domenica, Giugno 9, 2024
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Pompei, i due corpi ritrovati e l’uguaglianza nella morte

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I due corpi ritrovati a Pompei e l’uguaglianza nella morte

C’è qualcosa di particolare nello straordinario ritrovamento a Pompei dei due corpi nei calchi in gesso che, come un fermo immagine di duemila anni fa, ci restituiscono due uomini rimasti uccisi,  vittime di quella che è forse una delle calamità naturali più famose della storia, l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.

Si tratta della possibile identificazione fatta dagli archeologi dei due corpi: il padrone e il suo schiavo. Quando la città venne colpita dal flusso piroclastico che riempì gli spazi non ancora invasi dai materiali vulcanici, le persone morirono all’istante per shock termico. Mentre tutto questo accadeva la città era in fermento, i pompeiani stavano cercando di salvarsi la vita, anche se poco prima, erano immersi nelle loro consuete attività, così come dimostrano tutti i ritrovamenti che restituiscono le tracce della vita quotidiana nelle botteghe, per le strade, nelle terme, nelle domus e nelle ville.

La prima vittima è, con grande probabilità, un ragazzo tra i 18 e i 23 anni, alto 1,56 metri. La presenza di una serie di schiacciamenti vertebrali, inusuali per la giovane età del ragazzo, fa pensare che potesse svolgere lavori pesanti: probabilmente era uno schiavo. L’abbigliamento dell’altro uomo è più articolato; un mantello in lana che era fermato sulla spalla sinistra. l’impronta di un tessuto diverso, quello di una tunica, che sembrerebbe essere lunga fino alla zona pelvica. La robustezza del corpo, soprattutto a livello del torace, suggerisce che anche in questo caso sia un uomo, più anziano però rispetto al primo, con un’età compresa tra i 30 e i 40 anni e alto circa 1,62 metri.

Due condizioni sociali differenti, due classi sociali, ma un unico tragico destino, un sorte che li ha accomunati di fronte alla tragedia. Entrambi impotenti di fronte alle forze devastanti della natura. Né la villa lussureggiante, né il potere, né il denaro poterono fermarono quella colata di lava o gas tossici e la cenere che condannarono uomini, donne e bambini, ricchi, poveri, patrizi e plebei (forse 2.000) alla morte e alla distruzione completa di Pompei, Ercolano e Stabia.

Quante volte pensiamo che i soldi, il potere le amicizie importanti possano aprire porte chiuse per i comuni mortali o far sparire come d’incanto gli ostacoli e proiettarci in posizioni di favore; spesso ostentate da alcuni senza vergogna con autocompiacimento al cospetto di chi è più sfortunato o non ha gli stessi mezzi per conseguire taluni obiettivi.

C’è chi pensa che anche nelle congiunture estreme di una situazione, come rappresentato plasticamente (con molta fantasia) dalle scene finali del film Titanic, dove i ricchi e i signori si mettono in salvo sulle scialuppe di salvataggio a differenza degli inquilini della terza classe, alla fine chi ha i mezzi economici o le possibilità può farcela sempre; gli altri no. Il denaro e la posizione possono fare la differenza.

Purtroppo questo è in parte vero e accade in una società marcia dal punto di vista etico e morale come la nostra. Eppure ci sono limiti che non possono essere superati nemmeno dal più grande possidente del mondo o del più potente. Lo ha dimostrato questa inesorabile tragedia del Covid-19 che ha rischiato di far fuori capi di stato di rilevanza mondiale, principi reali, personaggi famosi, calciatori stramiliardari o beniamini dello starsystem, senza selezione di sorta. L’invisibile e malefico virus non si preoccupa del conto in banca del contagiato, della poltrona che occupa e dei suoi privilegi, dei miliardi accumulati o dei milioni di follower  acquisiti nel tempo.

