modalità educativi affermati negli ultimi decenni come quelli consumistici e permissivi non favoriscono la nostra capacità di costruire legami e relazioni sentimentali ma favoriscono l’egocentrismo e l’impulsività, i rapporti impersonali dove l’altro non viene percepito come un individuo in cui identificarsi ma come una merce da consumare.

L’educazione emotiva del nostro cervello non passa attraverso internet e i social che tutto sono tranne che veicolatori di reale socialità e confronto ma piuttosto attraverso l’incontro, la frequentazione, l’esperienza condivisa, l’empatia, con l’altro da noi, il diverso. A casa nostra, ogni giorno 88 donne sono vittime di atti di violenza, una ogni 15 minuti. L’80,2% dei casi riguarda le italiane e italiani al 74% i loro aguzzini. I dati raccolti dalla Polizia di Stato e diffusi alla vigilia del 25 Novembre sono aghiaccianti, nell’82% chi fa violenza su di una donna ha le chiavi di casa, è il compagno o l’ex fidanzato-marito, 1 donna in meno ogni 72 ore, 1 su 2 lascia figli piccoli, accuditi, cresciuti dalla famiglia dell’assassino, in un vuoto istituzionale terrificante, in quanto la cifra stanziata per gli orfani è disponibile da due anni ma manca un decreto che permetta di utilizzarla concretamente, denunzia l’avv.Patrizia Schiarizza, ideatrice e fondatrice di Giardino Segreto, un’associazione che intende contribuire alla costruzione del dopo, nella vita di chi subisce la doppia perdita dei genitori.

Negli ultimi dieci anni i dati sul femminicidio sono rimasti costanti, gli omicidi ove la vittima è un uomo invece sono scesi al 50%. Si spara di meno preferendo oggetti contundenti e armi da taglio. L’unico dato confortante, è quello relativo alle denunce, specialmente in seguito all’entrata in vigore del Codice Rosso e c’è chi già lamenta la grande mole di lavoro, arrivato nelle procure con il massiccio quantitativo di denunce, scandalizzata il Ministro Giulia Bongiorno replica che almeno abbiamo fatto dei progressi in campo legislativo dalla condanna dai 3 ai 7 anni di reclusione, prevista per l’uomo che aveva assassinato la moglie, fidanzata, amante, compagna, sorella , secondo il codice Rocco, alla voce delitto d’onore. Certo è anche vero che come fanno notare dall’associazione “ Non una di Meno “, a noi donne più che essere ascoltate in tre giorni, sarebbero utili misure preventive, il non arrivarci affatto al momento di dover denunciare; l’istituzione ad esempio di un salario minimo europeo e un reddito di autodeterminazione svincolato dalla famiglia e dai documenti di soggiorno, ci aiuterebbe ad affrancarci da un certo tipo di violenza che ci vuole succubi, soggiogate dal maschio-padrone, forte economicamente, anche l’abolizione dei decreti sicurezza e delle leggi che mantengono le donne straniere in posizione di ricattabilità farebbe la differenza.

In Italia abbiamo 338 centri e servizi specializzati, nel sostegno alle donne vittime di violenza, mura portanti del Piano Nazionale Antiviolenza, che come denunzia Lella Paladino, Presidente Associazione D.i.Re sopravvivono solo grazie al volontariato, perché la somma di 12 milioni stanziati, si riduce a 72 centesimi a donna, tante le vittime della Violenza, che non è un’emozione ma un fenomeno culturale e come tale può e deve essere debellato definitivamente, sostituendo a questo modello putrido e grondante di sangue quello di una società dove l’individuo sia portatore di valori etici per uno sviluppo della collettività non più basato sulla produzione di merce fine a se stesso ma sull’ accrescimento spirituale.

Veniamo ogni giorno trattati sempre e solo come consumatori, fruitori di servizi, respiriamo violenza, non siamo felici ma non ci decidiamo a mettere in discussione questo modello di società e neanche le abitudini che ci spersonalizzano, ci privano delle nostre naturali umanità, empatia… Viviamo in uno stato di quiescenza dove le 95 donne ammazzate dall’inizio di quest’anno rappresentano per molti, troppi, solo un dato statistico, eppure cambiare è necessario e si può e inizia dalle piccole cose, perché la vita non si subisce ma va percorsa con la coscienza che ci accomuna la stessa meta finale ma diverse sono le tappe di ognuno, alla scoperta di sé e dell’altro in una relazione paritaria, l’unica possibile, l’unica praticabile, ove al minimo dissenso non si tira fuori la clava ma si argomenta la propria posizione con rispetto di sé e dell’interlocutore, sempre.

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