La pandemia non discrimina nessuno per certi versi e si accanisce senza nessuna logica di tipo sociale, fisica, sessuale e materiale, beffando tragicamente persone che dopo una vita di sofferenza e sacrifici avevano raggiunto la loro aspirazione sociale più alta. E’ il caso – solo per fare un esempio- del grande scrittore cileno Luis Sepulveda che sopravvissuto alla torture dei militari di Pinochet e dopo essersi fatto un nome scrivendo libri divenuti bestseller in tutto il modo, niente ha potuto di fronte alla penetrazione nel suo corpo del Sars Cov 2.

Certo, è giusto ricordare che in questa grave crisi sanitaria senza precedenti, nei Paesi ricchi e stabili economicamente, le condizioni di vita sono migliori rispetto ai Paesi dove le strutture sanitarie sono già inefficienti di per sé e dove il contagio è difficilmente controllabile. Questa diversità di accesso alle cure sanitarie risale ormai a molti decenni e si è acuita negli ultimi anni. La famosa forbice della disuguaglianza è sempre più ampia e motivi per sperare che si “richiuda” anche un po’, non si intravedono da nessuna parte.

Eppure i bollettini sanitari provenienti dalle nostre regioni e città come dal Regno Unito, Francia, Stati Uniti snocciolano ogni giorno numeri consistenti di contagiati, ricoverati, e qui tornando all’osservazione precedente, di vittime che solo in Italia, hanno superato le cinquantamila proprio due giorni fa.

C’è un bellissimo racconto dello scrittore Lev Tolstoy, che ricorda molto le due vittime di Pompei

C’è un bellissimo racconto dello scrittore Lev Tolstoy, che ricorda molto le due vittime di Pompei. In Padrone e servitore si narra di due uomini, un ricco proprietario terriero e un servo che partono per concludere un importante affare. Nonostante fosse sconsigliabile la partenza per questioni meteorologiche, i due si mettono ugualmente in cammino quando una tormenta di neve li sorprende. La bufera costringe i due ad aiutarsi in un sorta di collaborazione che azzera di fatto la differenza nella scala sociale. I due uomini si stendono l’uno sull’altro per tentare di riscaldarsi a vicenda e non congelare. L’indomani i contadini della zona troveranno vivo solo uno dei due: il servo, anche se chiaramente malconcio. La terra e ricchezza accumulata non fu di nessun conto per il padrone.

Il rispetto delle norme sanitarie nel contesto attuale, un modo di vivere intelligente e previdente oltre che altruista, sta salvando probabilmente la vita di milioni di persone in tutto il mondo, risparmiando sofferenze e dolore a innumerevoli uomini, donne e famiglie. E’ da esseri giudiziosi e razionali continuare la circospezione verso un nemico vivo e letale come il virus. Eppure è chiaro a tutti che -anche se si possedesse tutto l’oro del mondo-  in alcuni contesti, la vita umana non potrebbe essere prolungata nemmeno di un minuto. Alcune cause della nostra fine esulano dal potere e dalle capacità degli uomini di disporre a proprio piacimento della propria esistenza. Essi possono solo subirne gli effetti. Aveva ragione Qoelet nella Bibbia quando diceva: “L’uomo non conosce neppure la sua ora: simile ai pesci che sono presi nella rete fatale e agli uccelli presi al laccio, l’uomo è sorpreso dalla sventura che improvvisamente si abbatte su di lui”.

Una riflessione sulle priorità nella vita, sulla sua transitorietà, una ricerca metafisica sull’esistenza che vada oltre il verbo epicureo o un’indagine sulla propria spiritualità che non sia solo quella rituale che ci è stata insegnata, è qualcosa che rientra nella condizione umana, un dono che come sosteneva Blaise Pascal, quella “canna fragile” che è l’uomo ha nelle sue potenzialità. Una lezione esistenziale che si ricava osservando i due calchi di Pompei che va oltre il valore artistico e culturale del ritrovamento. E anche del cenone di Natale.

Roberto Guidotti

Foto tratta dal sito del MIBACT